LA CRISI FINANZIARIA DELL'ITALIA

E il conformismo (interessato) della stampa

 


 

Stampa

di Giacomo Mazzuoli

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Ci mancava solo che un portale culturale, perdipiù a carattere locale, affrontasse questi grandi temi che esulano dalle sue competenze primarie. Ne abbiamo già abbastanza, direte voi, dei Tg e dei giornali che ci bombardano quotidianamente con spread, borse, declassamenti e deficit; parlate di cultura che è meglio, così ci distraiamo un po’ e miglioriamo anche la qualità della vita.

Invece ci tocca parlare anche di questo, perché ormai gli eventi che ci piovono sulla testa sono talmente gravi che nessuno può chiamarsi fuori, tantomeno chi si occupa di cultura, la figlia negletta di questo mondo globalizzato dominato da una finanza impietosa che travolge ogni cosa.

In questo panorama desolato alzi la mano chi sa se esiste nell’attuale governo Monti un ministro della cultura e, se esiste, come si chiama e, se ha un nome, quali azioni degne di nota abbia compiuto in questi mesi. Nessuna, la cultura è considerata una voce di spesa superflua ed è la prima ad essere tagliata, questo vale ad ogni livello, governativo, regionale o locale.

Se non c’è cultura non c’è sviluppo, recitava lo slogan della campagna del quotidiano della Confindustria aggiungendo che la cultura ci libera dalla corruzione. Tutto molto vero, tante le adesioni compresa quella, entusiastica, della nostra associazione; nullo il risultato, la spending review deve fare il suo corso.

Ma in questo nostro articolo vogliamo parlare d’altro e di più grave: il conformismo che sembra aver avvolto il mondo della stampa italiana nel giudicare l’operato di questo governo e la sua perdita della capacità di analisi di situazioni che pur essendo di una evidenza oggettiva, vengono rigirate come una frittata in padella e date in pasto agli italiani.

Presentiamo un esempio molto dibattuto e che la dice lunga in merito: lo scudo antispread.

E’ scolpita nella nostra mente l’immagine foto ritoccata di Monti con la cresta di Balotelli e anche la vignetta di Giannelli  con Monti che mostra i muscoli come Balotelli dopo il goal a Merkel e Hollande rispettivamente in prima pagina del Corriere dello Sport e del Corriere della Sera del 30 giugno, all’indomani della vittoria dell’Italia sulla Germania agli europei di calcio. Per non parlare dei commenti entusiastici dei giornali che strillavano agli italiani di una vittoria epocale del nostro premier sulla Merkel per aver puntato i piedi ottenendo il cosiddetto scudo antispread e per aver segnato metaforicamente un goal molto più importante di quelli del centravanti della nostra nazionale.

Si trattava evidentemente di un falso, una combine in termini calcistici, orchestrata dallo stesso Monti, in debito di ossigeno e di consenso popolare, e propagandata senza pudore da una stampa che il Minculpop, se ancora esistesse, sarebbe impallidito.

Leggete cosa scriveva Repubblica:

“La giornata è stata lunghissima. Monti ha negoziato dalle nove del mattino, prima al telefono, poi di persona. Contatti anche con la Merkel e i vertici delle istituzioni europee. Ma da Berlino fino alla svolta è stato sempre e solo un “nein”… Ce n’è abbastanza per puntare i piedi. E infatti lo fanno. Mentre a Varsavia si gioca la semifinale tra Italia e Germania, Monti pone il veto sull’intero pacchetto Europa… Rajoy lo segue a ruota. Il francese Hollande li appoggia, ma senza tirare troppo la corda. La Merkel resta comunque di stucco, spiazzata… La Cancelliera è nell’angolo… Uno smacco. Quando anche lei lascia il palazzo della Ue è terrea in volto”.

Ed ecco il risultato che, sempre secondo Repubblica, Monti avrebbe ottenuto:

“L’intesa prevede che il fondo salva-stati dell’Unione (MES) intervenga in maniera automatica nel caso in cui gli spread di una nazione virtuosa superino una determinata soglia ancora da stabilire. Sul piano tecnico ottiene che lo scudo scatti dopo la firma di un apposito memorandum con Bruxelles, ma senza obblighi di riforme lacrime e sangue in stile Grecia monitorate dalla famigerata troika Ue-Bce-Fmi. Una umiliazione che Monti non vuole in nessun caso subire”.

Le cose non stanno affatto così, e la dimostrazione la si evince dagli eventi di questi ultimi giorni in cui gli spread dei titoli di Spagna e Italia hanno raggiunto livelli preoccupanti e in cui il MES non è partito in maniera automatica. Perchè? Semplice, perché il MES, firmato dai capi di governo già a febbraio scorso, prevede che la sua applicazione avvenga su richiesta dello Stato cui necessita soccorso finanziario che deve sottoscrivere, in accordo con la Commissione Europea, col FMI e con la BCE (Troika), un Memorandum dove si vincola a obbedire a tutto ciò che il MES e FMI gli richiederanno, a tutti i Trattati, a tutte le condizioni del prestito, persino a critiche e suggerimenti dei sopraccitati (Art. 13-3). Capito perché uno Stato si guarda bene dal richiedere l’intervento del MES? Rischia di rimanere strozzato ancor di più che dal suo stesso debito sovrano. Altro che nessuna umiliazione! E quale vittoria avrebbe ottenuto Monti se tutto era già sottoscritto da alcuni mesi e nulla è cambiato in quella famosa sera in cui la nazionale italiana ha sconfitto quella tedesca? E perché la stampa è stata così accondiscendente ed entusiastica?

Incuranti della figuraccia e intenzionati a evitare ogni autocritica, i giornalisti italiani battezzano il loro nuovo supereroe, Draghi, foto ritoccandolo con il cappello del Supermario di Nintendo…