Il fanum Voltumnae, secondo
quanto riferito dallo storico romano Tito Livio, era il luogo delle
riunioni annuali dei rappresentanti della lega delle città etrusche per
dibattere di importanti questioni anche di politica estera, come
accadde per esempio a proposito dello scontro fra Veio e Roma. Durante
questi incontri oltre alle cerimonie religiose, si svolgevano anche
fiere, mercati, spettacoli teatrali e giochi solenni che era proibito
interrompere. Il luogo quindi doveva essere vasto e provvisto di grandi
spazi per accogliere i numerosi partecipanti al convegno politico
religioso e per le altre manifestazioni.
La localizzazione geografica
del fanum è stata ricercata, senza successo, fin dal XV secolo. I
tentativi sono stati molteplici ma i risultati non sono stati mai
confortati da una prova decisiva. Le ipotesi hanno interessato molte
località, da Viterbo a Bolsena, da Viterbo e Montefiascone fino al Voltone, nei
pressi di Farnese. In realtà l'unico indizio scritto sulla
localizzazione del fanum si trova in un'epigrafe di età imperiale
romana, molti secoli dopo la fine dell'indipendenza dell'ultima città
etrusca.
Si tratta del cosiddetto
rescritto di Spello, una disposizione con la quale l’imperatore
Costantino concede agli Umbri di poter celebrare le loro annuali
cerimonie religiose ed i ludi ad esse connessi secondo una antica
tradizione, proprio a Spello e senza doversi più recare, per celebrarli
con gli Etruschi "apud Volsinios". Era perciò sicuramente
presso Volsini il luogo dove tradizionalmente si svolgevano le
cerimonie politico religiose della federazione etrusca, perlomeno in
epoca romana. C'è naturalmente da credere che ciò avvenisse anche
quando gli Etruschi erano i dominatori incontrastati dell'Italia
centrale.
Un problema sorge quando si
pensa che Volsini per i romani era il nome di Orvieto prima che venisse
da essi stessi distrutta, ma fu anche il nome di Bolsena dopo che gli
abitanti di Orvieto vi furono deportati. Poi c'è da comprendere il
significato di quell' "apud" che potrebbe anche voler dire nei
dintorni e chissà in quale raggio.
Negli ultimi anni le ricerche
del fanum si stanno concentrando, a cura degli studiosi dell'Università
di Macerata, proprio nei pressi di Orvieto, in una località denominata
Campo della Fiera situata ad Ovest del pianoro tufaceo sul quale sorge
la città del Duomo. Qui si apre una estesa area pianeggiante che deve il proprio nome
al fatto di essere stata per secoli sede di fiere e mercati periodici.
In questa zona già allo scorcio del XIX secolo si avviarono indagini
archeologiche che rivelarono la presenza di un rilevante luogo di culto
etrusco. Nel 1876, nella contrada denominata “Giardino della Regina”,
tornarono infatti in luce resti di strutture murarie in tufo con
elevati fino a m. 1,50 e si recuperarono le interessanti e pregevoli
terrecotte architettoniche attualmente conservate al Pergamon Museum di
Berlino.
Gli scavi condotti un
decennio più tardi evidenziarono l’esistenza di una strada
basolata e resti di edifici di epoca romana, terrecotte architettoniche
di epoca etrusca, sepolture etrusche e romane, epigrafi sepolcrali
ancora di età romana.
Lo scavo nell’area è stato
riavviato nel 2000 ed è proseguito con campagne annuali che hanno
restituito, di volta in volta, materiali e strutture sempre più
numerose. La superficie dell’area indagata finora è di circa tre ettari
e si presenta particolarmente articolata. In uno dei settori più
elevati è stato messo in luce un poderoso muro (largo oltre m. 2.50),
realizzato a secco e con paramento in opera poligonale su un lato,
probabilmente eretto in età augustea; immediatamente a valle è stata
individuata una sorta di platea che copriva, in parte, uno scarico di
terrecotte architettoniche di notevole qualità e di diversa cronologia.
Poco a Sud-Est del grande
muro ed in posizione altrettanto prominente, è tornata in luce una
potente struttura in conci di tufo nella quale è verosimile leggere il
basamento di un imponente edificio, con ogni probabilità di
destinazione templare; questa è affiancata da un recinto che delimita
un’area occupata da una fontana monumentale per la quale è possibile
suggerire un ruolo importante per lo svolgimento del culto. L’area di
scavo posta a quota leggermente inferiore rispetto a quelle cui si è
appena fatto cenno è attraversata da due strade basolate, una delle
quali si dirige proprio l’area ove insistono basamento e fontana. Tale
percorso viario, di epoca etrusca e da identificare come la Via Sacra
del santuario, si sovrappone ad uno precedente realizzato in epoca
arcaica. E’ attualmente in luce per più di 60 metri ed in alcuni punti
supera i sei metri di larghezza.
La seconda strada basolata,
di epoca ellenistica, è stata al momento scoperta per una lunghezza di
circa 50 metri: questo tracciato, largo 5 metri e caratterizzato in
molti punti da solchi provocati dal passaggio di carri, collegava
Orvieto con Bolsena. La porzione centrale dell’area è occupata da un
vasto recinto all’interno del quale è insiste un tempio affiancato da
due pozzi e preceduto da due altari, uno in trachite, l’altro in tufo,
ai quali sia appoggiano strati caratterizzati da residui di
inequivocabili azioni sacrificali; lungo uno dei lati dell’altare di
tufo è stato inoltre opportunamente apprestato un thesaurus, rinvenuto
ancora integro (il contenitore conservava ancora il proprio
“coperchio”), che ha restituito più di duecento monete di bronzo e di
argento.
Del tempio, oltre a due
filari della fondazione in conci di tufo, si conserva anche il livello
pavimentale in cocciopesto che frammenti lapidei policromi e crocette
bicrome rendono più raffinato. Nello spazio compreso tra gli altari ed
il tempio è inoltre tornato in luce un busto marmoreo, per il quale è
stata proposta l’identificazione con quello dell’imperatore Geta,
accuratamente seppellito in una fossa, dato che sembra imputabile alla
damnatio memoriae subita dallo stesso imperatore.
Tra i numerosi reperti
rinvenuti per qualità e quantità spiccano sicuramente le terrecotte
architettoniche. Caratterizzate perlopiù da una policromia ancora
estremamente vivida, coprono un arco cronologico piuttosto ampio,
compreso tra la fine del VI e gli inizi del III sec. a.C. Cospicuo
anche il ritrovamento di consistenti frammenti di ceramiche
attiche, a figure nere e rosse, appartenenti a crateri e coppe di
grandi dimensioni, probabili doni votivi offerti al santuario. Seppure
di dimensioni contenute anche i numerosi bronzi figurati forniscono una
preziosa conferma della sacralità dell’area.
Nonostante i molti indizi
l'invito alla cautela è d'obbligo e proviene da fonti decisamente
autorevoli. Il professore Giovanni Colonna, ordinario di Etruscologia e
Archeologia italica all'Università "La Sapienza" di Roma, nonché
Accademico dei Lincei afferma: "Prima di gridare all'eccezionalità del
ritrovamento del santuario federale degli Etruschi, ci andrei cauto,
serve prudenza, perché mancano ancora elementi importanti che ci
possano far affermare che siamo davvero in presenza del Fanum Voltumnae".
Importanti le obiezioni sollevate dall'archeologo. "Si è un po'
sconcertati dalle piccole dimensioni dell'edificio sacro rinvenuto -
spiega il professor Colonna - che sono di soli 6 metri per 6. Anche se
questo non è un elemento dirimente. Ma soprattutto -aggiunge- invito
alla prudenza perché non sono stati ancora ritrovati doni votivi e non
sono state ancora rinvenute le iscrizioni al dio Voltumna. Prima di
dire che questo è il santuario federale, il 'Concilium Voltumnae'
-sottolinea- attenderei questi elementi". Alcune circostanze, invece,
secondo il professor Colonna, potrebbero "deporre a favore del luogo in
cui è stato fatto il ritrovamento. L'ubicazione della Lega etrusca a
Volsinii - conclude l'archeologo - risale infatti a re Porsenna,
all'ultimo quarto del VI secolo avanti Cristo". L'importanza di ritrovare
l'iscrizione sacraria è sottolineata anche dal professor Mario Torelli,
ordinario di Archeologia Classica all'Università di Perugia ed esperto
di etruscologia. "Personalmente credo alla scoperta, ma la mia
convinzione personale è ben diversa e lontana dall'essere un fatto
scientifico. Comunque, non si potrà avere la certezza assoluta finché
non si ritroverà l'iscrizione, ma, francamente, credo sia improbabile
che succeda".
Evidentemente la certezza di
aver scoperto il mitico Fanum Voltumnae degli Etruschi è ancora
lontana.
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Veduta aerea di un settore degli scavi
con il tempio etrusco in loc. Campo della Fiera a Orvieto
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Veduta della
rupe di Orvieto, al centro della foto l'area di Campo della Fiera |
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L'area
interessata dagli scavi |
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Particolare
degli scavi visto dall'alto |
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Resti di
ceramiche fittili che decoravano il tempio |
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Frammenti di
ceramiche a figure rosse e nere |
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