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Tutti questi ritrovamenti, a sud e a nord dell’Appennino Tosco-Emiliano-Romagnolo,
sono qualcosa di tangibile e che non fanno pensare a oggetti lasciati casualmente da
commercianti etruschi durante i viaggi verso il nord (Emilia-Romagna) o dal nord
verso il sud delle città dellEtruria meridionale. Ciò può anche essere vero, ma in
parte. L’ipotesi più probabile è che la zona appenninica fra Senio (Palazzuolo),
Santerno (Firenzuola), Monterenzio (Idice), Reno (Marzabotto), doveva essere ben più
popolata da genti etrusche di quanto si è finora creduto. Lo testimonierebbero oltre
ai rinvenimenti, i toponimi di derivazione etrusca e, non ultimo, la simbologia.
La “tangibilità” della presenza etrusca, via via che passa il tempo e che si
approfondiscono gli studi, diventa sempre più marcata, se si tiene conto anche del
simbolismo, fortemente diffuso, in quei luoghi. Il simbolo, da sempre, presso tutte
le civiltà antiche, è stato il segno, o meglio, il sigillo o la figura
rappresentativa di un’idea, di un concetto, ma anche della qualità delle cose, o del
rango sociale di un personaggio. Possiamo tranquillamente affermare che il
simbolismo ha preceduto la scrittura (che pure è autentico simbolismo), ha
convissuto con essa per secoli, forse millenni. I simboli hanno avuto sempre grande
considerazione presso le popolazioni antiche, le quali, hanno pensato ad essi come
“portatori” di valenza magica, esoterica e religiosa. Basti pensare alle “rune”
celtiche, ai segni della cabala, ai segni zodiacali, all’astronomia, e, non ultima,
l’alchimia. Il Medioevo, in particolare, per far riferimento a un’epoca non troppo
lontana da noi, ha tenuto molto in considerazione la simbologia, dei colori, dei
numeri, ecc. Basta recarsi in una delle nostre belle chiese romaniche italiane (o
francesi) per trovare nelle icone, negli affreschi, nelle sculture e
nell’architettura una sovrabbondanza di simboli laici e religiosi, che l’uomo
moderno, superficiale, fa fatica a comprendere.
La simbologia è stata da sempre un riferimento, una regola fissa, ma, talvolta,
anche una necessità. Dobbiamo tornare per questo al tempo dei primi cristiani e al
diffuso simbolismo delle Catacombe, dove il Cristo veniva presentato con il simbolo
del pesce, per indicare la lettera greca, iniziale del Cristo, oppure con l’Alfa e
l’Omega, due lettere greche indicanti l’inizio e la fine , cioè la vita e la morte,
oppure nella forma rovesciata, morte-vita per indicare il fine escatologico
dell’essere vivente e, ancora, per indicare il Dio, l’Essere supremo e superiore,
insomma “Colui-che-è”.
Il Rinascimento, periodo caratterizzato dalla riscoperta dei valori dell’uomo e del
suo mondo, dalla riscoperta della classicità e del paganesimo, ma anche periodo di
forti contrasti materialistico-religiosi metterà in second’ordine (per usare un
eufemismo) il simbolismo, sostituendolo con l’allegoria paganeggiante, che è
tutt’altra cosa.
A Frassineta di Piedimonte presso Palazzuolo (Firenze), in un antico resedio rurale,
su una finestra arcaica, è raffigurato un personaggio, una donna che lancia in aria
una ruota, entro la quale è iscritta una croce polare. La ruota, secondo l’antica
simbologia, rappresenterebbe il cielo o l’universo, mentre la croce polare l’unione
di due principi, cioè il cielo (principio attivo) e la terra (principio passivo).
Questo simbolismo, che forse però è anche una allegoria (simbolismo e allegoria, pur
nella loro definizione concettuale ben precisa, sono concetti astratti, e molte
volte si fondono l’uno nell’altro: il simbolismo nell’allegoria e viceversa),
starebbero a significare che la donna (principio passivo), regge nelle sue mani la
terra (ancora principio passivo) e il genere umano (principio attivo e passivo). La
donna è anche simbolo della spiritualità sacerdotale, colei che ha generato il
genere umano: la fattrice, la Madre. Questa simbologia donna-ruota (terra) è
comunissima nell’antichità e, in particolare, la donna che lancia in aria la ruota
si ritrova su vasi attici e nella simbologia etrusca. Ciò non vuol dire però che ci
sia un legame diretto fra la raffigurazione di Frassineta di Piedimonte di
Palazzuolo e i Greci o gli Etruschi. In altre parole, non è detto che per via di
quella raffigurazione di Frassineta (che è una derivazione diretta della cultura
greco-etrusca), o per altre risultanze simili, si possa affermare con sicurezza
assoluta che gli etruschi abbiano abitato massicciamente, con numerosi villaggi,
queste zone montane fra Toscana e Emilia-Romagna. Anche se scavi abbastanza recenti,
condotti dalla Soprintendenza Archeologica per l’Emilia Romagna, hanno accertato la
“presenza” di insediamenti etruschi a Monte Bibele (Idice), che non dista molto da
Frassineta di Piedimonte. Un altro esempio di come attraverso la simbologia presente
nellAppennino, nelle sue forme più svariate, si possono fare ipotesi circa la
discendenza di quelle popolazioni da una civiltà piuttosto che da un’altra.
©Copyright Paolo Campidori
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