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E’ così che De Santis è diventato “il
pittore delle pecore”. E una delle sue prime opere fu proprio lo
stendardo della “Festa del Pastore” di Piansano: un San Pasquale
dai tratti elementari più ancora che naif, ma preceduto da una
splendida testa d’ariete, che già prefigurava tutti i caratteri del
suo sentire artistico.
Con gli anni il suo stile si è
evoluto, senza mai tradire tuttavia la freschezza delle origini. De
Santis ha trasfigurato la fatica e la solitudine del “pecoraio”
collocando i suoi soggetti in ambiti “spirituali” prima ancora che
metafisici: albe radiose, orizzonti luminosi, auree dai delicati
colori pastello, sfondi nebulosi e fluttuanti dove i suoi animali,
irrealisticamente dipinti con colori sgargianti, sembrano nuotare
più che volare. Da soli, in coppia, in gruppi simmetricamente
disposti o in ordine sparso: un universo fatto di pecore, buoi,
mucche e cavalli che richiamano una Maremma sognata prima ancora
che vissuta o forse filtrata attraverso le lenti della malinconia
che ne smussano le asprezze e ne addolciscono i toni.
De Santis si è così conquistato una
notorietà che valica i confini nazionali, avendo esposto le sue
opere non solo a Roma, Bologna, Venezia ma anche a Berlino e a San
Francisco. La sua ultima mostra, ad ottobre, a Piansano in
occasione della Festa della Madonna del Rosario.
“Cuore della mia terra”
ha scritto in una poesia dedicata al suo
paese,
Ad ogni mio ritorno
come rondine, a picco
in te mi getto.
Una dichiarazione d’amore e un
compiuto manifesto poetico.
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