LA BATTAGLIA DI CUMA
L'irreversibile declino della potenza marinara degli Etruschi nel Tirreno

  Mappa del teatro della battaglia di Cuma

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di Giacomo Mazzuoli

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Le testimonianze dirette delle vicende storiche che hanno interessato gli Etruschi sono rare.

Ancora più rare sono le pagine di storia giunte fino a noi e scritte da loro stessi, gli affreschi della Tomba François per esempio.

Tutto quello che sappiamo ci è pervenuto dagli storici romani e greci che, nel raccontare i fatti in cui sono stati coinvolti gli Etruschi, non avevano certo il dono dell’obbiettività. Anche in quell’epoca infatti la propaganda rendeva necessario demonizzare o mitizzare i comportamenti dei popoli vicini per evidenti motivi di opportunità politica.

Un reperto che ci racconta con certezza di un evento che ha determinato la prima e decisiva crisi della talassocrazia etrusca è conservato al British Museum di Londra. Si tratta di un elmo etrusco in bronzo che riporta l’incisione di una frase in caratteri greci.

L’iscrizione è così tradotta: “Gerone, figlio di Deinomene, e i siracusani a Zeus. Preda tirrenia da Cuma”.

Quell’elmo apparteneva a un guerriero etrusco e fu preso a simbolo della vittoria dei siracusani contro la flotta etrusca a Cuma nel 474 a.C. Fu ritrovato durante gli scavi di Olimpia, dove fu probabilmente portato dallo stesso Gerone, tiranno di Siracusa, che si fregiò della decisiva vittoria che segnò il definitivo declino della potenza marittima degli Etruschi nel mare Tirreno.

Ma come si era arrivati alla battaglia di Cuma e perché gli Etruschi mossero guerra contro questa colonia greca nella regione campana?

La Magna Grecia era ormai una florida realtà dell’espansionismo ellenico nel Mediterraneo. La convivenza delle città della dodecapoli etrusca in Campania con le colonie greche era sempre più complicata. Il traffico di terra tra l’Etruria e la Campania era sempre più ostacolato dai popoli latini e rendeva le vie di mare sempre più strategiche per gli Etruschi che vedevano proprio nella città di Cuma, con il suo porto ben organizzato, una seria minaccia per la loro navigazione.

L’attacco prevedeva un assalto via terra  e uno dal mare. Ma i Cumani vennero a conoscenza in anticipo della strategia etrusca e chiesero aiuto a Gerone, tiranno di Siracusa, che non esitò a inviare in soccorso dei connazionali la sua intera flotta.

Proprio quando gli Etruschi stavano iniziando l’operazione di accerchiamento da terra e dal mare spuntò, inattesa, la flotta da guerra di Siracusa che gettò nello scompiglio le navi etrusche che furono costrette a cambiare rotta e a dirigersi verso il vicino capo Miseno. Qui, ai piedi della scogliera alta 160 metri a picco sul mare, s’accese una sanguinosa battaglia con un corpo a corpo tra navi che penalizzava fortemente i legni etruschi, temibili in mare aperto con i loro rostri, ma inoffensivi nei piccoli spazi. I siracusani affondarono e catturarono numerose navi, costringendo alla fuga le poche superstiti. L’esercito di terra, intimorito e scoraggiato, tolse l’assedio a Cuma e se ne tornò in patria.

Un’altra testimonianza della battaglia, oltre che dall’elmo con l’iscrizione greca, ci è giunta dal poeta greco Pindaro che celebra, naturalmente con toni trionfalistici, la vittoria dei suoi compatrioti. Ecco come, nella sua Prima Ode Pitica:

“ Ti supplico, Zeus, dammi un cenno: si tenga tranquillo il grido di guerra fenicio, e ammutolisca quello dei tirreni! Essi videro la flotta gemente espiare dinanzi a Cuma il crimine, costretti dal signore di Siracusa, che scagliava dalle navi veloci il fiore della gioventù guerriera dei tirreni, a liberare l’Ellade dal giogo di una gravosa servitù”.

Il riferimento ai Fenici fa supporre che nella battaglia furono impegnate anche navi cartaginesi, alleati degli Etruschi contro i Greci. Occorre infatti considerare, per meglio comprendere i giochi delle alleanze, quale fosse lo scacchiere internazionale nel Mediterraneo del V secolo a.C.

Nella infinita contesa tra Greci e Persiani questi ultimi potevano contare sull’alleanza con i cartaginesi che vedevano nella potenza marinara dei Greci, e nella loro espansione con le colonie italiche, una seria minaccia ai loro traffici marittimi. Gli interessi commerciali degli Etruschi erano ancor più minacciati dall’espansionismo greco in Italia meridionale e non è escluso che anch’essi parteciparono al progetto di guerra che vide Persiani e Cartaginesi alleati contro l’Ellade.

Si trattò di una gigantesca combinazione politica che, con una manovra a tenaglia, prevedeva due attacchi contemporanei, uno a Oriente e l’altro a Occidente. Così, nel 480 a.C. Serse, figlio e successore dell’imperatore persiano Dario, invase la Grecia col suo esercito appoggiato da una possente flotta. Amilcare, a capo di una gigantesca armata di trecentomila cartaginesi invase la Sicilia e puntò verso Imera, avamposto Occidentale dei Greci nell’isola. Ma gli eventi incredibilmente precipitarono: A Salamina la flotta persiana subì una durissima sconfitta e nello stesso giorno l’esercito di Amilcare fu sconfitto dai Greci guidati da Terone d’Agrigento e dal suo genero Gerone di Siracusa.

Così molti dei sogni degli alleati Cartaginesi ed Etruschi vengono infranti, fino a perire miseramente per questi ultimi sei anni più tardi a Cuma, nelle circostanze che abbiamo descritto. La Campania etrusca, privata della via di terra come quella di mare era definitivamente isolata dall’Etruria del nord e le città costiere di Cere e Tarquinia persero grandi volumi di traffico commerciale e ne soffrì pesantemente il prestigio e l’economia di tutto il mondo Etrusco.

 

 

 

L'elmo etrusco di bronzo con dedica in lingua greca. British Museum di Londra

Il tempio di Zeus a Cuma
Il tempio di Zeus a Cuma
Disegno di navi etrusche
Disegno di navi etrusche
Capo Miseno, dove avvenne la battaglia navale di Cuma nel 474 a.C.
Capo Miseno, dove avvenne la battaglia navale di Cuma nel 474 a.C.
Il  Mediterraneo nel V secolo a.C.
Il  Mediterraneo nel V secolo a.C.
 
 

 

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