UNO SPETTRO SI AGGIRA PER L'EUROPA

Stavolta si chiama Redemption Fund

 


 

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di Giacomo Mazzuoli

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Mentre in Italia ci sollazziamo con le gesta di Genny 'a Carogna e le insensate discussioni sulla trasformazione del Senato in un allegro dopolavoro per sindaci e presidenti di Regione, nei posti che contano hanno già deciso il nostro gramo destino per i prossimi 25 anni.
Vi ricordate il Fiscal Compact? Dimenticatelo. La sua applicazione in paesi con debito elevato e scarsa crescita sarebbe impraticabile nel breve periodo. Appesantire i contribuenti italiani di altri 50 miliardi di tasse ogni anno, perchè di questo si tratta, nonostante i distinguo di chi ipotizza crescite del PIL e dell'inflazione che difficilmente si verificheranno, sarebbe insostenibile per la nostra asfissiata economia, ma soprattutto non fornirebbe garanzie sull'effettiva attuazione da parte degli stati deboli dell'Europa.
A Bruxelles sono previdenti e hanno già studiato la soluzione radicale, si chiama European (Debt) Redemption Fund. Fondo Europeo per la Redenzione del Debito, un nome che è tutto un programma e che qualcuno già pretenderebbe di far passare come mutualizzazione del debito da parte di tutti gli stati dell'UE, i mitici eurobond che la Germania non vorrebbe. Vediamo di che si tratta dalla descrizione asettica che ne viene fatta sul sito della Camera dei Deputati
(http://www.camera.it/leg17/465area=33&tema=849&La+futura+architettura+dell'UEM): L'ipotesi di creare un fondo di redenzione (European redemption fund, ERF) è stata elaborata dal Consiglio degli esperti economici della Cancelleria tedesca e sostenuta a più riprese dal Parlamento europeo: nel Fondo confluirebbe l’importo dei debiti pubblici degli Stati dell’Eurozona per la parte eccedente il 60% del PIL; L’ERF emetterebbe titoli per una durata massima di 20-25 anni garantiti dal gettito delle imposte riscosse a livello nazionale e da asset pubblici - in particolare, riserve auree e di valuta estera - dei Paesi assistiti.

 

 

Per l'Italia si tratterebbe di far confluire in questo fondo circa 1200 miliardi di euro, gravati da un interesse annuo medio del 4% o forse più, il debito non sarebbe nè mutualizzato nè a interessi più bassi di quelli attuali (almeno per il periodo di durata dei titoli in corso). Solo dopo l'estinzione di questi titoli, presumibilmente una decina di anni o forse più, gli interessi da pagare dovrebbero essere inferiori per il (sempre presumibile) buon rating dell'ERF. Gli Stati che faranno confluire il proprio debito nell'ERF dovranno comunque garantirne il rimborso e i relativi interessi nella misura di 1/20 per ciascun anno (per l'Italia si tratterebbe di circa 100 miliardi di euro per anno, che è il risultato dell'interesse composto del 4% per 10 anni e dell'1,5% per altri 10 su 1200 miliardi). Le riserve auree e monetarie dell'Italia ammontano a 130 miliardi, gli asset pubblici in mano al Tesoro (Poste, ENI, Enel, Ferrovie, etc) sono stimati sui 100 miliardi; si capisce subito che la garanzia principale per l'ERF la fornirà il gettito delle imposte nazionali la cui esazione dipenderà dall'Erf medesimo.

Poi c'è il residuo debito ordinario equivalente al 60% del pil, circa 1000 miliardi attuali, che resterebbero a carico dello Stato alle condizioni attuali, con interessi sicuramente più alti rispetto all'ERF e con l'obbligo di mantenerlo al 60%. Provate a immaginare (ben che vada) 100 miliardi di tasse in più ogni anno o 100 miliardi di welfare in meno per 20 anni.

Una commissione di esperti incaricata dall'UE ha espresso perplessità sulle conseguenze legali e sociali di una tale architettura finanziaria del debito, sarebbe peraltro necessario un nuovo trattato che dovrebbe essere approvato da tutti gli stati membri. Alle condizioni attuali sembrerebbe difficile che un progetto simile possa andare avanti, però c'è da considerare che siamo vicini alle elezioni, e il giudizio degli esperti ha subìto sicuramente l'influenza del vento antieuropeista che soffia in molti paesi dell'Unione. Ci sarà sempre tempo e modo per rifilare ai cittadini europei degli Stati più deboli un bel pacco definitivo.