IL VOCABOLARIO DELL'ECONOMIA (E DELL'UNIONE EUROPEA)

Contrastiamo il nuovo e pericoloso analfabestismo indotto dall'unione monetaria

Parte prima: il Patto di Stabilità


1^ parte vai alla seconda parte

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di Giacomo Mazzuoli

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Quante volte abbiamo sentito vocaboli come patto di stabilità, fondo salva-stati, spread, troika, fiscal compact, rapporto deficit pil, unione europea,  commissione europea, bce, rapporto debito pil, crescita negativa (sic!), derivati, titoli tossici, obbligazioni, debito sovrano, ecc., ecc.... e al massimo li associamo ad una sensazione del  tipo buono o cattivo, ma il più delle volte rappresentano solo un vero e proprio buco nero nella nostra mente e non ci rendiamo conto di essere vittime di un nuovo analfabetismo che potrebbe fare più danni del diluvio universale.

Purtroppo questi termini, e la loro traduzione nella realtà oggettiva da parte di chi ne tiene le fila, stanno diventando i padroni dei nostri destini e la loro gestione sta sfuggendo lentamente, ma inesorabilmente, alle regole della democrazia condizionando drammaticamente la socialità di interi popoli, compreso il nostro.

Ci proponiamo, nel nostro piccolo e nel limite delle nostre conoscenza, di approfondire i principali argomenti per renderli più comprensibili al cittadino medio. Cominciamo con il padre di tutte le storture della cosiddetta unione monetaria europea: il Patto di Stabilità.

Tutto comincia nel 1997 quando i paesi membri dell'Unione Europea sottoscrivono il cosiddetto Patto di stabilità e crescita, che doveva servire ad assicurare la stabilità della futura moneta unica. Esso si attua attraverso il rafforzamento delle politiche di vigilanza sui deficit ed i debiti pubblici, nonché un particolare tipo di procedura di infrazione, la Procedura per Deficit Eccessivo (PDE), che ne costituisce il principale strumento. In base al PSC, gli Stati membri che, soddisfacendo tutti i cosiddetti parametri di Maastricht, hanno deciso di adottare l'euro, devono continuare a rispettare nel tempo quelli relativi al bilancio dello stato, ossia:

  • un deficit pubblico non superiore al 3% del PIL (rapporto deficit/PIL < 3%);
  • un debito pubblico al di sotto del 60% del PIL (o, comunque, un debito pubblico tendente al rientro) (rapporto debito/PIL< 60%).

Il deficit pubblico è la differenza tra uscite e entrate nell'anno di riferimento, mentre il debito pubblico è lo stock di tutti i deficit accumulati dallo stato. Il PIL (prodotto interno lordo) è la ricchezza prodotta nell'anno. A valori attuali il PIL italiano corrisponde a circa 1500 mld di euro e il debito a 2060 mld. Il nostro rapporto debito/pil è il peggiore dell'unione dopo quello della Grecia e si attesta a circa 130. Il 3% del PIL corrisponde attualmente per l'Italia a circa 45 mld.

Premesso che è senz'altro opportuno che gli Stati che fanno parte di un'unione monetaria si diano delle regole, risulta evidente, a distanza di 16 anni, che il risultato è fallimentare.

 E' fallimentare perchè si pensava di applicare le stesse regole a paesi che partivano con situazioni di bilancio diametralmente opposte e con tessuti economici e sociali profondamente diversi. E' mancata poi l'equità nell'applicazione delle sanzioni previste nei confronti dei paesi che non rispettavano le seguenti regole:

  • se il deficit di un Paese membro si avvicina al tetto del 3% del PIL, la Commissione europea propone, ed il Consiglio dei ministri europei  approva un "avvertimento preventivo" (early warning), al quale segue una raccomandazione vera e propria in caso di superamento del tetto.
  • se a seguito della raccomandazione lo Stato interessato non adotta sufficienti misure correttive della propria politica di bilancio, esso viene sottoposto ad una sanzione che assume la forma di un deposito infruttifero, da convertire in ammenda dopo due anni di persistenza del deficit eccessivo. L'ammontare della sanzione presenta una componente fissa pari allo 0,2% del PIL ed una variabile pari ad 1/10 dello scostamento del disavanzo pubblico dalla soglia del 3%. È comunque previsto un tetto massimo all'entità complessiva della sanzione, pari allo 0,5% del PIL.
  • se invece lo Stato adotta tempestivamente misure correttive, la procedura viene sospesa fino a quando il deficit non viene portato sotto il limite del 3%. Se le stesse misure si rivelano però inadeguate, la procedura viene ripresa e la sanzione irrogata.

Sapete quali sono stati i primi paesi a sforare per due anni di seguito il patto di Stabilità? Francia e Germania nel 2001 e 2002 hanno superato il 3% del rapporto deficit/pil, e sapete quale sanzione è stata loro irrogata? Nessuna. E sapete qual è la situazione del 2012? Consultate la tabella in basso, in rosso sono evidenziati i paesi che hanno sforato per due anni consecutivi il tetto del 3%. Dieci paesi su 17 hanno superato il limite da due o più anni consecutivi, un altro (Malta) lo ha superato nel 2012. A leggere i giornali e ad ascoltare i TG sembra che il problema dell'Unione Europea sia solo l'Italia o la Grecia.

 

 

Prendiamo ora il caso dell'Italia che è quello che ci riguarda più da vicino ed è anche il più emblematico del fallimento dei parametri istituiti dall'UE. Nel 1997 il nostro debito pubblico era già stratosferico ed ammontava a 1600 miliardi di euro con il rapporto debito/pil che ballava già pericolosamente intorno al valore di 120. La nota positiva era la crescita costante del pil che si è protratta per parecchi anni. Forse era allora il caso di sfruttare la congiuntura favorevole e cercare di azzerare il deficit annuo del 3% che ha fatto aumentare lo stock del debito di ca 40 miliardi l'anno e lo ha fatto arrivare a oltre 2000 miliardi, proprio in concomitanza di una crisi economica globale senza precedenti. Oggi quel 3% è ancora in vigore; ci stanno riempiendo di nuovi balzelli pur di rispettarlo e compromettono così anche le scarse possibilità di crescita economica. Nella realtà si tratta di un valore puramente virtuale. La matematica ci dice che quest'anno il debito non crescerà solo del 3% del PIL (ca 45 mld) ma molto di più perchè, come tutti i bilanci che si rispettino, anche in quello dello Stato italiano ci sono i debiti fuori bilancio (questi però ce li concede l'Unione Europea), ovvero i rimborsi dei debiti pregressi delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese (ca. 20 mld) e le partecipazioni al fondo salva stati (ca. 50 mld). Nella realtà il rapporto deficit/pil italiano per il 2013 sarà pari al 7,5% e lo stock del debito crescerà ancora di oltre 115 miliardi rispetto al 2012, e questo è quello che conta.

 

continua....