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Casa in grotta a Castellardo
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Scendendo la Via d'Ischia e girando a destra una volta arrivati a
valle, dopo aver percorso un paio di chilometri si giunge alle
rovine di Castellardo. Il suo nome deriverebbe dal
francese "Chatelard" che significa fortificazione. Esso
controllava quella strada che nel medioevo permetteva al
viandante di raggiungere Roma evitando le paludi che invadevano
l'Aurelia. I primi feudatari sono citati come “Lombardi”
in un documento del 1175, in seguito il castello fu oggetto di
contese tra Viterbo e Tuscania, occupato poi dalle milizie
pontifice fino al 1337, anno in cui, Benedetto XII, ordinò che
la guarnigione rientrasse a Vulci. Nel 1354 Castellardo fu
soggetto a Montefiascone, appartenne poi agli Orsini di
Bracciano che lo persero qualche tempo dopo; nel 1459 i Caninesi,
forse sotto l'istigazione degli Orsini stessi o forse per
dispute di confine, lo distrussero. |
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Le mura di Castellardo si articolano in due cinte. La più interna
racchiude il mastio centrale, che dominava tutta la zona
circostante ed assicurava il controllo del territorio. Questo
era dotato di cisterne che assicuravano l'approvvigionamento
idrico. La seconda cinta comprendeva l'abitato e le numerose
case in grotta, che si aprono ai piedi del corpo centrale. Le
mura furono costruite con blocchi di tufo squadrati di piccole
dimensioni, disposti a corsi paralleli e orizzontali, con pietre
calcaree a colmare gli interstizi. Sono chiaramente
distinguibili varie fasi, corrispondenti ai periodi di
frequentazione di Castellardo. Nell'ultimo, probabilmente
relativo all'assedio che porterà alla distruzione dell'abitato
(metà XV secolo), sono state chiuse porte e finestre del lato
sud orientale della cinta esterna.
All'interno di Castellardo si possono osservare numerosi
insediamenti rupestri che davano luogo all'abitato del castello,
e sono costituiti da una parte scavata nella roccia e da muri
costruiti con blocchi di tufo lavorato.
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Alcuni resti delle mura di
Castellardo
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