C’è un’industria
in Italia che non conosce crisi, anzi è proprio nei momenti di crisi
come questo che ottiene i suoi massimi fatturati e profitti. E’
l’industria del gioco, legalizzato o clandestino che sia, che
sfrutta le ansie e i sogni di chi non ha grandi aspettative per il
futuro e si rifugia nella speranza, vana, di risolvere i suoi
problemi con una vincita al gioco.
Senza considerare
i giochi clandestini, la cui incidenza sul PIL può essere solo
presunta in quanto il relativo business è in mano alla malavita
organizzata, il volume dei giochi legalizzati in Italia nel 2011 ha
raggiunto la cifra di 80 miliardi di euro.
La maggior parte
di questo fiume di denaro viene inghiottito dalle slot machines di
nuova generazione, quelle che, con giocate massime di un euro
permettono vincite in denaro non superiori a 100,00 euro.
E dove ci sono
fiumi di denaro, potete giurarci, alligna la commistione di torbidi
interessi tra funzionari statali, politici, imprenditoria offshore e
malavita organizzata.
Ecco allora che
in questo Paese che vuole darsi nel mondo un’immagine di rigore e di
Buon Governo, si continua a favorire chi opera con scarsa
trasparenza e nel disprezzo delle regole, chiedendo (e ottenendo)
sacrifici di dubbia efficacia a chi le regole le ha sempre
rispettate.

Uno Stato
biscazziere, e persino disattento a incassare quanto pattuito con le
imprese che operano nel settore, poco interessato ad applicare
sanzioni (anzi preoccupato a renderle meno pesanti) a chi non
rispetta le regole, sarebbe da biasimare a priori solo perché le
circa 400.000 macchinette mangiasoldi sparse per ogni dove hanno
provocato innumerevoli casi di ludopatie con tante famiglie che sono
finite sul lastrico per colpa di questo gioco insensato. Ma se
leggerete questo riassunto sulla breve cronistoria di queste
macchinette vi troverete di fronte un quadro a dir poco
raccapricciante del tessuto imprenditoriale e politico che ne viene
alla luce.
Tutto è cominciato nel 2004. Quando i Monopoli di Stato hanno
affidato a dieci concessionarie la gestione delle macchinette
elettroniche: new slot nei bar e tabaccherie, e videolottery di
nuova generazione in sale dedicate. Alle dieci concessionarie spetta
la conduzione della rete telematica con l'obbligo di assicurarne
l'operatività. Sono queste società a incaricare i gestori di
installare gli apparecchi - attualmente 400 mila - poi affidati agli
esercenti, i locali pubblici dove gli utenti giocano. Le
concessionarie hanno il delicato compito di esattori per conto dello
Stato, in quanto oltre a incassare il proprio utile, incamerano
anche il "Preu", prelievo erariale unico, che poi versano ai
Monopoli. Il Preu è pari al 12,6 % delle giocate e la loro entità
dovrebbe risultare dal collegamento telematico di ogni macchinetta
al cervellone centrale delle società concessionarie.
Ma vediamo quali sono le concessionarie. In prima fila Lottomatica e
Snai, le uniche totalmente made in Italy. Le altre otto, invece,
presentano azionariati in parte o del tutto protetti da sedi
estere. La Cogetech è di proprietà della Cogemat, Spa di
proprietà al 71 per cento della OI Games 2 con sede a Lussemburgo.
Gamenet è al 42 per cento (quota di maggioranza) della Tcp Eurinvest,
sede Lussemburgo. Hbg è al 99 per cento di proprietà della
lussemburghese Karal: solo l'1 per cento è di proprietà di un
italiano, Antonio Porsia (che è anche l'ad), imprenditore definito
dalla stampa finanziaria il nuovo numero uno delle sale da gioco. Il
gruppo delle "lussemburghesi" è chiuso dalla Sisal, al 97 per cento
della Sisal Holding finanziaria, Spa al 100 per cento della Gaming
Invest, sede nel granducato.
Ci sono poi le società spagnole: Codere, al 100 per cento del
gruppo Codere Internacional, e Cirsa di Cirsa international Gaming
Corporation. Le altre due concessionarie sono G. Matica - al 95 per
cento della Telcos, una srl con 126 mila euro di utile che è
controllata per il 52 per cento dalla Almaviva Technologies (altra
srl della famiglia Tripi) e per il 37 per cento della Interfines Ag,
sede legale Zurigo - e Atlantis (con sede nelle Antille Olandesi),
oggi sostituita da B Plus Giocolegale limited, la più grande e la
più controversa (detiene circa il 30% del mercato), che ha la sede
principale a Londra con 68 dipendenti e una "sede secondaria"
a Roma.
Come si è accennato la
convenzione firmata tra lo Stato Italiano e le concessionarie
stabiliva che le slot dovessero essere collegate telematicamente a
un cervellone per misurare il volume delle giocate e quindi la tassa
da pagare allo Stato e per ogni ora di mancato collegamento di ogni
slot il concessionario dovesse pagare una penale di 50 euro.
Per mesi,
talvolta per anni, però i concessionari non hanno collegato le
slot.
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