I porti antichi di Vulci tra mito e realtà: un ponte tra Sardegna ed Etruria?


 

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parte seconda 

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di Vittorio Gradoli (Presidente AssoPaguro Montalto di Castro)

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Fig. 10. Ipotesi ricostruttiva del porto di Regisvilla ( Associazione subacquea Assopaguro)

La città di Vulci, durante i “secoli d’oro” della sua storia, era in contatto con tutto il mondo più evoluto dell’epoca.

Raffinate ceramiche attiche, preziosi balsamari orientali, splendidi gioielli dalle forme più inconsuete, ornavano le case e le persone dei ricercati abitanti della metropoli etrusca.

Di contro, esportava in tutto il Mediterraneo i suoi tesori: buccheri, bronzi, vino.

Ma come giungevano a Vulci queste merci? E le mercanzie che di li partivano, come facevano a raggiungere località distanti anche parecchie centinaia di chilometri?

            Possiamo certamente dire che i preziosi carichi arrivavano nella florida città etrusca prevalentemente via mare. E’ assodato che nel mondo antico era questo il modo migliore per viaggiare e per trasportare le merci, soprattutto per le lunghe distanze e per i grossi carichi. Certo, non mancavano le vie di comunicazione terrestri, però le “strade” di allora erano frammentarie, senza manutenzione e le rotture dei carri da trasporto erano all’ordine del giorno. Inoltre, erano infestate da pericolosi briganti.

            Allora, come adesso, le imbarcazioni da carico avevano bisogno di porti in grado di accoglierle e, all’occorrenza, di ripararle (fig.1 e fig. 2)

In antichità i primi porti sorsero in prossimità di insenature naturali. In seguito, grazie all’invenzione della malta idraulica, poterono essere costruiti anche in zone prive di ripari naturali. Questo particolare tipo di cemento era in grado di resistere all’azione dell’acqua e fu utilizzato inizialmente dai greci, ma fu perfezionato poi dai romani. In virtù di questo, la flotta imperiale romana e le capienti navi onerarie, conquistarono ogni angolo del Mediterraneo

 

Ma qual era la situazione di Vulci?

Lo studio dei porti di Vulci è molto complesso. A tutt’oggi non sono stati fatti scavi sistematici volti ad indagare l’ aspetto ”marinaro” della vita di Vulci, e le cognizioni acquisite fin d’ora sono in gran parte il riflesso di indagini archeologiche di tipo “terrestre” (fig 4)

 La ricerca archeologica delle coste deve valutare alcuni elementi importanti.

Per prima cosa bisogna aver ben presente la situazione meteorologica del tratto di costa in esame.

Gli antichi costruivano i propri porti tenendo in considerazione i venti prevalenti in modo tale da porre le principali opere difensive proprio contro questi venti.

Il settore dal quale provengono questi venti e quindi i moti più pericolosi del mare, ( il cosiddetto settore di traversia) , a Montalto è il settore compreso tra gli azimut 147° e 277° (Fig. 5). E’ ovvio che gli antichi, attenti osservatori della natura, lo sapevano e, nella costruzione di un approdo nel territorio di Vulci, di certo avrebbero attuato le misure necessarie per proteggersi dai pericolosi venti di libeccio e di scirocco, appunto i venti provenienti dal settore di traversia della costa in esame.

L’altro elemento da tener presente è quello riguardante le variazioni della linea di costa. Nelle varie epoche, il Mediterraneo ha subito periodici innalzamenti ed abbassamenti di livello. Nel VI-V sec. a.C. il livello marino si trovava circa 1,50 mt. al di sotto di quello attuale: la linea di costa era più avanzata dell’attuale (Fig. 6).

 

E’ accertato che Vulci disponeva di due porti.

Il primo, il più antico, era il porto canale situato alla foce del fiume Fiora. 

Il fiume era certamente navigabile e le merci che vi giungevano potevano essere facilmente trasportate, tramite chiatte trainate da funi, verso la città di Vulci.  (P.Gianfrotta)

 La recente scoperta di imponenti opere di contenimento in mattoni di tufo adiacenti al corso antico del Fiora ( presso Ponte rotto), sta ad indicare che in quel luogo potevano attraccare le chiatte che trasportavano le merci giunte alla foce del fiume dai più disparati luoghi dell Mediterraneo.

Alcune importanti fonti storiche fonti citano il porto Canale . Si tratta dell’ Itinerarium Maritimum Antoninii, e della celebre Tabula Peuntingeriana.( Fig. 7) 

L’altro grande Porto fu quello di Regisvilla o Regae  secondo una più antica denominazione di origine focese. Questo secondo termine deriverebbe da “Regai” che significa “scogliera”, ed è situato in prossimità di Punta delle Morelle, a Montalto Marina. (Fig. 8)

 Anche questo approdo  è citato nell’Itinerarium Maritimum, dove viene posto a VI miglia da Quintiana.

 La denominazione di Regisvilla (la “Città del Re”), citata da Strabone, ha un suo significato.

Il grande storico e geografo greco, afferma che a Regisvilla avrebbe regnato Maleos, il Re dei Pelasgi, che da li poi sarebbe partito alla volta di Atene.

 Pur trattandosi di una leggenda, questa testimonianza è importante, perché ci indica dell’importanza e dell’arcaicità del luogo, e ci da un’idea degli antichi contatti stabiliti con i greci.

Il primo ad occuparsi del porto fu G.M. De Rossi. Il topografo prese in esame una fotografia aerea della zona, scattata dalla RAF  nel 1943. ( figura 10) Oltre alle tracce visibili nell’area retrostante la linea di costa, De Rossi notò un’area, a poca distanza dalla riva, in cui le onde del mare si frangevano, cosa che avviene ancora oggi. La conclusione più importante fu che questa zona dovesse essere il molo frangiflutti del porto di Regivilla. Tracciò in seguito una sua ipotesi sulla conformazione del porto antico.  (Figura 11)

 G.Colonna, invece,  riferisce che il porto fu attivo fin verso il Medioevo e che tale porto fu rivendicato dal Comune di Tuscania.

Da successive ricognizioni effettuate nel territorio limitrofo, reperì materiali relativi al VI ed al V sec. a. C. ma non materiali più antichi. La struttura, quindi, avrebbe preso a funzionare dall’ età tardo arcaica, e non in precedenza.

E. Tortorici, infine,  ipotizzò che Regisvillae poteva assicurare un efficace ridosso ad imbarcazioni medie e piccole e che il suo scopo era quello di fornire sosta momentanea. Per le soste più lunghe doveva bastare la foce del fiume Fiora. Effettuò anche una serie di saggi durante i quali rilevò una serie di interessanti resti nella parte meridionale del recinto rilevato dalla foto aerea. Le strutture erano pertinenti a parti di un quartiere di età tardo-arcaica, forse i magazzini del Porto. ( Fig. 12)

 Questi gli studi finora svolti nei riguardi dei Porti di Vulci.

 

L’Associazione Subacquea Assopaguro di Montalto, ha dal canto suo svolto alcune ricerche per cercare di portare nuovi elementi alla comprensione del sistema portuale di Vulci.

In seguito ad alcune ricognizioni preliminari, sono state rilevate alcune strutture sommerse ad andamento perpendicolare alla costa e poste a Sud Est della diga frangiflutti.

Tali elementi potrebbero essere le strutture meridionali del porto di Regae. ( Figg. 13 e 14)

Le strutture, rilevate per la prima volta dai sub dell’ Assopaguro, sono costituite da muraglioni alti circa 1 - 1,5 metri costituiti da ciottoli fluviali fortemente cementati tra loro. La loro altezza è variabile (altezza media circa 1,5 metri) e la profondità massima alla base è di circa -4,5 metri.

Sebbene tali strutture possano anche essere i residui del letto di un antico fiume, è possibile tuttavia che siano effettivamente delle costruzioni artificiali. Soltanto analizzando i risultati di un attento carotaggio potremmo sciogliere il dubbio. La presenza di  tracce di malta idraulica, sarebbe infatti indicativa di un intervento umano.

Quest’ultima ipotesi confermerebbe la nostra tesi sulla struttura originaria del porto di Regae.

La sua conformazione sarebbe quindi simile a quella di altri porti sorti in luoghi del Mediterraneo con caratteristiche geomorfologiche simili a quelle delle coste montaltesi.

Un porto costituito quindi da due moli (settentrionale e meridionale) non raccordabili con la massicciata frangiflutti, l’unica struttura da sempre visibile. Una simile disposizione eviterebbe anche l’insabbiamento del porto stesso. (figura 10)

Concludo auspicando una successiva e definitiva campagna di scavo sotto l’egida della Soprintendenza e delle Autorità preposte, data l’importanza del sito, per meglio comprendere le dinamiche commerciali di una tra le zone archeologiche più importanti d’Italia.

 

VITTORIO GRADOLI, Presidente ASD Assopaguro, Montalto di Castro

 

Bibliografia

 

Vittorio Gradoli, in Montalto di Castro, storia di un territorio, vol 1, Zetacidue Ed., 2007

 

P.Gianfrotta, in Etruria meridionale, Quasar ed, 1988

 

G.M. De Rossi in Quaderni dell’ Istituto di Topografia Antica dell’ Università di Roma, De Luca, 1968

 

G.Colonna, invece Atti del X Convegno di Studi Etruschi ed Italici, 1977

 

E. Tortorici Ricognizione archeologica- Nuove ricerche nel Lazio, 1981

 

Giulio Schmiedt  Il livello antico del mar Tirreno, Olschki, 1972

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fig. 2: Ricostruzione di una nave etrusca – Giulia Pettena, da “Gli etruschi e il mare”, ed. ANAKE

Fig. 2: Ricostruzione di una nave etrusca – Giulia Pettena, da “Gli etruschi e il mare”, ed. ANAKE

Fig. 1: Ricostruzione di una nave etrusca dalla “tomba della nave” – Tarquinia
Fig. 1: Ricostruzione di una nave etrusca dalla “tomba della nave” – Tarquinia
Fig. 3: Schema di porti  antichi
Fig. 3: Schema di porti  antichi
Fig 4:  Ricostruzione delle principali vie di comunicazione del territorio di Vulci, da Montalto di Castro, storia di un territorio, vol 1, Zetacidue Ed.
Fig 4:  Ricostruzione delle principali vie di comunicazione del territorio di Vulci, da Montalto di Castro, storia di un territorio, vol 1, Zetacidue Ed.
Fig. 5: Il settore di traversia della costa vulcente
Fig. 5: Il settore di traversia della costa vulcente
Fig: 6: Le variazioni della linea di costa
Fig: 6: Le variazioni della linea di costa
Fig. 7: Itinerarium Maritimum Antoninii
Fig. 7: Itinerarium Maritimum Antoninii
Fig.8: Itinerarium maritimum Antonini (III sec.), Tabula Peutingeriana (copia medievale di una carta itineraria romana del III – IV sec.)
Fig.8: Itinerarium maritimum Antonini (III sec.), Tabula Peutingeriana (copia medievale di una carta itineraria romana del III – IV sec.)
 
Fig.9: Strabone
Fig.9: Strabone
Fig. 10: Fotografia aerea della zona, scattata dalla RAF  nel 1943
Fig. 10: Fotografia aerea della zona, scattata dalla RAF  nel 1943
Fig. 11: Ipotesi De Rossi su Regisvilla
Fig. 11: Ipotesi De Rossi su Regisvilla
Fig. 12: Le strutture tardo-arcaiche rilevate a Regisvilla durante gli scavi (1977-1980)
Fig. 12: Le strutture tardo-arcaiche rilevate a Regisvilla durante gli scavi (1977-1980).
 
Fig. 13: Strutture rilevate nel corso delle ricognizioni subacquee a Regisvilla
Fig. 13: Strutture rilevate nel corso delle ricognizioni subacquee a Regisvilla
Fig. 14: Strutture  rilevate ad una profondità variabile dai 2,5 mt. ai 4,5 mt
Fig. 14: Strutture  rilevate ad una profondità variabile dai 2,5 mt. ai 4,5 mt

 

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