2^ parte
Ho vissuto per tanti anni su una terra che ancora oggi, dopo quasi tre millenni, oltre a profumare di finocchio selvatico, di mentuccia o nipitella e di una gran varietà d’erbe selvatiche con le quali prepariamo ottime insalate che chiamiamo misticanze, sa e parla ancora Etrusco ed ho vissuto i numerosi siti archeologici presenti nella Tuscia soltanto come luoghi nascosti dove andando a caccia c’erano maggiori probabilità di trovare selvaggina. E’ solo da qualche anno che, viaggiando in Europa e nel mondo, ho cominciato a vivere ed apprezzare in modo diverso i vari siti archeologici presenti un poco ovunque.
In Italia ed in particolare nella Tuscia le tombe etrusche si trovano dappertutto. Addirittura diventa difficile riconoscerle proprio perché, essendoci sempre state, non riusciamo più a vederle perché fanno parte oramai del nostro quotidiano: le abbiamo sempre avute davanti agli occhi, magari ne abbiamo anche condiviso l’uso come ripostigli, ricoveri, garage ecc...
Ho fatto un sogno stanotte...
Sono tornato dopo tanti anni a visitare la “grotta porcina” in comune di Vetralla, provincia di Viterbo, regione Lazio, Italia. Ho avuto la gradita sorpresa di incontrare cartelli indicatori che, senza alcuna possibilità d’errore, mi hanno condotto alla località. La stradina da percorrere a piedi, lasciata l’auto, era in ordine, senza buche e senza quei pericolosi dislivelli che io ricordavo. All’ingresso del Sito una casetta-ufficio in legno ben strutturata ed in tono con il paesaggio circostante con accanto una bacheca e le indicazioni generali per la visita. Al suo interno tre giovani pronti ad aiutare chi ne faceva richiesta. Nessuna traccia di cartacce e preservativi che ricordavo ancora dalla mia ultima visita. Mi ha subito colpito quella passerella in legno che conduce alla piccola piattaforma che consente la visita delle tombe a dado presenti sulla sommità della roccia senza rischi di scivolare sul tufo sbriciolato. Ancora più meravigliato ed affascinato quando, affacciatomi all’ingresso della prima tomba, ho potuto ammirare al suo interno un bellissimo sarcofago che non avevo mai visto prima ma che doveva essere stato ritrovato proprio lì al tempo della profanazione. All’interno, un poco al buio ma con la possibilità di accendere una luce per il tempo necessario, accanto ai letti di deposizione un cartello con le foto di tutti gli oggetti lì ritrovati con l’indicazione del museo che ora li conserva. Più accanto, nell’altra tomba uno dei ragazzi assunti dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Soprintendenza Archeologica Etruria Meridionale per il mantenimento e la protezione del Sito, stava ripulendo dai ciuffi d’erba tutto attorno all’ingresso. Leggendo con attenzione le indicazioni presenti in bacheca ho potuto prendere visione del programma che prevede due rappresentazioni settimanali, il venerdì ed il sabato con suoni, canti e banchetto finale con cibi tipici. Tavoli, panche e brocche di vino porteranno lo spettatore a calarsi nella storia antica della Tuscia; il tufo, decorato con policromie risalenti all’epoca etrusca, renderà accogliente ed emozionante l’ambiente che ospita la rappresentazione. Lo spettatore sarà protagonista di momenti in cui l’antica tradizione dei convivi, delle cene pastorali allietate da spettacoli e allegri interventi di cantori e musicisti, si fonde con una tradizione che attraversa i secoli fino ad arrivare alle nuove forme d’intrattenimento.
Mi sono avvicinato alla grande tomba scendendo a sinistra, quella con ancora ben visibile il soffitto scolpito a cassettoni, e quanto già conoscevo per aver potuto ammirare tali particolari in precedenza, era in quel momento più apprezzabile perchè i fari che illuminavano l’ambiente permettevano di gustare fino in fondo la maestosità di quell’opera. Le ragazze con le lunghe tuniche bianche dai bordi dorati si preparavano a rappresentare per i turisti alcuni momenti della vita pastorale già vissuti da quei luoghi quasi tremila anni prima. I ritagli di alcuni giornali stranieri appesi in bacheca riportavano notizie e foto di queste manifestazioni con note esaltanti nei confronti degli Enti patrocinanti. La mia meraviglia aumentò quando capii che anche per gli altri siti archeologici della Tuscia si stava procedendo con la stessa tecnica conservativa e organizzativa. Anche San Giovenale, Castel d’Asso, Norchia avevano subito quella fantastica trasformazione con gran soddisfazione dei nuovi lavoratori assunti finalmente a tempo indeterminato e di quel turismo in cerca delle emozioni che solo tali luoghi possono indurre.
Un ringraziamento particolare a chi, potendo, vorrà rimediare...
Roberto Caponeri