NOTIZIE DEGLI SCAVI DI ANTICHITA'
Rapporto di Goffredo Bendinelli sui lavori di costruzione del canale idroelettrico di Vulci (1919-1921)
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a cura di Anzio Risi

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Sui lavori di costruzione del canale che alimenta con le acque del Fiora la centrale idroelettrica di Vulci, raramente si è riusciti a trovare scritti di testimoni diretti. Un colpo di fortuna ci ha fatto rinvenire il rapporto redatto tra il 1919 ed il 1921 pubblicato negli atti della Reale Accademia Nazionale dei Lincei (Notizie degli scavi di antichità, Volume XVIII, Roma, 1921, pagg. 342, 353) che pubblichiamo integralmente, il cui estensore, il Dott. Goffredo Bendinelli, oltre ad essere un insigne archeologo, in quel periodo rivestiva anche l'incarico di Ispettore della Soprintendenza di Roma.

Un testimone qualificato ed esperto, che attraverso la sua opera ci ha fatto conoscere di quali tesori era ed è ancora ricco quel grande "giacimento" archeologico che da sempre è stato il territorio vulcente. Siamo certi di far cosa gradita a quanti si accostano per la prima volta a questo tema, ma anche a coloro che intendessero approfondirlo.

La copertina del rapporto di Bendinelli

Pianta dell'area di Vulci. In rosso è indicato il percorso del canale idroelettrico

X. VULCI Recenti scoperte archeologiche nel territorio di Vulci.

 

A. Scavi nella necropoli. — Sulla fine del 1918 la Società per imprese elettriche « Volsinia » iniziava dei grandi lavori di sterro nel territorio di Vulci presso il Ponte della Badia, in Comune di Montalto di Castro, per la costruzione di un canale idroelettrico destinato allo sfruttamento dell'energia idraulica del fiume Fiora. L'importanza archeologica di quel territorio è già troppo nota per potervisi soffermare in una relazione sommaria. Circa la fine di gennaio 1919 mi fu dato recarmi sul luogo onde esamina­re i lavori eseguiti e da eseguire in rapporto colla zona d'interesse archeologico.

I lavori di sterro del canale, parte in galleria, parte in trincea, e per brevissimo tratto in rilevato, si iniziarono a nord-ovest del Ponte della Badia, presso una larga ansa del fiume, dove avviene la presa d'acqua, e attraversando in linea spezzata, con una direzione costante da nord-ovest a sud-est, la pianura leggermente ondulata detta delle Pozzatelle. In tenuta Camposcala, supera in rilevato l'avvallamento che divide la detta pianura dal terreno collinoso ove sorgono i primi ruderi visibili dell'antica città; tagliando quindi in linea diagonale il piano della città stessa, raggiunge con leggera curva a sinistra il rudere denominato Castellaccio di Vulci, dove infine la ripida discesa è destinata a produrre la caduta dell'acqua del canale nuovamente nel Fiora1. Il territorio attraversato dal canale per una lunghezza complessiva in linea retta di circa m. 1500, si divide archeologicamente in due parti: la prima, più a nord, relativa alla necropoli vulcente; la seconda, a partire dall'accennato avvallamento fino al Castellaccio di Vulci, relativa alla città propriamente detta (ved. pianta alla fig. 1).

Tutta questa parte di territorio sulla destra del Fiora, pur essendo andata tutt'altro che immune dagli scavi distruttori cui a intervalli, dal 1828 in poi, è soggiaciuto tutto il territorio di Vuki2, rimane ciò non pertanto la meno conosciuta e la meno osservata dagli archeologi; poiché né la necropoli da questa parte del fiume ha mai dato luogo a rinvenimenti rimasti memorabili come la necropoli della riva sinistra, per la quale basta ricordare la tomba Francois, e la tomba così detta d'Iside: né il territorio della città, per la scarsa ricchezza del materiale archeologico, ha mai più attrat­to, dopo i primi scavi del 1835-36, i soliti ricercatori di tesori3. Le uniche tombe sulla riva destra del Fiora, della cui esplorazione si abbia esatta notizia, oltre le poche ricordate da Luigi Canina in Antica Etruria Marittima, voi. II, pag. 93, topograficamente non identificabili, sono quelle scavate dalla Missione archeologica francese nel 1889, nelle immediate vicinanze del Ponte della Badia, descritte con le relative suppellettili da Stefano Gsell nell'opera citata in nota: un piccolo numero di tombe arcaiche, ventidue in tutto, rinvenute intatte fra altre molte già depredate.

Quando, alla fine di gennaio dell'anno 1919, potei recarmi sul luogo, tro­vai i lavori di sterro pel canale già notevolmente avanzati nel primo tratto. Si era a tal uopo praticata una trincea della lunghezza costante di metri quattro e profonda dai due ai tre metri dal piano di campagna. Il terreno scavato appariva alla profondità indicata cretaceo e poco consistente, salvo in qualche tratto ove affiora il tufo; onde non era a stupire che nes­sun dato d'interesse archeologico si fosse finora rilevato. Data la natura del terreno e il carattere della necropoli, consistente di camere sepolcrali scavate nel tufo, bisognava ritenere che le tombe si trovassero a una maggiore profondità. Sui primi di febbraio, nell'estremo tratto di trincea precedente L’avvallamento, alla profondità di metri 2,40, il piano della trincea raggiunse un compatto banco tufaceo, dove si aprivano gli ingressi a due ben distinte camerette sepolcrali scavate quasi parallele l'una all'altra, con asse rivolto da nord a sud, in senso obliquo, cioè, alla direzione della trincea. Procedutosi allo sgombro dell'acqua e della terra che invadeva le camerette, si constatò come le tombe fossero state già manomesse da metodici ricercatori e vuotate d'ogni suppellettile funebre.

La prima tomba scoperta era preceduta da un così detto cassone di forma trapezoidale, lungo e largo m. 2 circa, nel quale sboccava il corridoio d'in­gresso. Dal cassone si accedeva entro la tomba per mezzo di una porta alta irregolarmente m. 1,50-1,60, e larga 0,60, la quale doveva esser chiusa per mezzo di blocchi di tufo. Lo spessore della parete in cui si apriva la porta, era di m. 0,42. La camera, quadrata, misurava m. 2,20 di lato. Il soffitto era leggermente incurvato, alto non più di m. 1,60 dal suolo; l'altezza mas­sima della curvatura sopra la corda sottesa, di m. 0,10. A sinistra dell'in­gresso si riconobbe una banchina alta m. 0,60, ricavata nel tufo e guasta dall'acqua, con sopra scarsi avanzi dello scheletro. In mezzo alla terra molle non si rinvennero che piccoli frammenti di vasi di bucchero fino, e pezzi di bronzo sottile laminato, liscio. Il pezzo di bronzo più notevole rin­venuto, lungo m. 0,24, mostrava di aver appartenuto ad un vaso di lamina.

Sulle pareti destra e sinistra della camera sepolcrale osservai due buche o nicchie irregolari, profonde fino a 70 centimetri, praticate dai primi rinvenitori della tomba allo scopo di accedere possibilmente a camere sepolcra­li contigue. A poca distanza, infatti, dalla prima si apriva una seconda tomba simile, preceduta da un cassone di m. 1,70 x 0,75. La porta, di forma irregolare, era alta m. 0,85, larga 0,60. Il soffitto della tomba era a mezza botte rozzamente scavata nel tufo, con una delle pareti, quella di sinistra, scavata in modo da seguire la curva del soffitto, mentre la parete opposta, a piombo, era alta m. 1,30. A sinistra dell'ingresso una banchina lunga m. 3, quanto la parete, larga 0,53, alta da terra 0,50.

Da questa prima cameretta, attraverso una porticella rastremata in alto, praticata nella parete di fondo, spessa cm. 20, si passava ad una seconda cameretta, pure con banchina a sinistra. La differenza di questa seconda banchina rispetto alla precedente, stava nel fatto che fra le testate della banchina e le pareti della cameretta correva un intervallo di cm. 20. Le camerette erano state perfettamente vuotate. Unicamente sulla banchina della prima cella fu raccolto il collo di una oinochoe di bucchero, a beccucci, con ansa a doppio cordone (diam. della bocca, cm. 12).  Di nessuna delle tombe rinvenute mi fu dato di esplorare il corridoio di accesso, onde non potei accertare se esso fosse a rampa o a gradini; tanto più che nelle tombe simili descritte da Gsell, rinvenute sulla destra del Fiora, si osservarono corridoi di ambe le specie.

Ebbi inoltre notizia che nel ripulire il piano della trincea, a m. 2,40 dal piano di campagna, a poca distanza dalle camerette descritte, erano stati rinvenuti i resti di un seppellimento entro fossa. Mi furono infatti mostra­ti, coi resti delle ossa, alcuni fittili, e cioè i frammenti di una oinochoe di bucchero a bocca trilobata ed ansa a doppio cordone ; una ciotoletta di bucchero, a fondo piano ed alto orlo svasato (alt. mm. 45, diam. mm. 100), ed altra ciotoletta simile, ad orlo rientrante (alt. 45, diam. 110).

La stretta contiguità fra le due tombe rinvenute, lascia supporre la presenza di un folto gruppo di tombe consimili. E realmente, lungo questa ondulazione di terreno digradante ad est, sono tuttavia riconoscibili gl'ingressi di altri corridoi sepolcrali già da tempo esplorati ed ora nuovamente ostruiti.

Un leggero avvallamento divide l'ondulazione di terreno attraversata dal canale, da un'altra simile ad est. Anche da questa parte, in occasione di uno scavo per estrazione di pozzolana, si riscontrarono gli stessi caratteri archeologici, essendosi trovato il banco tufaceo compatto disseminato di tombe in forma di camerette rettangolari sul tipo delle precedenti, con soffitto a botte, scavate l'una di seguito all'altra. Anche da questa parte si trovò qualche tomba a più vani. In nessuna di queste ultime tombe ho notizia che siasi trovata traccia di banchina naturale. In qualcuna invece fu trovata la banchina per il cadavere, costruita di blocchi di tufo irregolari. L'altezza di queste camerette non supera ordinariamente m. 1,75. Il piano di tombe contigue non si trova sempre alla stessa altezza: il livello più elevato delle tombe essendo in rapporto con l'elevazione del terreno. Ciò che sembra contraddistinguere questo gruppo di tombe dal precedente è il maggior agglomeramento delle camere sepolcrali.

Nelle ultime tombe rinvenute si raccolsero avanzi di vasellame vario, quasi sempre di tipo grossolano: frammenti di grossi vasi d'impasto scuro, nonché di rozze anfore di terracotta rossastra, a ingubbiatura rossa; fram­menti di vasi di bucchero di forme diverse, fra cui facilmente riconoscibili tazze su piede prive di anse (hólkia), tazze con anse alte e piatte (kàntharoi), tazze minori a coppa emisferica e piattelli, dei quali taluno di argilla chiara con cerchi concentrici e gocciole in colore rossastro. Degno di nota qualche modesto frammento di aryballos corinzio, a decorazione floreale. Unici vasi intieri rinvenuti in una sola tomba furono i seguenti :

1) alabastron di bucchero, terminante in punta alla base, alto mm. 105 cfr. Gsell,

2) attingitoio di bucchero, a corpo rigonfio ed alto collo, rastremato e sva­sato ; ansa piatta, alt. 120 (Gsell).

3) piccolo aryballos corinzio, a fasce circolari nerastre e gocciole, alt. 0,55

(Gsell).

4) vasetto lenticolare di bucchero, con decorazione a ventagli punteggiati (Gsell).

Insieme coi vasi fu trovato un braccialetto di grosso filo di rame : diam. mm. 55.

 

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Dalle caratteristiche del materiale fittile rinvenuto, nonché dalla struttura architettonica delle camere sepolcrali, nonostante la mancanza di una vera e propria esplorazione sistematica delle tombe, credo lecito arguire che l'età dei due sepolcreti si aggiri tra la seconda metà del VII secolo e la prima metà del VI secolo avanti Cristo.

Sempre dalla parte del secondo gruppo di tombe e a nord del medesimo, si trovano a una certa profondità camere sepolcrali di notevoli dimensio­ni, ricavate con cura nel masso tufaceo. La loro struttura è affine alla tomba Campana di Veio, cui sono forse coeve. È probabile che siano queste ultime le tombe appartenenti alla classe elevata dei cittadini vulcenti, mentre quelle sopra descritte non sarebbero altro che le tombe appartenen­ti alla classe povera, contemporanee alle prime.

Nel mese di luglio 1919, intensificandosi i lavori di scavo e di muratura nella galleria d'imbocco del canale, in località Poggio Maremma, fu intra­preso uno scavo per estrazione di pozzolana, vicino alla riva destra del fiume. Trovasi da questa parte del fiume una serie di piccole alture o seilette di terreno, disposte a raggiera. Sul fianco di una di queste fu inavver­titamente sfondata la parete laterale destra di una piccola tomba a camera, di forma rettangolare (m. 2x1,45), precedentemente esplorata. L'asse della tomba e del relativo corridoio ripieno di terra, largo, 0,90, era orientato da nord a sud. Il piano della tomba, alta m. 1,20, risultò alla profondità di m. 4 dal piano di campagna. A sinistra dell'ingresso era ricavata per tutta la lunghezza della parete una banchina, o gradino, alto m. 0,20. Anche questa piccola tomba, scavata nel tufo mediante rudimentale lavoro di picco­ne, non avrebbe avuto più importanza delle precedenti, se dentro non vi fossero state trovate fortuitamente alcune sculture in nenfro, frammentarie, che qui appresso si descrivono.

1. Busto frammentario di figura virile (fig. 2), trattato seconde lo stile dell'arte locale arcaica; scheggiato nel naso, nelle labbra e nel mento. La fronte è bassissima, gli occhi grandi sproporzionatamente, gli zigomi sporgenti. La figura era barbata. Dalle tempie scendono ancora sul petto due grossi e lunghi riccioli attortigliati, ciascuno della forma di un fuso. Così i capelli sul capo sono indicati nella maniera più convenzionale ed inverosimile: una serie di profondi solchi a raggiera sulla sommità del capo, e dietro la nuca tre grossi cordoni paralleli orizzontali, cui succede una zona di onde o meandro ricurvo, rovesciato, a significare l'estremo limite della capigliatura. Le braccia, monche all'altezza dell'omero, scendevano rigide lungo i fianchi. Il torso è appena abbozzato ed esageratamente stretto e corto ; sulla schiena è accennato il solco corrispondente alla spina dorsale. Altezza m. 0,48, larghezza delle spalle, 0,30.

 

1 - Del territorio di Vulci sulla riva destra del Fiora la maggiore pianta topografica è quella compilata e pubblicata da Luigi Canina, in Antica Etruria Marittima, voi. II, tav. CFV. Una pianta generale del territorio, più piccola e sommaria di indicazioni, ma forse più esatta, è riportata da G. Dennis, in Cities and cemeteries ofancient Etruria (London, 1883), voi. I, pag. 438. Altra pianta topografica di Vulci è pubblicata in Monumenti deH'Ist., voi. I, tav. XL. La pianta topografica infine, che accompagna la Relazione di St. Gsell (Eouilles dans la nécropole de Vulci) riguarda particolarmente la riva sinistra del Fiora.

2  - Micali in Monumenti inediti, pag. 361, faceva ammontare le tombe esplorate sino all'anno 1856 nella necropoli di Vulci, ad oltre 15.000. Non andremo lungi dal vero facendo oggi salire quella cifra, con le successive esplorazioni, enormemente rallentate, se non cessate addirittura, negli ultimi decenni, a circa 20.000.

3  - Si può fare eccezione unicamente per una tomba a camera con belle pitture di età avanzata, rinvenuta precisamente nel gradino sottostante all'altipiano della città (Mon. dell'Ist., tavv,LIII-LIV).