I contatti di Luciano con l'ambiente artistico romano:
il cardinale Fesch, Vincenzo Pacetti, Antonio Canova, Raffaele Stern. |
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di
Giulia Item |
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"Ritratto del cardinale Fesch",
dipinto nel 1855 da Jules Pasqualini (1812 - 1886)
Immagine tratta dal sito
www.musee-fesch.com
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Anche se Luciano fu di certo
un uomo di elevato livello culturale, come spesso ci é dato di
vedere, bisogna riconoscere la sua fortuna nell’aver trovato,
proprio al momento cruciale dell’arrivo a Roma, dei validi
collaboratori di cui si avvarrà soprattutto per quanto riguarda
la passione per l’arte.
Tra questi personaggi ricorderemo per primo il cardinale Fesch
[nota1], membro della stessa
famiglia Bonaparte in quanto fratello di Letizia Ramolino, che
accolse Luciano nella città del pontefice nel 1804. “Con
Fesch i rapporti di Luciano erano sempre stati affettuosi, sin
dall’infanzia. Malgrado il ritratto negativo del cardinale fatto
dal Masson, che parla di testardaggine e pesantezza di Basilea,
unita a spirito vanitoso e vendicativo della Corsica (...),
Fesch fu sempre una colonna di casa Bonaparte, cui tutti i suoi
membri si appoggiarono, prima o poi, per consiglio o per aiuto,
e Luciano in modo particolare.” [nota2]
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Il cardinale rivestì i panni del mediatore che avrebbe dovuto
dissuadere Luciano a vivere accanto ad Alexandrine de Blechamp.
Egli, così, divenne il destinatario delle missive dei familiari del
Bonaparte, tra cui la madre Letizia, i fratelli Giuseppe e Paolina
Borghese che, preoccupati della tensione creatasi in famiglia, lo
pregarono di far ragionare il Senatore. Lo stesso Napoleone, del
resto, contava sull’aiuto dello zio circa la scottante questione del
matrimonio.
E’ proprio grazie al Fesch che il Senatore entrò in contatto con gli
artisti e i collezionisti romani. Tra l’altro, i due insieme furono
accolti come accademici di S.Luca, da quanto é registrato nei
documenti di Congregazione di quell’anno. In effetti, la fama del
cardinale fu in gran parte dovuta anche alla sua passione per le
opere d’arte che lo portò a raccogliere una delle più rinomate
collezioni della prima metà dell’Ottocento. Egli ebbe la fortuna di
poter approfittare dei bottini d’arte che Napoleone portò con sé al
rientro dalla prima campagna di conquista in Italia: i primi pezzi
furono acquisiti direttamente dalla galleria dell’arciduca di
Toscana che, terrorizzato dall’arrivo di Napoleone, cedette le
superbe tele della sua collezione [nota3],
tra cui spiccavano particolarmente le opere dei ‘primitivi’.
Divenuto esperto conoscitore dunque, il Fesch viaggiando al seguito
dell’esercito napoleonico, prelevò i pezzi migliori dalle chiese,
dai monasteri e dalle gallerie private per spedirli al Louvre e, in
parte, per aggiungerli al suo ‘tesoro’. Il cardinale,
infatti, aveva acquisito un’abilità tale da consentirgli un
approccio quasi tecnico alle opere, arrivando spesso a scoprire
capolavori nascosti o di cui si erano perse le tracce.
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Quando fu trasferito a Roma,
Fesch fece di tutto per entrare in possesso di nuovi elementi
per la sua collezione. In questo seppe emulare il suo
predecessore nel ruolo di ambasciatore, il plenipotenziario
Cacault [nota4].
A Roma Fesch trovò un fiorente mercato di pittura italiana che,
proprio in quegli anni stava acquistando un certo interesse,
soprattutto riguardo al periodo dei ‘primitivi’.
Fesch divenne ben presto il più importante dei collezionisti
diplomatici; la raccolta di opere d’arte raggiunse una tale mole
che il cardinale dovette occupare un altro sito dove allestirla
in pianta stabile: per questo motivo, dunque, affittò l’intero
palazzo Ricci-Paracciani.
Quando Napoleone richiamò a Parigi Fesch per nominarlo ‘Grand
Almoner’ dell’Impero, la sua assenza fu particolarmente
sentita nell’ambiente artistico romano soprattutto per il ruolo
di generoso mecenate che aveva acquisito nel tempo. |

Antonio Canova (1757-1822) |
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Note:
1 Giuseppe Fesch nacque ad Ajaccio nel 1763. Cresciuto ed
educato in seminario, al momento delle rivolte corse per
l’indipendenza dell’isola, egli fuggì in Francia con gli altri
Bonaparte. La sua carriera ecclesiastica ebbe inizio quando, alla
fine del XVIII sec. fu inviato dal Direttorio nella diocesi di
Lione; nel 1802 arrivò dalla Santa Sede anche la nomina a vescovo e,
poco più tardi, alla vigilia della partenza per Roma, fu consacrato
cardinale.
Nel 1803, pur essendo molto legato alla sua diocesi, il cardinale si
piegò alla volontà di Napoleone che lo inviò come ambasciatore di
Francia nello Stato Pontificio in sostituzione di Cacault, affinché
convincesse il papa a recarsi a Parigi ad incoronare il
neo-imperatore. Per questi motivi lo ritroviamo a Roma all’arrivo di
Luciano e consorte, ad ospitare il nipote nella sua residenza
ufficiale di palazzo Lancellotti. Dal 1805 Fesch si trasferì in via
Giulia al Palazzo Falconieri, dove “le ore che non dedicava alla
preghiera le trascorreva (...) osservando e catalogando la galleria
di quadri che aveva messo insieme e che si poteva considerare una
delle più ricche d’Europa.” Cfr. A. Pietromarchi, Luciano Bonaparte,
principe romano, Modena 1981, pag.204.
2 A. Pietromarchi, Luciano Bonaparte, principe romano, Modena
1981,pag.204
3 P. Wescher, I furti d’arte, Napoleone e la nascita del
Louvre, Torino 1988, pag. 84; Il Card. Fesch, in «La lettura», riv.
mens. de Il Corriere della Sera, anno XXIX, 4 aprile 1929, pp.317-319;
D.Carrington, Card.Fesch, a Grand Collector, in «Apollo», marzo
1967, pag.346-356; J.Leblanc, La Collection du Cardinal Fesch au
Musée d’Ajaccio, «La Revue Française», n° 179, Agosto 1965, pag.
67-74.
4 F. Cacault (1742-1805), diplomatico francese, fu tra i
protagonisti del Trattato di Tolentino essendo uno dei firmatari
dell’atto nel 1797; dal 1800 al 1803 fu ambasciatore di Francia a
Roma presso la Santa Sede, arrivando a concludere il quinto progetto
di Concordato: cfr. L Madelin, La Rome de Napoléon, Parigi 1906.
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