
Veduta dall'alto di un settore della
necropoli di Tuvixeddu a Cagliari
Il Consiglio di Stato ha
recentemente accolto l'istanza della Regione Sardegna e di Italia
Nostra confermando ciò che l'allora governatore Soru impose su
cinquanta ettari punteggiati da migliaia di sepolture scavate a
partire dal VI secolo a. C. a Tuvixeddu, nel cuore di Cagliari.
Annullata sentenza del Tar e quindi l'accordo per edificare
nell'area un quartiere di lusso.
La necropoli di Tuvixeddu è la più
grande necropoli fenicio-punica ancora esistente. Si estende
all'interno della città di Cagliari, su tutto il colle omonimo
Il nome tuvixeddu significa "colle
dei piccoli fori", dal termine sardo tuvu per "cavità",
dovuto proprio alla presenza delle numerose tombe a pozzo scavate
nella roccia calcarea.
Tra il VI ed il III secolo a.C. i
Cartaginesi scelsero il colle per seppellirvi i loro morti: tali
sepolture erano raggiungibili attraverso un pozzo scavato
interamente nella roccia calcarea e profondo dai due metri e mezzo
sino a undici metri. All'interno del pozzo una piccola apertura
introduceva alla camera funeraria. Le camere funerarie erano
decorate, e spesso dotate di ricchi corredi. Alle pendici del colle
di Tuvixeddu si trova anche una necropoli romana prevalentemente
composta da tombe ad arcosolio e colombari.
Di particolare interesse, tra le tombe
puniche, la Tomba dell'Ureo e la Tomba del Combattente,
decorate con palme e maschere tuttora ben conservate.
Dopo la distruzione della
città di Santa Igia intorno al 1200 da parte dei Pisani, i
superstiti si stanziarono nell'attuale viale Sant'Avendrace, alle
pendici del colle: così buona parte delle case si addossarono a
Tuvixeddu, utilizzando ognuna di queste un accesso alle grotte.
Ancora oggi, in caso di demolizione delle vecchie case del quartier
spesso si trovano grotte con evidenti segni di uso abitativo.
Il colle di Tuvixeddu non venne mai
valorizzato, e nel XX secolo divenne la cava di una cementeria
dell'Italcementi, che ne ha terminato l'estrazione solamente negli
anni ottanta. Così con i lavori di cava molte tombe andarono
irrimediabilmente distrutte, anche se ne vennero trovate altre.
Durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale le grotte
vennero usate dagli abitanti della zona come rifugi antiaerei.
La Grotta della Vipera è un
ipogeo funerario che si trova nel Viale Sant'Avendrace. Venne
costruito dal romano Lucio Cassio Filippo in onore di sua moglie, la
matrona Atilia Pomptilla, nel II secolo. La tomba, decorata
all'esterno da una facciata con due colonne (ne è superstite un
capitello) e frontone, è composta da un pronao e due camere
funerarie. In base alle iscrizioni metriche latine e greche incise
sulle pareti del pronao (CIL X 7563-7578, oggi scarsamente leggibili
o distrutte), si può ricostruire la vicenda dei due coniugi,
esiliati in Sardegna: Atilia sarebbe morta dopo aver offerto in voto
agli dei la propria vita in cambio di quella dell'amato. Nella
decorazione del frontone, accanto ai girali fioriti che
simboleggiano la iuno di Atilia, si possono notare due
serpenti, simbolo del genius di Cassio Filippo: da essi
deriva il nome popolare di Grotta della Vipera.
La tomba dell'Ureo è un raro esempio
di ipogeo punico dipinto decorato, nell'arte dell'ocra rossa, con
palmette, maschere gorgoniche e il cobra sacro della religione
egizia, noto come serpente Ureo
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Veduta dall'alto di un settore della
necropoli di Tuvixeddu a Cagliari
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Veduta della
necropoli |
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Ingresso
della Grotta della Vipera |
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Particolare
dell'affresco della tomba dell'ureo |
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La tomba
dell'ureo |
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