I SITI ARCHEOLOGICI DELLA
TUSCIA DIMENTICATI E ABBANDONATI
Testi e foto di Roberto Caponeri
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contenuto
Alcune riflessioni dopo il mio viaggio alla riscoperta dei luoghi
archeologici della Tuscia:
1^
Parte
“Questa è la Tuscia,
una terra da scoprire nel segno della cultura del primo e più grande popolo
d’Italia, nell’andare cosciente per millenari sentieri, per avvertire il
soffio e la sapienza della vita negli abitati deserti e nelle molteplici
necropoli, nei luoghi tutti che una profonda esperienza umana ha reso
sacri.” (P. GIANNINI -Ass.ne Guide Turistiche prov. di Viterbo).
...io aggiungo ...
che incuria, lassismo e scarsa attenzione da parte di chi dovrebbe
proteggere, curare e rendere disponibili tali tesori alle generazioni
future, stanno facendo sì che quei luoghi tutti che una profonda
esperienza umana ha reso sacri tornino nell’oblio o, peggio ancora,
divengano fogne a cielo aperto...Dopo aver visitato il sito di Monterozzi a
Tarquinia, dove le tombe sono protette, controllate, umidificate, illuminate
e addirittura periodicamente chiuse al pubblico per rendere minima ogni
possibilità di degrado, viene quasi un groppo in gola a constatare
l’abbandono e quasi il rifiuto di ogni forma di protezione e sviluppo
turistico verso questo ed innumerevoli altri siti di grande interesse
archeologico presenti in provincia di Viterbo e dintorni.
Perchè non impegnare
risorse nell’assunzione di personale stabile da adibire alla tenuta, al
controllo ed al miglioramento di questi luoghi rilanciandone la promozione
turistica? Certamente contribuiremmo alla soluzione del grande problema
della disoccupazione ottenendo anche l’ottimo risultato di rendere a questi
luoghi l’interesse e la dignità che meritano.
Visitare il sito
archeologico di Norchia o quello di Castel D’Asso dove è fortunatamente
ancora possibile poter ammirare non solo le tombe ma anche tutta
l’architettura etrusca, che io considero alla stregua di quella faraonica,
fa venir voglia di veder tornare al loro posto quei sarcofagi oggi ammassati
in cortili museali e renderli lì visibili ai visitatori. A differenza degli
antichi egizi che nascondevano il più possibile le loro tombe nel tentativo
di renderle dimore eterne, gli etruschi mostrano di non aver temuto
eccessivamente, almeno in alcuni periodi, le profanazioni. Infatti, in
alcuni siti le tombe scavate nel tufo a livello del terreno sono addirittura
evidenziate nella parte superiore della parete rocciosa con incisione di
finte porte che indicano chiaramente a tutti la presenza della tomba.
Ricordo che qualche
anno addietro facendo un giro della costa atlantica francese, lessi su
qualche opuscolo di promozione turistica che vicino al posto dove in quel
momento mi trovavo, esisteva un imperdibile sito archeologico da visitare.
Nonostante viaggiassi con al seguito una roulotte, decisi ugualmente di
percorrere quei cinquanta chilometri che mi dividevano dal sito indicato.
Lungo la strada trovai cartelli indicativi chiarissimi ad ogni incrocio fino
a quando, arrivando sul posto tanto pubblicizzato, guardando in faccia mia
moglie, scoppiammo in una grossa risata: il sito era rappresentato da un
monolito alto una decina di metri del diametro di circa due al centro di una
pianura e nient’altro: certamente apprezzabile ma niente, e dico niente, a
confronto con ciò di cui stiamo parlando.
Viaggiando è questa
una realtà che viene alla luce: Paesi che non hanno grandi tesori artistici
o archeologici riescono a promuovere in modo più che apprezzabile quel poco
che hanno, creando interesse per il turista in cerca d’emozioni. Ma quale
emozione supera quella di poter entrare in una camera scavata nel tufo circa
tremila anni fa, chiudere gli occhi per un attimo e riuscire a rivedere la
fiaccola accesa per far luce ai familiari che sistemano piatti, anfore e
brocche con gli alimenti che dovranno condurreall’immortalità quel
loro congiunto?