Guardia Sanframondi, nome difficile da pronunciare e quasi impossibile da
ricordare. Si trova in provincia di Benevento, tra i rilievi del
Matese, sulla sommità di una collina di appena quattrocento metri,
tanto ripida da sembrare una montagna: quasi un effetto ottico. Non
raggiunge seimila abitanti e non si trova propriamente su una via
consolare: è improbabile capitarci per caso.
Ed io non ero lì per caso lo scorso 27 agosto. Ero lì per assistere ai
riti settennali di penitenza e alla processione dei Battenti.
Già "penitenza", concetto ormai in disuso, se non nel
linguaggio dei giochi dei bambini; e "riti settennali",
termine questo esplicito e chiaro: vuol dire che la celebrazione si
è svolta l'ultima volta nel 1996 e si svolgerà ancora nel 2010… Chi
volesse parteciparvi non troverà facilmente un'agenda su cui
annotare l'evento.
Ci tenevo ad esserci. Quando ne sentii parlare per la prima volta,
leggendo la cronaca locale su un giornale del sud, mi riproposi di
andare, ma non fu così. Se ne riparla tra sette anni… I sette anni
trascorsero, ed ecco nuovamente l'occasione… saltai ancora
l'appuntamento. Altri sette anni… E' il 27 agosto 2003: dopo
ventuno anni di attesa finalmente ero lì.
Poi, a ben vedere, gli anni trascorsi non sono proprio ventuno, ma
solo quattordici (che sono comunque tanti…). Quasi una sorta di
effetto ottico psico-cronologico.
La folla in attesa sul
sagrato della chiesa
Il raduno dei figuranti
Il governatore Bassolino tra
la folla a Guardia Sanframondi
Certo,
eravamo in tanti. Ma l'organizzazione era buona. Nessuna auto in
paese. Solo navette dai centri vicini. E, da non crederci, neanche
una bancarella: che so, un venditore di panini o di aranciate.
Niente.
Alle prime ore del mattino il sagrato della chiesa dell'Assunta è
già pieno di gente. Tutt'intorno, sui balconi dei palazzi che si
affacciano sulla piazza, sulle terrazze e alle finestre sono da
giorni posizionate le telecamere e i complessi apparati da ripresa
delle televisioni internazionali. Sembra ci sia anche la CNN: da
Bagdad a Guardia, anche qui si versa sangue.
Inizia la messa su un palco allestito in fondo al sagrato: l'acustica non
è buona e il sole picchia forte. La gente cerca di ammassarsi nei
più o meno ampi profili d'ombra.
Tra la folla il Presidente della Regione Campania Antonio Bassolino
si concede alle telecamere e rilascia interviste. Intanto il prete
prosegue la messa. E' curioso: sono vicinissimo al "governatore" ma
non sento una sola parola, il frastuono di fondo è troppo forte.
Vedo le sue labbra agitarsi senza esito, come succederebbe ad un
pesce sott'acqua. Le sue parole sono però catturate una ad una dal
grosso microfono che l'intervistatrice gli mette praticamente in
bocca. Esaurito l'incontro con giornalisti e cineoperatori
l'illustre uomo politico si ritira dalla folla e scompare
nell'atrio di un portone, salvo riapparire poco dopo alla finestra
del palazzo: la gente ora lo ha notato, un padre lo addita al suo
bambino.
Intanto da tutte le strade e dai vicoli d'intorno arrivano sul sagrato i
figuranti dei vari gruppi: sono numerosissimi, molti non indossano
ancora il costume completo (il sole continua a martellare…); si
aprono un varco tra la folla per poter passare, poi si radunano nel
grande chiostro attiguo alla chiesa. A vederli così, tutti insieme,
ammassati, sembra di guardare attraverso un gigantesco
caleidoscopio: un brulicare di fogge, costumi e colori. Gli angeli
hanno le parrucche con riccioli biondi e le ali di cartone e carta
velina, come nei film di Pasolini. L'impressione immediata è quella
di una certa confusione.
Infine
arrivano loro: i battenti, i protagonisti della giornata. Scendono
a gruppi piuttosto numerosi dai vicoli e si fanno strada un po’ a
fatica tra la folla che, curiosamente, non sembra particolarmente
interessarsi a loro. Si dirigono direttamente verso la chiesa, dove
nessun altro può entrare. Sono vestiti completamente di bianco: in
testa hanno un cappuccio stretto a punta che ricopre completamente
il loro viso, con solo due buchi all'altezza degli occhi.
Intanto il sole è salito alto nel cielo e il caldo è quasi
insopportabile. Decido di spostarmi, per cercare un po’ d'ombra e
una postazione migliore: tanto dal sagrato non si vede quasi
niente. Mi addentro nei vicoli del borgo, che si inerpicano sul
ripido versante della collina. L'impressione è quella di
attraversare un paese fantasma: molte case sono chiuse, con le
finestre sbarrate. Quelle con gli usci aperti e le finestre
socchiuse sembra lo siano apposta per l'occasione. Qualcuno si
affaccia sulla porta e chiedo informazioni. Mi suggeriscono
l'itinerario: da qui non vedrete niente, andate verso la piazza.
Più su, in effetti, il paese si apre e si anima: folle assiepate ovunque
e l'unico bar preso impietosamente d'assalto. Dopo vario
peregrinare guadagno una posizione, scomoda, sul limitare interno
di un vicolo: ma almeno quasi all'ombra.