Gli affreschi della tomba François di Vulci sono (ancora) conservati alla rinfusa in un luogo inadatto e sono invisibili al pubblico.

 Intervista a Massimiliano Bernini, deputato del M5S, che recentemente è riuscito a visitare il luogo in cui sono conservati (coperti da tessuto non tessuto) i preziosi affreschi etruschi.


29 marzo 2015

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di Giacomo Mazzuoli

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Gli affreschi della tomba François di Vulci rappresentano la testimonianza artistica e storica tra le più rilevanti della cultura etrusca. La tomba fu scoperta nel 1857 e l’intero ciclo pittorico datato IV secolo a.C. fu fatto staccare dai Torlonia, proprietari del fondo, e fu trasferito in una delle loro residenze romane. Da allora i preziosi reperti sono rimasti occultati alla visione del pubblico e della comunità scientifica ad esclusione di un paio di brevi occasioni, l’ultima delle quali una mostra di enorme successo a Vulci nel 2004.

D. Deputato Bernini, sappiamo che Lei ha preso molto a cuore la questione degli affreschi della Tomba François, ci può spiegare come è nato questo interesse?

R. La segnalazione è arrivata dagli attivisti del M5S di Canino che mi hanno descritto l’intera vicenda, lasciandomi letteralmente basito! E’ una storia lunga che attraversa quasi 2 secoli e con tutto che ci siano state autorevoli sentenze come quella del 1979 della Cassazione, non si riesce ancora a scrivere la parola “fine”!

D. Perché questa vicenda è così incredibile?

È incredibile che un reperto unico nel suo genere, vestigia di una delle culture più importanti dell’area mediterranea, ovvero la civiltà Etrusca, sia celato agli occhi dei visitatori perché confinato in una struttura privata. L’Italia ha un patrimonio storico culturale immenso ed unico al mondo. Tutto ciò, se opportunamente valorizzato, consentirebbe il rilancio e la promozione delle attività turistiche rappresentando un volano per l’economia nazionale e locale. Certo è che se gli affreschi Francois continueranno a rimanere appannaggio di pochi o di nessuno, tutta questa potenzialità verrà irragionevolmente dispersa. E’ inaccettabile il fatto che un’opera che nei i pochi giorni di esposizione a Vulci, presso il Comune di Canino, ha fatto registrare oltre trentamila visitatori, rimanga segregata in uno stanzone polveroso! E penso che questa non sia solo la mia opinione ma anche quella di gran parte dei cittadini di Canino e della Tuscia!

D. Eppure in Italia esiste una legge che obbliga i privati proprietari di opere d’arte a fornire garanzie certe sulla conservazione delle stesse.

R. Il solito problema dell’Italia: benché la magistratura si sia espressa in tempi tutto sommato congrui, manca la volontà politica di dare seguito alle sentenze, emesse nell’ interesse del Popolo Italiano. Per fortuna ci ha pensato il M5S che in questa legislatura ha depositato un’interrogazione per far luce sull’intera vicenda. E grazie a quest’atto legislativo scopriamo che il Privato è solo il concessionario dell’opera d’arte e che è obbligato a conservarla in modo adeguato affinché non vada distrutta. La sentenza della Corte di Cassazione stabiliva proprio questo ovvero che il reperto venisse conservato in una struttura museale.

 

 

Così erano custoditi dai Torlonia gli affreschi della Tomba François negli anni '90

Così sono custoditi oggi, nello stesso luogo e coperti da tessuto non tessuto, gli affreschi della tomba François

Massimiliano Bernini deputato del M5S

 

D. Quale fu la risposta del ministro?

R. Eccola nei suoi passaggi decisivi: Attualmente il ciclo è conservato in un salone della Villa Albani Torlonia, più precisamente nella Diaeta del Kaffeehaus, ed è attualmente visitabile dietro richiesta da rivolgere all'amministrazione Principe Torlonia. Nel mese di maggio 2013 è stato eseguito un sopralluogo da parte di funzionari responsabili dell’«Istituto superiore per la conservazione e il restauro», che ha tra i suoi fini istituzionali la promozione e l'espletamento di attività di ricerca, la progettazione, la sperimentazione e la verifica nel campo della tutela dei beni culturali. I funzionari hanno verificato che le condizioni ambientali del locale non sembrano determinare situazioni di rischio e che il luogo di conservazione, per quanto riguarda l'umidità e la temperatura, risulta controllato attraverso l'uso di un termoigrografo. Le raccomandazioni relative alla conservazione, emanate dal suddetto istituto, di concerto con la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, sono state, pertanto, recepite e attuate dagli attuali detentori e proprietari delle opere”.

D. Quindi era tutto a posto

R. A parte che nessuna risposta è stata data in merito alla sentenza della Cassazione e alla enorme potenzialità per lo sviluppo del territorio che quei reperti rappresenterebbero, molti dubbi restavano. Occorreva sapere se l’altisonante Diaeta del Kaffeehaus fosse l’angusta sala delle foto in nostro possesso o magari una sede più consona ad ospitare un patrimonio così importante. Non mi convinceva la frase dei funzionari del ministero quando asserivano che le condizioni del locale “non sembrano determinare situazioni di rischio”. Il verbo sembrare è piuttosto ambiguo. Perché non hanno scritto “non determinano situazioni di rischio?” Infine il controllo di temperatura e umidità. Il termoigrografo è uno strumento passivo che misura i due parametri, che succede se la temperatura sale o scende sotto un certo livello? Esiste un impianto di termoregolazione?

D. Non restava che constatare di persona…

R. Già, e qui viene il bello. Per togliere ogni dubbio ho pensato di fare domanda all’amministrazione Torlonia di visitare il luogo dove sono conservatigli affreschi insieme a una delegazione di cittadini di Canino e ad alcuni esperti di affreschi etruschi. Dopo un estenuante tira e molla mi è stato risposto che la cosa non era possibile e che mi sarei dovuto mettere in lista per la visita come un cittadino qualsiasi.

D. E quindi?

R. Mi sono messo in lista per la visita e nel frattempo ho presentato una nuova interrogazione parlamentare per risolvere i punti oscuri. Era il luglio del 2014, ancora aspetto la risposta scritta del ministro.

D. Però ultimamente ci sono state delle novità

R. dopo aver inoltrato via mail all’Amministrazione Torlonia la richiesta di poter effettuare una visita presso la Villa Albani, questa mi veniva concessa il giorno 7 marzo 2015. Tuttavia ho trovato le procedure di accreditamento assai complesse e senza un preciso criterio. Infatti, pur avendo specificato per tempo la presenza di alcuni accompagnatori di Canino, la gentile ma inflessibile funzionaria, negava a costoro la possibilità di partecipare alla visita. La cosa appare più assurda se si considera che la mattina del 7 eravamo solo 5 visitatori (insieme ad una coppia e due studentesse) davanti ai cancelli di Villa Albani, quindi il piccolo gruppo di “caninesi” insieme al sottoscritto non avrebbe rappresentato alcun problema logistico.

D. Come mai questa rigidità da parte dell’Amministrazione Torlonia?

R.Sinceramente la ignoro e non la comprendo, visto che le sale del complesso potrebbero accogliere un gran numero di visitatori. Inoltre data la presenza di numerosi reperti inestimabili, oltre agli affreschi Francois, il complesso potrebbe rappresentare un polo turistico d’eccellenza.

D. Allora, come è andata?

R. Mi sono presentato all’ingresso la mattina di sabato 7 aprile, insieme a me c’erano due studentesse, che avevano fatto domanda ad ottobre 2014 e una coppia di signori anziani, che invece si erano messi in lista appena una settimana fa, 5 persone prenotate non si sono presentate. Era venuto con me un amico di Canino ma, nonostante la mia richiesta, non è stato fatto entrare. “Il principe è inflessibile” ci hanno riferito. Insomma, non vorrei fare facili supposizioni ma sembra proprio che il Sig. Torlonia abbia dell’ostilità nei confronti dei Cittadini Caninesi!

 

Il sacrificio dei prigionieri troiani, particolare di uno degli affreschi della tomba François

Foto di G, Primoli (1898) dell'interno del palazzo Torlonia a via della Lungara: visitatori e statue

D. Chi via ha guidato durante la visita?

R. Siamo stati accompagnati nella visita da un custode e dal guardiacaccia delle tenute Torlonia. Soprattutto quest’ultimo era l’interlocutore a cui fare le domande, rimaste perlopiù senza risposta.

D. E il “principe”?

R. Non si è visto. In compenso si sono viste cose eccezionali, una tale quantità di opere d’arte, di grande pregio e di ogni periodo storico da rischiare la sindrome di Stendhal!

D. In effetti la collezione Torlonia è una delle più grandi e pregevoli raccolte di opere d’arte del mondo. Mi conceda una divagazione visto che ha citato Stendhal. Ecco cosa scriveva proprio lo scrittore francese dei Torlonia: “ banquier fort avare ed un peu fripon (canaglia). Figure à argenti…incapable de jouir des belles choses qu’il a reunies autour de lui.."  il Belli ci andava giù pesante :  figurete Turlonia, cosste ladre / combriccole futtute de bbanchieri”, Ignazio Silone in Fontamara del 1933:” In capo a tutto c'è Dio, padrone del cielo, poi viene il principe Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe, poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi il nulla, poi ancora il nulla, poi vengono i cafoni."

R. Piange comunque il cuore a constatare che tanto ben di Dio sia così scarsamente fruibile. Ma veniamo agli affreschi della tomba François di Vulci. Mentre villa Albani, dove è conservata la maggior parte della collezione, ha le caratteristiche di un complesso museale con sale e corridoi, la Diaeta del Kaffeehaus è una struttura a parte che non ha affatto i requisiti per ospitare opere d’arte. Per come sono ammassati i reperti sembra più un magazzino. Ed è qui che si trovano gli affreschi della tomba François, opere del IV secolo a.C. che testimoniano della battaglia con cui il principe Mastarna di Vulci prenderà il potere e diventerà il sesto re di Roma con il nome di Servio Tullio. Nulla è cambiato dalla foto dell’ignoto visitatore del 2012: le opere sono avvolte da tessuto non tessuto, appoggiate su dei cavalletti e sopra di loro pendono grossi lampadari. L’ambiente non è termoregolato e durante la visita faceva piuttosto freddo. Ho chiesto di vedere il termoigrometro e mi è stato indicato. Si tratta di uno strumento analogico che traccia su un rullo di carta i grafici della temperatura e dell’umidità dell’ambiente. Nulla di certo mi è stato detto su chi effettua i controlli dei dati registrati dallo strumento e quali siano gli interventi previsti in caso di livelli eccedenti dei parametri controllati. Il guardiacaccia mi ha chiesto se volessi vedere gli affreschi liberandoli da tessuto non tessuto. Per timore che l’operazione potesse provocare danni ho chiesto di vedere solo una parte di un pannello affrescato.

D. Quindi nulla è cambiato da alcuni decenni a questa parte, gli affreschi sono sempre stati lì e per i funzionari del ministero va bene così. L’unica accortezza per la loro conservazione sarebbe la copertura con il tessuto non tessuto che evidentemente ne preclude la fruibilità.

R. E’ proprio così. E c’è da restare allibiti di fronte a tanta superficialità e alla effettiva negazione di un bene così importante per l’intera umanità.

D. Cosa pensa di fare ora?

R. Il primo passo sarà quello di contattare il ministro competente e di portarlo a conoscenza della situazione e poi gli solleciterò la risposta alla mia seconda interrogazione in merito.

D. Pensa di ottenere soddisfazione?

R. Questo non lo so, ma io credo che, nell’anno degli Etruschi, questa potrebbe essere l’occasione per sensibilizzare chi ha potere decisionale. Occorre passare dalle vuote parole che auspicano la valorizzazione del nostro immenso patrimonio artistico ai fatti. Quegli affreschi rappresentano anche una grande opportunità di sviluppo per il territorio di Canino, provengono da quelle terre ed è lì che devono tornare, non possono restare a marcire in un magazzino privato.

D. Crede ci siano anche altre opzioni?

R. E’ necessario un coinvolgimento della comunità a livello locale affinché prenda coscienza del valore di questi reperti archeologici e agisca di conseguenza, facendo pressione ad ogni livello possibile affinché gli affreschi tornino a Canino . Occorrerebbe infine che i mezzi di informazione, locali e nazionali, raccontino questa vicenda e la presentino in tutta la sua assurdità.

 

 

Intervista di Giacomo Mazzuoli, presidente dell’Associazione Canino Info Onlus