Secondo
la credenza dei popoli delle antiche civiltà mediterranee agli esseri
umani non apparteneva un solo io ma un insieme di tre differenti entità:
il corpo fisico, la sua ombra e il demone Ka o doppio.
Al
momento della morte avveniva la separazione.
Il
corpo si dissolveva e veniva riassorbito dalla madre terra, mentre la
parte spirituale, l’anima, rimaneva in attesa di rinascere, ma solo dopo
aver bevuto alla fonte dell’oblio l’acqua che cancellava i ricordi.
Coloro che riuscivano a trascendere la propria “ombra” potevano
accedere ad una vita immortale come gli Dei, gli Eroi e gli Iniziati. Per
gli altri era inconsapevole immettersi nel ciclo di vita e morte come
ignare “ombre” che avevano già vissuto.
L’ombra
era la componente sviluppatasi durante l’esistenza, la sintesi del
pensare e dei ricordi, attaccata fortemente alle bellezze terrene.
Il
Demone Ka o Doppio era composto dai Lares e Manes. Il Lare era il ceppo
originario della
famiglia
la cui sede era collocata nel sottosuolo, il Lare era anche la somma di
tutti gli antenati. Il Mane era doppio, raffigurato in quelle statuine con
la faccia avanti e dietro, uno buono ed uno cattivo condizionavano
l’esistenza in vita di ciascun individuo.
Il
problema per l’anima era di distaccarsi dalla propria ombra, lares e
manes compresi, duri da abbandonare in quanto erano i legami creatisi in
vita ed iniziare il cammino per l’eternità. Gli oggetti funerari che
venivano posti all’interno di una tomba non erano per il corpo del
definito ma per la propria ombra, la quale era fortemente attratta dalle
cose terrene di bellezze materiali. Gli Etruschi non erano così sciocchi
da credere che il corpo dopo la morte potesse tornare a vivere. L’ombra
attratta e distratta dalle bellezze terrene allentava la presa
sull’anima, la quale “liberata”, iniziava il suo lungo viaggio
ultraterreno verso l’immortalità.
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