Antichi simboli nella stele di Marano di Castenaso (Bo)

                    di Paolo Campidori *

                        

 

 

 

 

   

La stele di Marano di Castenaso, presso Villanova, in Provincia di Bologna, ritrovata recentemente, è interessantissima per lo studio delle genti, cosiddette, “villanoviane”, che hanno preceduto gli Etruschi.

In questa stele sono ben evidenti sei ruote a otto raggi, scolpite a rilievo e poste, tre per parte, nella zona superiore rotondeggiante, o meglio, di forma ovoidale. Purtroppo la stele in oggetto è ancora ricoperta di strati terrosi, che non ci permettono di analizzare con precisione certi dettagli, specialmente nella parte superiore della stessa (Faccio riferimento alla foto e all’articolo: “I guerrieri di Castenaso” – Archeo n. 4 dell’aprile 2008).

 

 

 

 

La stele di Marano di Castenaso (Bo)

La parte centrale della stele è dominata da un felino (?) con la coda fra le zampe che termina a forma di una falce di luna. Particolare quest’ultimo da tenere in considerazione.

Purtroppo le incrostazioni terrose nella parte superiore della stele, non ci fanno vedere i rilievi che stanno sotto di esse, ma dovrebbe trattarsi di due stelle. Anche la testa del “felino”, in parte occultata, rivolta verso sinistra, sembra essere nell’atteggiamento di guardare i simboli  (le stelle) che si trovano proprio sopra la sua testa.

Una spada, con la punta rivolta verso destra è posta al centro, sotto il rilievo del “felino”. Un’altra spada (una sorta di macete) di foggia un po’ diversa, con il manico uncinato, si trova nella parte superiore sinistra. In basso due guerrieri, armati di spada e protetti da elmi metallici, se le “stanno dando di santa ragione” (come si direbbe in Toscana). Il guerriero, che si trova a sinistra, ha appeso alla vita una specie di arma, una specie di boomerang, a forma di mezza luna, o probabilmente a forma di rasoio lunato (potrebbe però essere anche l’arto ripiegato avente la forma di una mezzaluna). Quattro anatrelle, due per lato, stanno nel rilievo sottostante, entro una specie di riquadro incorniciato e sono tutte rivolte verso sinistra.

E’ necessario per una decifrazione più sicura dei rilievi della stele attendere il restauro della Soprintendenza Archeologica di Bologna, tuttavia la simbologia già riconoscibile è  di interesse estremo.

I cosiddetti “villanoviani”, cioè i precedenti abitatori delle terre, che poi saranno abitate dagli Etruschi (forse in una fusione di popoli con i “villanoviani”), non conoscevano l’uso della scrittura, poiché si affidavano alla simbologia, un modo di comunicare estremamente più efficace e più universale dal punto di vista della intelligibilità.

L’animale che compare al centro, che nell’articolo di Archeo (già citato) si dice essere un felino, potrebbe, forse, essere un lupo, costantemente raffigurato nella simbologia escatologica etrusca. Il lupo, forse, veniva tradotto in  lingua etrusca con “lupu” (?), e questo a sua volta significava anche “morte”. Infatti in certe epigrafi troviamo, ad esempio, che Tizio è “lupuce”, che ha significato “è morto”. Dunque nella simbologia etrusca il lupo rappresentava la morte terrena. A questo faceva da contrapposizione l’anatra, che aveva il significato opposto, di rinascita, di vita ultraterrena. Si sa bene che quest’ultime restano a galla, con estrema sicurezza, sia in acque tranquille che in acque agitate e tempestose, e rappresentano un sicuro passaggio dalla vita terrena a quella ultraterrena.

I dischi, o ruote a otto raggi, rappresentano il sole e la falce arcuata (che ritroviamo anche nei tipici rasoi villanoviani) che in questa stele  è rappresentata almeno due volte, rappresentano la luna. Sopra il “felino” (o lupo), sono distinguibili, forse, due stelle.

Dunque, sole, luna, stelle sono gli oggetti celesti (gli “dei” celesti) che venivano adorati dai villanoviani: i “Rasenna”.  Quest’ultimi, probabilmente si sono “fusi” con gli Etruschi ed hanno costituito un nuovo “popolo”, forse una “lega” (mexlum) di popoli, chiamati in diverso modo: Tirreni dai Greci, Etruschi dai Romani, ecc., i quali, forse per supremazia numerica, hanno imposto le loro abitudini ai “villanoviani”, la loro scrittura, una religione diversa, e un modo diverso di vivere la vita e di concepire la morte.

I due guerrieri in basso rappresentano in maniera molto realistica una battaglia, la battaglia per la vita (e la morte). Il numero otto dei raggi dei dischi solari o delle ruote, ci riconduce, secondo un’antica concezione numerologica, al concetto di rinascita.

La stele villanoviana di Marano di Castenaso (BO), ci illumina e ci parla delle credenze di questo antico popolo, che è stato definito dagli archeologi, come il popolo dei “villanoviani”. Da dove venisse però questo popolo non ci è dato sapere. In un articolo recente ho ipotizzato che “rasenna”, il nome con il quale gli Etruschi definivano se stessi, potesse avere il significato di “popolo dei rasoi lunati”, oggetto che troviamo quasi costantemente nelle tombe villanoviane.

 

© Paolo Campidori   www.paolocampidori.com

 

 

 
*Paolo Campidori, giornalista, scrittore, appassionato di etruscologia ha scritto vari articoli di storia e cultura del territorio mugellano e alto-mugellano, 
avvalendosi anche dell’esperienza acquisita alle dipendenze delle Soprintendenze Beni Culturali  di Firenze e Bologna, dove ha prestato lungo servizio nei musei e
gallerie d’arte delle due città. Ha scritto anche una decina di libri sulla storia e l’arte del Mugello. Recentemente, come giornalista del giornale mugellano “Il
Galletto”, Paolo Campidori ha intervistato il Prof. Massimo Pittau, linguista etruscologo. L’intervista è stata pubblicata integralmente dal giornale “Il
Galletto” sabato 26 gennaio 2008, pag 11, sez. Arte e Cultura.