SUTRI

 

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di Paola Panetti

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L'anfiteatro romano di Sutri

  Scorcio di Sutri con la Cattedrale  Affresco medievale con pellegrini all'interno del mitreo Pareti affrescate nel mitreo La Madonna del Parto nel mitreo di Sutri
Scorcio di Sutri con la Cattedrale Affresco medievale con pellegrini all'interno del mitreo  Pareti affrescate nel mitreo La Madonna del Parto nel mitreo di Sutri

La città antica sorgeva nel sito del borgo attuale su uno sperone tufaceo situato alle propaggini dei monti Cimini. Indagini di superficie condotte in anni recenti, hanno permesso di individuare, lungo il margine settentrionale del pianoro, alcuni frammenti di materiali di impasto che per forme e ornamenti possono essere datati alla fase più tarda dell'età del Bronzo finale (X sec. a.C.). Tale dato riveste notevole importanza costituendo per ora l'unica testimonianza certa della frequentazione in età protostorica della futura area urbana. Non è escluso che la nascita della città possa essere il risultato della fusione di più insediamenti di modesta entità dislocati nel territorio, sotto la spinta della ricerca di nuove risorse economiche, che potevano derivare dalla felice posizione del promontorio posto lungo la linea naturale di collegamento tra l'area Falisca ad est e i territori dell'Etruria interna e costiera a nord-ovest, e al contempo di un luogo che offrisse maggiori garanzie di difesa e di organizzazione urbana.

Generalmente Sutri nel periodo precedente la conquista da parte di Roma, viene considerata un piccolo centro privo di un ruolo specifico, facente parte o del territorio falisco oppure di quello di Veio. Mancano tuttavia precise testimonianze letterarie, ed anche indizi archeologici defini­ti che indichino inequivocabilmente l'appartenenza della città alla sfera di influenza politica e culturale falisca o una sua diretta dipendenza dal non lontano ed importante centro etrusco di Veio. E' solo a partire dal V sec. a.C., in relazione ai primi contraccolpi dell'espansionismo romano nei territori etruschi e falisci, che il ruolo di Sutri viene più chiaramente a delinearsi. Infatti caduta Veio nel 396, Sutri come la vicina Nepi, entra più nell'orbita romana. Gli avvenimenti suc­cessivi alla presa di Veio attestano con maggiore evidenza la funzione di Sutri come testa di ponte di Roma nella penetrazione in Etruria. Assediata dagli etruschi di Tarquinia entrati in lotta con Roma dopo il sacco gallico, Sutri venne repentinamente riconquistata dai romani con un intervento fulmineo. Eretta a colonia latina probabilmente nel 383 a.C., Sutri fu ancora, a più riprese, teatro degli scontri che opposero Roma alle città etrusche e che si conclusero solamente con la definitiva sottomissione di Tarquinia (281 a.C.) e la distruzione di Volsinii (264 a.C.) e di Falerii (241 a.C.).

Ricolonizzata negli ultimi anni del I sec. a.C. forse in conseguenza della sua partecipazione alla guerra di Perugia (41-40 a.C.) a fianco dei seguaci dell'esercito di Antonio contro quello di Ottaviano, Sutri ricordata da Stra­bone tra le città più fiorenti della regione, dovette effettivamente godere di un discreto benessere, derivante in particolar modo dalla sua posizione lungo la Cassia divenuta una delle grandi arterie di traffici e scambi commerciali tra Roma e le regioni centro settentrionali. L'impianto del complesso monumentale dell'Anfiteatro, l'estendersi della Necropoli urbana, la presenza consistente di nuclei abitativi a carattere agricolo e di un articolato sistema stradale nel territorio in collegamento con l'area urbana, sono certamente sintomatici di un considerevole incremento demografico ed economico.

L'ininterrotta continuità d'uso della via Cassia anche dopo la caduta dell'impero romano fu senza dubbio nel corso dell'età medioevale, il moti­vo determinante della rinnovata funzione strategica di Sutri, punto di transito e di riferimento da e verso Roma.

Ben presto divenuta possedimento della Chiesa di Roma, Sutri fu coinvolta nelle lotte tra Longobardi e Bizantini che costituirono le premesse di un nuovo assetto territoriale e politico della regione, sancito poi dal trattato di pace del 607 che ne definisce la suddivisione in Tuscia Romanorum (comprendente la fascia costiera e i territori interni fino alla via Clodia) e Tuscia Longobardorum, estesa all'agro sutrino, falisco e volsiniese.

La necropoli di Sutri

La Tavola del Salvatore Benedicente di scuola Bizantina Madonna con Bambino all'interno della chiesa di S. Maria del tempio
La necropoli di Sutri La Tavola del Salvatore Benedicente di scuola Bizantina Madonna con Bambino all'interno della chiesa di S. Maria del tempio
   

Occupata dai Longobardi nel 568, Sutri fu riconquistata dai Bizantini con la fortunata spedizione dell'esarca di Ravenna, Romano; successiva­mente ripresa dai Longobardi di Liutprando, fu da questi donata al pontefice Gregorio II nel 728.

L'accresciuta importanza politica oltre che geografica di Sutri ne motivò probabilmente la scelta come sede del concilio del 1046, indetto dall'imperatore Enrico III, per volere del quale dopo la deposizione dei papi scismatici Benedetto IX, Gregorio VI e Silvestro III, fu eletto al soglio pontificio il vescovo di Bamberga, che assunse il nome di Clemente Il. Un altro concilio ebbe luogo a Sutri nel 1059, riunito dal papa Nicolò Il per deporre l'antipapa Benedetto X.

Appartengono ancora al lungo periodo di lotte e contrasti che opposero il dominio della Chiesa al potere imperiale, conclusosi nel 1122 con il concordato di Worms, gli avvenimenti legati alle vicende di Maurizio Burdino, l'antipapa Gregorio VIII, che fece di Sutri la propria roccaforte (1120) per resistere al partito del papa Callisto II. Assediata prima dalle truppe del cardinale Giovanni di Crema e poi dall'esercito pontificio, la città pose fine al conflitto consegnando il Burdino all'esercito romano.

Successivamente fu assalita e presa nel 1140, da Giovanni dell'Anguillara, acerrimo nemico del Papa, per ritornare poi nel breve volgere di anni, sotto il controllo diretto della Chiesa.

Il mitreo di Sutri

La cripta della Cattedrale
Il mitreo di Sutri La cripta della Cattedrale

Nel corso del XIII e XIV secolo le vicende di Sutri sono strettamente collegate a quelle delle diverse fazioni guelfe e ghibelline, in perenne lotta per il possesso di città e territori all'interno del Patrimonio di S. Pietro. Nel 1264 Pietro dei Prefetti Di Vico, capo del partito ghibellino di Manfredi, re di Sicilia, assalì Sutri sede del quartier generale dei guelfi capitanati dai Farnese e da Pandolfo dell'Anguillara, conquistando il borgo e il castello. L'episodio segna la fase più cruciale del lungo conflitto tra i Di Vico e la Chiesa, per il possesso dei castelli della Tuscia, durato fino al 1356. Sutri fu completamente libera solamente nel 1332 (da lì a pochi anni è datato il primo Statuto della città, 1358). All'inizio del XV secolo ad un nuovo tentativo di riconquista da parte dei Di Vico, Sutri con Viterbo e Montefiascone, si sottomise al papa Alessandro V. Ormai soggetta esclusivamente agli avvenimenti interni dello Stato Pontificio, ma ancora teatro di scontri tra le fazioni più irriducibili avverse al papa, Sutri gravemente danneggiata dalle continue scorrerie e devastazioni che culminarono nel 1433 con la distruzione e l'incendio del borgo per mano di Nicolò Fortebraccio, decadde rapidamente. Del 1435 è la notizia della unificazione della sede vescovile di Sutri a quella di Nepi: il provvedimento è prova inequivo­cabile della profonda crisi demografica ed economica che investì in modo irreversibile la città, contrattasi ormai al solo nucleo urbano sul pianoro. A tale decadenza contribuirono in maniera decisiva il potenziamento ad opera dei Farnese di Ronciglione e, di conseguenza, lo spostamento dei traffici sulla via Cimina, divenuta la nuova linea di transito da e verso Roma a scapito della via Cassia, che venne sempre più a perdere di importanza nei collegamenti con il Lazio settentrionale e le regioni limitrofe. Privata dunque dell'elemento fondamentale che ne aveva determinato per secoli la vitalità sociale ed economica unitamente alla funzione stra­tegica, e tagliata fuori dalla linea preferenziale di transito, Sutri partecipò in modo del tutto marginale alle successive vicende dello Stato Pontificio, nonostante i tentativi attuati a più riprese nel corso del XVI e XVII secolo dai cardinali governatori e dai vescovi, volti a migliorarne le modeste condizioni. Occupata dalle truppe francesi alla fine del XVIII secolo ed accomunata a Ronciglione in alcune infauste vicende che segnarono la dominazione francese nei territori della Chiesa, rientrò con la Restaurazione nello Stato Pontificio seguendone le sorti fino alla proclamazione del Regno d'italia.

L'anfiteatro romano. Quest'opera monumentale fu parzialmente riportata alla luce tra il 1835 e il 1838. Interamente ricavato nel tufo di una collina risale probabilmente all’epoca romana tra la fine del II sec. a.C. ed il I sec. d.C.. Anche l’Anfiteatro di Sutri, come il Colosseo, era arricchito da un coronamento finale di colonne, statue e nicchie, ancora oggi in parte riconoscibili lungo il perimetro della parete circostante. Organizzato su pianta ellittica con tre ordini di gradinate alle quali si accedeva attraverso un funzionale sistema distributivo, poteva contenere oltre 9000 persone.

Il Mitreo è un monumento unico:  tomba etrusca, tempio pagano dedicato al dio mitra, chiesa cristiana dedicata dapprima a S. michele Arcangelo, e poi alla Madonna con il Bambino (S. Maria del Parto). Racchiude oltre duemila e seicento anni di storia e stratificazione culturale e religiosa. La struttura mantiene intatte le caratteristiche comuni a molti luoghi del culto Mitraico: Una navata principale coperta da una volta a botte fortemente ribassata; due strette navatelle laterali con copertura piana; un lungo sedile che collega i pilastri della navata; una serie di gradini posti davanti all'altare una nicchia in cui doveva essere alloggiato il bassorilievo rappresentante Mitra che sacrifica il Toro Cosmico, mai ritrovato.

La Cattedrale di S. Maria Assunta. Fu consacrata nel 1207 papa Innocenzo III e fu costruita su un tempio preesistente del X secolo. Per l'occasione il papa portò in dono alla città la bellissima tavola del Cristo Bizantino che vi è ancora conservata.
E' possibile oggi ammirare in tutto il suo splendore il Romanico campanile ed il pavimento Cosmatesco. La cripta è il luogo più antico e più affascinante della cattedrale: è caratterizzata da colonne e capitelli riutilizzate con sapienza dai costruttori Longobardi durante il periodo medievale. Le navate sono scandite da tre serie di colonne, i capitelli realizzati in epoche diverse sorreggono le volte a crociera in tufo componendo lo spettacolare andamento delle campate.

Chiesa di Santa Maria del Tempio. Questa chiesa, oggi adibita a Centro Servizi per il Parco, nei secoli è stata chiamata prima Chiesa di Santa Maria del Tempio, poi Chiesa di San Giovanni del Tempio ed infine Chiesa dell'ordine dei Cavalieri di Malta. Nel XV secolo la cappella apparteneva alla Commenda di Santa Maria in Carbonara di Viterbo come attestato dalla lapide posta sopra la porta di ingresso.
L'edificio presenta una struttura tipicamente rinascimentale con pochi fregi e decorazioni esterne.
All'interno è conservato l'unico altare dedicato a Santa Maria del Tempio con due grandi angeli che sorreggono una cornice con tre immagini affrescate. Al centro si trova l'immagine della Madonna col Bambino in stile tardo barocco.

La necropoli. Sita oggi, come in epoca antica a ridosso della via Cassia che correva ad una quota notevolmente più bassa dell'attuale, la necropoli costituisce uno degli esempi più rilevanti e consistenti di tombe di età romana scavate nel tufo. Sono oggi visibili complessivamente 64 tombe, completamente ricavate nella parete tufacea, con evidente sfruttamento intensivo della stessa, e disposte su più livelli. Non si hanno notizie di scavi sistematici o di rinvenimento casuali nell' ambito della necropoli; probabilmente già depredate e saccheggiate nel primo medioevo, le tombe hanno subito nel corso dei secoli un ininterrotto processo di alterazione e manomissione. Trasformate nel tempo in stalle o rimesse agricole, si presentano oggi notevolmente compromesse, tanto che in alcuni casi la lettura dell'organizzazione esterna ed interna degli ambienti risulta problematica

 

 

 

 

 

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