Felice Socciarelli: un ricordo |
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di Marilena Cupidi Pacchiacucchi |
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L’ultima
foto di Felice Socciarelli
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Nato a Tessennano VT) da una famiglia di contadini, rimase
orfano all'età di cinque anni. Questo suo primo grande dolore
fu aggravato dal secondo matrimonio del padre, frattanto
trasferitosi a Canino, al podere «La Giovacchina», con una
vedova con figli. Non avendo trovato in questa donna una
seconda madre Felice si affezionò ad una maestra e ne sentì
profondamente la mancanza quando a soli sette anni dovette
lasciare la scuola e mettersi al lavoro per aiutare la
numerosa famiglia. La sete di sapere, intanto, aumentava col
passare degli anni: la notte Felice leggeva libri e giornali
presi a prestito, malgrado i continui rimbrotti della
famiglia per «quel pò di olio consumato».
Per sbarcare il lunario iniziava il lavoro quotidiano al
mattino, ancora con la luna alta nel cielo, un'ora prima di
recarsi nei campi facendo il «chiamarino» e la sera
completava il guadagno della giornata, lavorando come
suggeritore nella filodrammatica locale; nei campi durante le
pause di sosta, scriveva articoli per periodici investendo il
ricavato in libri.
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Il suo volto sempre sorridente,
mai lasciava trapelare il minimo segno di malinconia o di
stanchezza; gaio, sereno, cantava e improvvisava sonetti e
abbozzava motivi ornamentali che le ragazze ricamavano sui corredi.
All'età di diciotto anni tentò la fortuna nell'America del Sud, ma
la nostalgia per il mondo che aveva lasciato lo indusse a ritornare
un anno dopo. Scoppiata la guerra Italo-Turca, fu mandato in Libia.
Contratta una seria malattia tornò in Italia con un braccio
anchilosato, e passando di ospedale in ospedale, diede prova di
esemplare forza d'animo. Pur nella sofferenza «divorava»
libri e insegnava a leggere e a scrivere ai militari degenti.
L'incontro con Donna Elisa Ricci, che si prodigherà per fargli
ottenere la licenza elementare prima, quella tecnica poi, diede a
Felice la fiducia di veder realizzato quanto prima il grande sogno
della sua vita: ESSERE MAESTRO. Le condizioni fisiche migliorarono;
uscito dall'ospedale si sistemò provvisoriamente come istruttore
nel collegio «S.Michele» a Roma. Finalmente il desiderio di «insegnare
in una scuola disagiata dove non voleva andare nessuno» fu
appagato: il 22 ottobre 1919 fu assegnato a Carchitti nell'Agro
Romano alla scuola di Mezzaselva: «sembrava un villaggio di
indigeni africani alle porte di Roma».
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Scorcio del
villaggio di Mezzaselva |
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Qui conobbe IRENE BERNASCONI, maestra d'asilo, che,
divenuta sua moglie, collaborò con lui per migliorare le
condizioni di vita di quella «gente povera, che conosceva
solamente il duro lavoro quotidiano, un modesto pasto frugale
e la misera capanna che tra una macchia di sambuchi pareva un
covo di animali feroci»,
L'apostolato del Socciarelli, agli inizi duro e spesso
incerto, fu sorretto e potenziato da GIUSEPPE LOMBARDO RADICE
che nel 1927 fece conoscere attraverso "L'educatore della
Svizzera Italiana" l'esperienza di Mezzaselva destando
vivo interesse nel campo della scuola. L'ambiente, intanto,
in breve tempo aveva subito tale trasformazione che fece dire
a Ferriére: «Socciarelli e consorte hanno fatto di quel
villaggio un centro pedagogico e avanzato". Poco dopo su
"L'educatore Nazionale" uscì la prima puntata di
"SCUOLA E VITA A MEZZASELVA".
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Nel 1931 particolari
circostanze familiari lo costrinsero dolorosamente a lasciare quel
mondo a cui aveva donato tutto se stesso. Si trasferì a Vetralla,
quindi a Roma dove insegnò ininterrottamente alla scuola "Francesco
Crispi" fino al momento della pensione. Continuò a pubblicare su
riviste e giornali profili di scolari da lui studiati e analizzati;
pubblicò sussidari, il corso di letture "LA FAMIGLlA ROSINI" ambientato
alla "Giovacchina" e numerosi corsi di didattica per la scuola rurale e
"SCUOLA E VITA A MEZZASELVA"; a ciò si aggiunge una produzione di
poesie e sonetti, freschi e genuini, rimasti inediti, che rivelano la
sua grande sensibilità d'animo. Nel 1950 ottenne il 1° Premio al Merito
Educativo; l'anno precedente aveva partecipato come relatore ad un
Convegno del "PAEDAGOGIUM" al quale avrebbe dovuto essere presente
nuovamente nel 1951, ma il male inesorabile che lento e insidioso
avanzava lo costrinse a rinunciare per sempre alla sua attività.
Spentosi a Roma, riposa ora nel Cimitero di Canino. |
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Foto tratte dalla rivista “Scuola Italiana Moderna”, Anno LXX, 5°
fascicolo monografico, 20 marzo 1961 |
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