Omaggio a Mario Faina
Dal ritratto alla pittura astratta e informale: il percorso
artistico del pittore di Capodimonte prematuramente scomparso
di Giuseppe Moscatelli
Si trova a
Capodimonte la casa museo di Mario Faina, il pittore della nostra terra
prematuramente scomparso poco più di un anno fa. Vi si accede dalla via
principale del paese ma, superata la porta, si è come introdotti in un piccolo
chiostro, preceduto da un passaggio coperto da una volta. Vi si respira un’aura
claustrale, accentuata dal giardino e dall’orto che isolano la casa rispetto a
quelle vicine: un vero e proprio “hortus conclusus”, il posto ideale per
meditare, e per creare. Vestale di questo piccolo mondo che si nutre di memoria
e di silenzio è l’anziana madre del pittore che ci accoglie sorridente, seppur
con il volto scolpito da tracce profonde di malinconia, ferite dell’anima
difficilmente rimarginabili.
Già sotto il
passaggio a volta si possono ammirare alcune delle opere dipinte dall’artista:
in particolare il ritratto a tre quarti di una bambina in abito da principessa
con tromba di carnevale tra le mani. E’ l’immagine stessa della serenità e
dell’innocenza, compagni privilegiati della nostra fanciullezza: lo sfondo
celeste sembra come preservare da intrusioni il mondo fatato dell’infanzia.
Questo
dipinto ci offre un saggio della eccezionale abilità dell’artista quale
ritrattista: talento confermato dai molti altri ritratti che troviamo un po’
ovunque all’interno della casa. I quadri di Mario occupano infatti tutte le
pareti delle varie stanze, sono ordinatamente appoggiati su divani e tappeti,
addossati a muri e mobilia. Nella sala da pranzo ci colpisce il grande ritratto
di una vecchia appeso sopra il salotto. E’ la nonna del pittore, dipinta con un
realismo impressionante ma non tale da dissimulare l’affetto intenso e la
commossa partecipazione dell’autore. Ha il volto stampato di rughe profonde, lo
sguardo leggermente strabico, il seno cadente e avvizzito e, particolare non
privo di crudezza, in primissimo piano le mani intrecciate con le dita devastate
dall’artrosi. La vecchia siede tuttavia fieramente in trono al modo di una
madonna trecentesca, come suggerisce il formidabile dettaglio delle punte dello
schienale che emergono alle sue spalle, e ha la testa incoronata da un foulard
d’oro.
Nella stessa
stanza troviamo anche quello che, probabilmente, è il capolavoro dell’artista:
il ritratto del padre, morto quanto Mario era poco più che adolescente. Su uno
sfondo “metafisico” in cui l’azzurro del cielo fa da contr’altare a elementi
architettonici che ricordano le “piazze d’Italia” di De Chirico, si erge austera
e imperiosa la figura del genitore, ritratto in età matura. Si intuisce che
Mario prova nei suoi confronti ammirazione e al tempo stesso reverenziale
timore, come pure una complessità di rapporti che tuttavia non pregiudicano
l’autorità paterna né mettono in discussione il suo modello esistenziale.
Nell’ultima
parte della sua vita Mario Faina ha pressoché abbandonato la pittura figurativa
per dedicarsi pienamente all’astrattismo e all’informale nonché alla
sperimentazione di nuove tecniche pittoriche quali l’accumulazione. Si è
trattato di una stagione assai fertile, ben documentata da numerosi dipinti
nella casa museo di Capodimonte. Queste, anzi, sono le opere di cui il pittore
nell’ultima fase della sua esistenza – è scomparso prematuramente all’età di 58
anni nel febbraio 2006 - andava particolarmente fiero. L’impatto visivo in
effetti è spesso incisivo, anche se la voglia e l’entusiasmo di sperimentare
sembrano talvolta prevalere sull’estro artistico.
Custode
fedele di questo patrimonio d’arte e di memoria è la madre di Mario, che ci
racconta la sua precoce vocazione artistica, i suoi studi, le sue mostre e il
suo lavoro, prima come insegnante di applicazioni tecniche nella scuola media
poi come impiegato presso l’agenzia delle entrate di Viterbo, ovunque amato e
apprezzato per la sua umanità, schiettezza, semplicità. Una madre che vive nel
ricordo del figlio e che pudicamente si ritrae al solo pensiero di vendere, vale
a dire privarsi, di una sola delle sue opere. Mario Faina è un pittore che onora
la nostra terra, dalla cui gente e dal cui paesaggio ha tratto alimento per la
sua arte.