GLi etruschi sono stati considerati dai popoli antichi come
dediti al lusso. In assenza di fonti letterarie dirette non si può che fare
riferimento ai ritrovamenti archeologici. Se consideriamo il periodo che va dal
IX al VII secolo a.C. con le tombe "principesche" rinvenute a Cerveteri,
Palestrina (Praeneste), Pontecagnano e Vetulonia dovremmo effettivamente credere
che l'ostentazione della ricchezza era una pratica diffusa nella ricca nobiltà
etrusca che evidentemente poteva permettersi un vasto ceto dipendente e di
conseguenza un notevole surplus economico che veniva tesaurizzato con oggetti
d'ornamento personale.
Questa esibizione di ricchezza tende a diminuire
notevolmente verso la fine del VII secolo a.C. per concentrarsi solamente in
quelle zone dell'Etruria interna dove lo sviluppo avvenne più in ritardo, in
seguito alla crisi dei commerci marittimi del Tirreno. Dopo questo periodo
l'ostentazione degli oggetti ricavati col prezioso metallo sembra riservata
all'autorità politica e a cerimonie pubbliche. In questo periodo si assiste
quindi a una divaricazione tra il consumo pubblico della ricchezza, delegato in
gran parte ai santuari, e quello privato, che subisce un forte
ridimensionamento. Tutta la decorazione dei massimi templi cittadini dell'Etruria
Meridionale, che data verso la fine del VI secolo, diviene la sede simbolica
della collettività e svolge la funzione di grande deposito di ricchezza.
La tecnica di lavorazione dell'oro era ispirata sia ai prodotti che arrivano
in Etruria attraverso gli scambi commerciali con il mondo orientale, in
particolare fenicio greco, sia alla lezione degli orefici delle colonie greche
del golfo di Napoli installatisi anche in Etruria.
A differenza dei metalli in genere, per l’oro gli Etruschi
non disponevano di risorse locali.
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