Il culto dei morti per gli Etruschi


 

Ade il dio degli Inferi  (Tomba dell'Orco)
 
  Nei tempi più antichi gli Etruschi credevano ad una qualche forma di sopravvivenza terrena del defunto. Da ciò nasceva l'esigenza, come forma rispettosa di omaggio, di garantirne la sepoltura e di dotarla di richiami al mondo dei viventi.
La tomba era quindi realizzata in modo da sembrare la casa del defunto, sia nell'architettura che negli arredi. Assieme al corpo venivano inumati anche i suoi beni più personali e preziosi, vestiti, gioielli, armi, oggetti di uso quotidiano. Sulle pareti del sepolcro erano dipinte scene dal forte significato vitale, come banchetti, giochi atletici, danze. Il Lawrence, estremamente colpito dai dipinti delle tombe di Tarquinia così si esprimeva: “Frammenti di festini, membra che ballano senza danzatori, uccelli che volano nel nulla, leoni le cui avide teste sono divorate via! Solo un luogo è sereno e pieno di danze: dove vivono beate le anime dei defunti”.
  Dal V secolo a.C. anche il concetto del mondo dei morti risentì in modo più marcato dell'influenza della civiltà greca e anche della concezione più pessimistica della vita che gli Etruschi andavano acquisendo, consapevoli ormai del declino della loro civiltà. Venne così a configurarsi un al di là, localizzato in un mondo sotterraneo, nel quale le anime dei defunti trasmigravano, abitato da divinità infernali e dagli spiriti di antichi eroi. Il passaggio tra i due mondi era visto come un viaggio che il defunto compiva scortato da spiriti infernali.
I più importanti di questi spiriti erano la dea Vanth dalle grandi ali che regge una torcia, il demone Charun, dal viso deforme, armato di un pesante martello, il demone Tuchulcha, dal volto di avvoltoio e dalle orecchie di asino, armato di serpenti. Il destino di ogni defunto era quindi di essere condotto in un mondo senza luce e speranza in cui il fluire del tempo era segnato dai patimenti delle anime che ricordavano i momenti felici delle loro vite terrene. Le sofferenze delle anime dei morti potevano essere alleviate dai parenti con riti offerte e sacrifici.
Per personaggi particolarmente illustri doveva essere possibile, grazie a speciali cerimonie, provvedere alla beatificazione o in casi eccezionali alla deificazione.
 
 
 
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