LA CULTURA DI RINALDONE

 

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di Giacomo Mazzuoli

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Il tipico vaso a fiasco, elemento comune dei corredi delle tombe rinaldoniane. Ischia di Castro, Museo Civico

Questa civiltà, che prende il nome di una località situata nel territorio del comune di Montefiascone al confine con quello di Viterbo dove fu scoperta casualmente, nel 1904, la prima necropoli attribuita a questa facies culturale. Il periodo di riferimento è quello dell’eneolitico (III – II millennio a. C.). Testimonianze rinaldoniane sono state scoperte, fino ad ora, tra Arno, Tevere e Mare Tirreno con una fortissima concentrazione di ritrovamenti lungo la vallata del fiume Fiora nella Maremma tosco-laziale (Ponte S. Pietro, Selvicciola, Porcareccia, tutte tra i comuni di Ischia di Castro e Pitigliano). Qui infatti si addensano le necropoli, uniche testimonianze che ci sono pervenute di tale cultura. Le tombe venivano ricavate nelle rupi scavando la roccia tenera (tufo) a grotticelle e a forno. La porta veniva chiusa da una pietra lastriforme, il cui materiale variava a seconda della zona, di solito scisto o calcare.

Il defunto era inumato e sistemato a corpo rannicchiato con le braccia flesse, le mani presso il viso e le gambe piegate con le ginocchia al grembo (inumato in c.d. connessione anatomica); In moltissimi casi però sono stati trovati resti di ossa disconnesse ammassate sul fondo della tomba insieme ad almeno uno scheletro connesso vicino alla porta. Il che fa pensare a deposizioni in tempi diversi e a particolari riti che avvenivano alla riapertura dei sepolcri. In alcuni casi è stata riscontrata la colorazione del cranio con cinabro. Un ritrovamento interessante è quello della cosiddetta tomba della Vedova (o Vedovella) rinvenuta nella necropoli di Ponte S. Pietro sul fiume Fiora, che ha dato il maggior numero di tombe spesso intatte. In questa tomba (il cui contenuto è oggi conservato al museo Pigorini di Roma) i corpi erano due, un adulto ed una giovane, la cui deposizione contemporanea è certa: la donna presentava lo sfondamento del cranio nella regione temporale destra; ciò fa supporre il seppellimento rituale della vedova che veniva uccisa presso il corpo del marito, che in questo caso doveva essere personaggio importante sia per il ricco corredo che per la presenza dello scheletro di un cane presso la porta del forno sepolcrale. In quasi tutte le  tombe rinaldoniane è stato rinvenuto un corredo ceramico, talvolta accompagnato ad armi ed ornamenti vari.

L’elemento distintivo e più diffuso del corredo della tomba è il vaso a fiasco in alcuni casi associato ad una ciotola o scodella. La frequenza con cui  il vaso a fiasco ricorre all’interno delle tombe rinaldoniane, sempre associato a inumati in connessione anatomica di entrambi i sessi e di tutte le fasce d’età, porta a supporre che avesse una funzione precisa collegata al rituale di deposizione.

È’ probabile che venisse posto all’interno della cella insieme all’ultima deposizione in connessione anatomica, come elemento di corredo che doveva accompagnare il defunto nel suo “viaggio” fino al momento successivo del rituale funerario, costituito dalla manipolazione e spostamento dei resti scheletrici. Del corredo funerario facevano spesso parte teste di mazza e asce. Pugnali e punte di freccia erano invece di selce. Infine, nelle tombe degli uomini di più alte rango si sono trovati elementi in metallo (asce piccole e piatte e corti aghi a sezione quadrangolare, di rame puro), e pezzi di antimonio: perle a barilotto e forme allungate,  forse tubolari per collane.

 

 

 



 

 

 

La tomba della vedova di Ponte S. Pietro. Museo Pigorini, Roma

La tomba della vedova di Ponte S. Pietro. Museo Pigorini, Roma

Asce a martello, Ischia di Castro, Museo Civico
Asce a martello, Ischia di Castro, Museo Civico
Punte di frecce, Ischia di Castro Museo Civico
Punte di frecce, Ischia di Castro Museo Civico
Ascia a martello, museo Pigorini, Roma
Ascia a martello, museo Pigorini, Roma
 
 
 
 

 

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