Luigi Banzo e la Madonna del Rosario di Piansano

Inseguendo le tracce di un’antica incisione

 

di Giuseppe Moscatelli

 

Il quadretto è sempre stato lì, sopra la porta della camera della nonna, nella casa giù al Vicoletto. Da quanti anni? …diciamo che ero bambino, e quindi si fa presto a fare i conti: un mezzo secolo ci sta tutto. Veramente quell’immagine non era solo lì, ma in quasi tutte le case di Piansano, almeno fino alla fine degli anni settanta del secolo scorso, allorché fu sostituita un po' ovunque da una riproduzione fotografica del nostro Bruno De Carli. Però da qualche parte si può ancora vedere il soggetto originale, specie in case di anziani o piansanesi trasferiti: un quadretto analogo, ad esempio, è ancora affisso nell’ingresso dell’abitazione di una mia vecchia zia a Viterbo. Mi riferisco, come in molti avranno intuito, ad una pregevole riproduzione artistica della nostra Madonna del Rosario nel suo trono processionale, un’incisione di tipo professionale di grande qualità, dal tratto nitido e dal disegno minuzioso. E soprattutto molto antica.

E’ esperienza abbastanza comune che, se hai una cosa sempre sotto gli occhi, non ti fermi ad osservarla e qualche particolare può sfuggire. E’ stato così che io, dovendo ripulire casa, ho tolto quel quadretto dalla parete e,  non senza sorpresa, ho notato quella minuscola iscrizione in latino riportata in corsivo ai piedi della “macchina”: Aloisius Banzo sotto il margine sinistro e sculpsit Romae sotto quello destro. La firma dell’autore! Dunque un tal Luigi Banzo in un momento non ancora precisato aveva inciso quell’immagine nel suo studio in Roma. Il termine sculpsit, ovvero scolpì, solo per un attimo mi ha fatto dubitare sulla corretta interpretazione del cartiglio: non trattasi infatti di scultore ma di incisore, poiché già sapevo che la parti scoperte della nostra Madonna del Rosario, ovvero il volto e le mani, sono state realizzate nel 1711 da una suora del monastero di S. Maria Maddalena in Monte Cavallo (l’attuale colle del Quirinale) a Roma, come riportato in una iscrizione custodita all’interno della statua stessa. Dunque Luigi Banzo non poteva che essere l’incisore della sacra riproduzione. Averlo pensato e cercare di saperne di più è stato tutt’uno. Ho iniziato così una piccola ricerca i cui esiti, per quanto limitati, appaiono nondimeno interessanti.

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 Firma Aloisius Banzo  Il quadretto della nonna, con la riproduzione anastatica anni settanta L'annullo filatelico speciale del 2010 La riproduzione anastatica anni cinquanta  La riproduzione anastatica del 2010  Luogo d'esecuzione dell'incisione  Medaglia celebrativa dei 150 anni dall'incoronazione San Crispino da Viterbo di Luigi Banzo Santino Madonna del Rosario con reliquia del manto          

                                                                     

                                                                                                               

Antonio e Luigi Banzo, padre e figlio, sono due affermati incisori romani titolari di calcografie censite a vari indirizzi nel corso del XIX secolo. Antonio, nato nel 1777 morì nel 1859; il figlio Luigi, venuto alla luce nel 1805 morì nel 1877. Nelle fonti, a onor del vero, c’è anche chi li qualifica come fratelli, ma i ventotto anni di differenza che li separano ben depongono per un più realistico rapporto di filiazione. Antonio, come apprendiamo dalle sue stesse incisioni, fu operativo a Roma in Via Pozzo delle Cornacchie 16 nonché in Via Campomarzo 85. A quest’ultimo indirizzo troviamo anche Luigi, come riportato in numerose sue opere, a dimostrazione di uno stretto rapporto di condivisione e collaborazione artistica. Nel 1830, come documenta un catalogo d’arte edito in quello stesso anno, la ditta risulta attiva nella ben più prestigiosa e centrale sede di Via del Corso 454, segno di una positiva evoluzione e crescita dell’attività di famiglia, con significativo ampliamento dell’offerta commerciale che ora affianca alla tradizionale calcografia anche una stamperia,  con produzione e vendita di libri d’arte, itinerari e stampe.

Gli anni che seguono sono quelli del successo e dei maggiori impegni editoriali. Dal 1840 al 1844 vede la luce un’opera monumentale in quattro volumi che è un po' la summa di tutto il lavoro svolto dai due incisori fino ad allora: “Compendio di vite preso da varii autori con le relative immagini de’ santi per tutti i giorni dell’anno incise da Antonio e Luigi Banzo”, ben 366 tavole su pagina intera corredate da agiografia e vita del santo del giorno. Questa pubblicazione, che incontrò un certo favore tanto che nel 1846 fu stampata una seconda edizione, si presta tuttavia a un piccolo giallo: sul frontespizio di ogni volume è riportata, a fondo pagina, l’indicazione degli editori e tra questi, oltre Antonio e Luigi, compare anche un certo Giuseppe Banzo. Chi era costui? Se le notizie su padre e figlio risultano scarse su Giuseppe sono addirittura nulle. Possiamo presumere che si tratti di un figlio di Luigi, ovvero la terza generazione della dinastia, che comunque all’epoca doveva essere ancora piuttosto giovane; oppure di un altro figlio di Antonio, chi può saperlo.

Ma torniamo a Luigi, l’autore dell’incisione della nostra Madonna del Rosario. Da numerosi lavori da lui firmati e databili alla prima metà degli anni quaranta dell’ottocento veniamo a conoscenza di una sua bottega in Via Santa Chiara 47/A, mentre un’acquaforte a lui attribuibile sembra estendere fino al 1862 la sua permanenza in questo luogo, in contemporanea  quindi con la “sede di rappresentanza” di Via del Corso. E’ quindi probabile che Luigi, pur partecipando all’impresa di famiglia, disponesse di un suo personale laboratorio ove mettere a punto i suoi lavori. Quello che è certo è che dopo la morte del pater familias Antonio, esponente di maggior spicco della dinastia, inizia per il nostro la fase calante. La stamperia e rivendita di Via del Corso viene chiusa, risultando probabilmente sovradimensionata per la residua attività e chiude i battenti anche il laboratorio in Santa Chiara. Nel 1864 ritroviamo infatti Luigi in una nuova calcografia in Via della Sapienza 67, dove opererà almeno fino al 1869, secondo quando pubblicato in repertori coevi, ma probabilmente per il resto della sua vita.

Abbiamo ora tutti gli elementi per chiederci come e quando è nata l’incisione devozionale della nostra Madonna del Rosario. L’incrocio di date ed eventi certi ci consente di fornire risposte  precise. L’opera appartiene con ogni evidenza all’ultima fase della produzione artistica di Luigi Banzo: fu realizzata infatti in occasione dell’Incoronazione della sacra statua, avvenuta il 4 ottobre 1863, regnante Pio IX, su concessione del Capitolo Vaticano. Nella solenne processione di quell’anno di grazia il simulacro della Vergine, coronato d’oro, per la prima volta sfilò per le vie del paese addobbate di arazzi e archi trionfali nella sua nuova “macchina”, vale a dire il magnifico trono processionale che proprio in quell’occasione fu inaugurato. La datazione dell’incisione appare certa per il fatto che nella raffigurazione la Santa Vergine indossa la sua splendida corona ed è seduta in trono all’interno della “macchina” che riproduce esattamente quella attuale. L’immagine non può quindi risalire ad anni anteriori, per la semplice ragione che quegli specifici attributi, ovvero corona e trono, in precedenza non c’erano e va quindi correttamente datata al 1863-1864. L’unica perplessità è per l’abito, riccamente ricamato di rose seminate, di cui la statua è rivestita e che non sembra corrispondere ad alcuno di quelli di cui si ha memoria.

Chiediamoci anche chi può aver commissionato questa riproduzione che, certamente, avrà avuto un costo non irrilevante, vista la notorietà dell’autore. Non disponiamo di elementi per appurarlo, ma ritengo che non possa che trattarsi del parroco di allora, il vicario foraneo don Vincenzo Fabrizi che tanto si era prodigato per ottenere l’onore dell’aurea corona. Questi sarà stato senz’altro indirizzato verso la bottega del Banzo da qualche alto prelato della curia vaticana che magari aveva già usufruito dei servizi della medesima. Azzardo un nome, consapevole che si tratta di una mera congettura: il card. Nicola Parracciani Clarelli, che ben conosceva la devozione dei piansanesi verso la Madonna del Rosario, essendo stato vescovo di Montefiascone fino al 1844 e che era pure stato tra i più autorevoli promotori dell’incoronazione.

C’è da presumere che, a seguito dell’incarico, il Banzo sia venuto presso la nostra parrocchiale per prendere visione del lavoro da svolgere; mi sembra meno probabile che abbia usufruito a tal fine di una accurata riproduzione fotografica. Avrà fatto degli schizzi, preso appunti e misure per poi incidere la lastra di zinco con funzione di matrice calcografica da cui ricavare le stampe. Chissà se questi materiali sono ancora custoditi da qualche parte, anche se il secolo e mezzo intercorso non depone certo a favore di questa possibilità. Mi sono anche chiesto se il nostro Autore abbia avuto altri committenti nella Tuscia o se invece la”trasferta” piansanese sia stato un “unicum” nella sua produzione. Per quanto mi risulta ho trovato una sola ulteriore incisione a suo nome di soggetto viterbese, dedicata al “Beato Crispino da Viterbo. C.” dove l’ultima lettera sta per “Cappuccino”, senza indicazione di data e luogo.

L’ultima riflessione vorrei dedicarla alla “fortuna” di questa storica raffigurazione della Vergine: in proposito non vi è alcun dubbio che sia rimasta nel cuore dei piansanesi, vista la sua ampia diffusione. Certo oggi non è più reperibile la stampa originale, quella che nel 1863-64 uscì dal torchio della calcografia di Via della Sapienza 67, ma nel corso del secolo scorso sono state realizzate varie ristampe anastatiche del soggetto. Una, negli anni settanta, in carta patinata bianca presso la tipografia Gigli di Grotte di Castro con l’iscrizione edificante riportata in calce: “Non bestemmiare. Offendi Dio – Offendi me”. Ed è proprio questa quella incorniciata nel quadretto della nonna che mi ha offerto lo spunto per questo articolo. Con un pizzico di delusione invero, perché ricordavo che ne esisteva una più antica, risalente alla fine degli anni cinquanta su cartoncino rigido opaco. Ma come in ogni bella storia che si rispetti non poteva mancare la sorpresa finale e il lieto fine: mentre infatti mi accingevo a rimuovere dal quadretto cornice, vetro e materiali di riempimento per meglio ripulire il tutto, ecco riemergere al di sotto della riproduzione suddetta, tra un foglio di carta velina e un cartoncino di supporto, la stampa originale degli anni cinquanta! ...che  evidentemente la nonna si era limitata a ricoprire con quella più recente piuttosto che a sostituire. E’ impolverata e sgualcita ma integra. Identica all’altra anche nelle dimensioni, è stata probabilmente usata come matrice per la sua riproduzione. Uniche differenze, oltre il supporto cartaceo rigido e il color seppia, una lievissima cornice costituita da due righe parallele sui quattro lati con fogliolina stilizzata ai vertici e la scritta in calce “Immagine della Vergine SS. del Rosario venerata nella chiesa parrocchiale di Piansano”, il tutto “firmato” dalla Premiata Tipografia Vulcente di Canino. Quest’ultima riproduzione, per completezza di informazione, è stato riproposta, seppur in minor formato e in tinta fortemente satura, dalla Classe 1960  in occasione della Festa del 2010, allorché   le poste concessero uno speciale annullo riproducente la Vergine con il Bambino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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