LA FANCIULLA
“VELCA” (VELIA SPURINAS)
Partiamo dal
francobollo detto (erroneamente)“La fanciulla Velca” che avete
visto nel titolo (policromo su carta fluorescente, disegnato da
G. Toffoletti) che fa parte della serie “Donne nell’Arte”, di
cui ci furono quattro emissioni (la prima fu di 20 milioni di
esemplari). Del valore in questione ci fu: una emissione da 100
Lire nel 1998; un’altra di Lire
100 -0,05 Euro nel 1999; e altre due da 0,05 Euro, nel 2002 e
2003/2004 (con IPZ diventato nel frattempo SpA).
Il viso è quello della
signora
Velia Spurinas, dipinta nella
Tomba dell’Orco I della Necropoli dei Monterozzi di Tarquinia
(350 – 325 a.C.) scoperta nel 1868.
Velia - come riportato nelle
lastre dette
Elogia Tarquiniensia (vedasi la ricostruzione) -
era la nipote del generale
Velthur (che, alleato degli
Ateniesi, sconfisse i Siracusani durante il famoso assedio del
414-413 a.C.) e sorella di
Avle (Aulus),
che affrontò e sconfisse i Romani invasori. Come si vede
nell’affresco,
Velia indossa dei gioielli
preziosi: un diadema a foglie d’oro; dei girocollo; e degli
orecchini a forma di grappolo d’uva. Per farci un’idea più
precisa, vediamo nell’ordine: una testa fittile (Museo di Villa
Giulia) con un diadema a foglie d’oro; un paio di orecchini
d’oro a grappolo, proveniente dalla Tomba François di Vulci; e
altri gioielli del V-IV secolo a.C. provenienti dagli scavi di
Spina (Museo Archeologico di Ferrara).
IL FASCIO
LITTORIO
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Portatori di fasci, tomba del
convegno Tarquinia |

Fasci tra i fiori, serie
celebrativa del primo anniversario della marcia su Roma
(1923) |
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Il
fascio di Vetulonia |
Fasci
e aquile, disegno di Giacomo Balla (1923) |
Fasci,
ciminiere ed aerei, disegno di Giacomo Balla (1923) |
Velia (il cui nome vediamo
scritto con l’iniziale
Vel…) aveva sposato
Arnth Velcha(s), il cui nome è
riportato vicino al suo viso. Da qui l’errore del nome, anche
nel francobollo. Suo marito apparteneva a una importante
famiglia aristocratica di magistrati, e verosimilmente aveva
diritto a essere scortato dai littori con ascia bipenne e fascio
di verghe, come vediamo in questa immagine della Tomba del
Convegno (IV-III secolo a.C.) sempre di Tarquinia.
I fasci littori - come hanno lasciato scritto
anche alcuni autori dell’epoca - erano un antico simbolo etrusco
collegato al potere giudiziario dei magistrati, (come dimostrato
dal fascio in bronzo trovato nel 1898 da Isodoro Falchi a
Vetulonia nella tomba detta del littore), passato poi al mondo
romano. Le verghe rappresentavano il potere di punire i
colpevoli e l’ascia quello di comminare la pena di morte. Il
lictor scortava il magistrato (re, dittatore,
console, etc…) e ne eseguiva le sentenze.
Questo “portatore d’ascia” in etrusco era detto
zathlath, passato al latino come
satelles,
con il significato di guardia del corpo, cosa che era il
lictor
quando scortava il magistrato. Fu questo il
motivo che spinse Galileo Galilei, nel 1610, a dare il nome di
satellites ai quattro astri che aveva visto
girare attorno a Giove con il suo cannocchiale. Ne consegue che
quando usiamo il termine “satellite”, pur non sapendolo, stiamo
parlando etrusco.
Sin dall’inizio il
fascismo riutilizzò questo simbolo (ormai romano), anche sui
francobolli, a cominciare dalla serie (un milione di esemplari)
“Avvento del fascismo al potere” emessa il 24 ottobre 1923 per
il primo anniversario della marcia su Roma. La serie era
composta da sei valori. Tre valori - 10 centesimi (verde scuro),
30 (violetto) e 50 (carminio) - con fascio e fiori furono
disegnati da Duilio Cambellotti, mentre gli altri tre
francobolli furono disegnati dal futurista Giacomo Balla:
“aquila su fascio” da 1 Lira (azzurro) e da 2 Lire (bruno),
oltre a “Il Rinnovamento Materiale” da 5 lire (nero e azzurro),
ovvero aerei e ciminiere fumanti che allora rappresentavano il
progresso (ovviamente oggi non la vediamo più così). La serie fu
stampato a Torino e il primo giorno fu messa in vendita solo a
Torino. I valori commerciali dei francobolli del Balla sono
medio alti.
Anche in altre
emissioni ci furono dei soggetti con il fascio littorio
inserito, tra cui: la serie del 1923 (emessa il 29 ottobre,
quindi pochi giorni dopo la prima) “pro” Cassa Previdenza delle
Camicie Nere; la serie dei littoriali della cultura e dell’arte
del 1935; il giovane tra i fasci della serie del 1937 legata
alla mostra delle colonie estive; e un francobollo emesso nel
1945 dalla Repubblica Sociale Italiana, ma utilizzato con una
sovrastampa (in mancanza d’altro) anche dal CLN di Torino nello
stesso anno.
Il simbolo del fascio
fu stampato anche nella modulistica, come ad esempio nel modulo
per telegramma che vediamo (del 1928). Troviamo il fascio
littorio anche su francobolli non italiani, come il “french
occupation “ da 6 penny maltesi emesso nel 1965 da Malta per
ricordare l’occupazione napoleonica dal 1798 al 1800.
Il fascio e il
berretto frigio furono i simboli
della rivoluzione francese, e il fascio littorio è ancora
oggi l’emblema della Repubblica Francese. Nel 1800-1801
il fascio su il simbolo utilizzato dal Secondo Reggimento Ussari
della Repubblica Cisalpina, uno dei primi casi di bandiera
tricolore italiana. Anche se noi Italiani colleghiamo questo
simbolo al triste ventennio fascista e al fascismo in generale,
in realtà il fascio fu adottato negli emblemi di molti altri
casi (ad esempio a metà ‘800 dalla Società di Mutuo Soccorso dei
Materassieri di Genova) e stati esteri, infatti, è tuttora il
simbolo del Senato degli Stati Uniti.
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Serie Cassa previdenza delle
camicie nere (1923) |
Littoriali della cultura
(1935) |
Giovane tra i fasci (1937) |
Francobollo sovrastampato
dal CLN (1945) |
Telegramma con fascio
littorio (1928) |
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