Vulci ed il suo territorio prima del IV secolo  d.C                 

                     

 

di Roberto Brunotti

 

clicca sulle tavole per ingrandirle

 

Carta degli insediamenti nella valle del Fiora al III secolo a.C.

Carta degli insediamenti nella valle del Fiora al II secolo d.C.

Relazione di G. Colonna al X Convegno di Grosseto sugli studi etruschi ed italici del 1975
"L'esperienza vulcente induce a chiedersi se in realtà il problema delle origine etrusche non vada spostato sul piano socio-politico, come  un  problema  di  organizzazione  e  ristrutturazione  delle comunità in rapporto all'uso del territorio. In termini di  storia del  popolamento, nessun  processo  storico  è  stato  in Etruria  più  rivoluzionario  e    incisivo   di  questo  che  ha  completamente   sovvertito  la  tipologia dell'insediamento umano nella regione. C'è veramente da chiedersi se gli etruschi abbiano cominciato a ritenersi tali  o  abbiano  acquisito  coscienza  della  loro  identità  soltanto dal  momento in  cui  hanno  cominciato ad abitare insieme nell'area di Vulci, Tarquinia, Caere, etc., elaborando una cultura nuova rispetto a quella propria della fase dei villaggi sparsi. Lo studio del territorio non offre soltanto materia per riflessioni che incidono direttamente sui problemi della più antica storia etrusca, ma permette di migliorare la conoscenza delle stesse grandi comunità  insediate  nella pianura, nell'arco plurisecolare della loro esistenza. Il silenzio pressoché completo del territorio per circa 150 anni significa che Vulci esercita un diretto controllo  sulla campagna. La  situazione   cambia  quando,  nella  seconda  metà dell'VII secolo i rapporti socio-economici sono cambiati, a Vulci come  in tutti i maggiori centri protourbani dell'Italia tirrenica. Si afferma una vera classe  aristocratica,  che  trae la  sua   origine  da un'incipiente economia di scambio. I vulcenti hanno ormai scoperto il mare e le risorse minerarie della Toscana, logica conseguenza di quei traffici che  avevano portato  a Vulci bronzi  sardi, e  bronzi  che  fanno guardare all'Umbria e all'Adriatico, come quelli del ripostiglio scoperto sull'isola del Giglio. E' nata una intensa attività artigianale a tempo pieno, capace di produrre  ceramiche  dipinte  di stile  geometrico,  bronzi  ed  oreficerie  di tecnica assai avanzata. Le tombe più antiche della campagna  sono relativamente  vicine a Vulci, denunciano le prime appropriazioni  agrarie della neonata aristocrazia. Nel resto del territorio, un popolamento organizzato si afferma on prima della metà dell'VII secolo e dei primi decenni del VII, continuando poi fino a tutto ilo VI  secolo. E'  un  fenomeno  di  largo  respiro,  indirizzato  verso  siti  generalmente  ben protetti dalla natura, spesso meglio protetti e difendibili di Vulci; in un certo senso un ritorno alle sedi del bronzo finale. Nel  cuore  della  regione  più  abitata  nella  preistoria si sviluppa Castro, sul maggiore affluente di sinistra del Fiora, più tardi sede vescovile ed importante centro  longobardo, infine  capitale  del ducato farnesiano,  che  si  estendeva  dal  mare  al  lago  di  Bolsena.  Direttamente  sul  Fiora, in posizione strategicamente importante, sorgeva Poggio Buco, identificata tradizionalmente con Statonia, ma senza sufficiente fondamento. Varie considerazioni di ordine  storico  e  topografico, fanno  piuttosto preferire l'identificazione di Statonia con Castro".

 

Città di Vulci
 
Sono presenti sull'acropoli ed in diversi settori interni attestazioni di età villanoviana delle quali il Colonna già parlava nel suo intervento al convegno di Grosseto del 1975.
Sono sicuramente documentati quattro sepolcreti della prima età del ferro, con tombe a pozzo e a fossa, distinti topograficamente e riferibili ad altrettanti villaggi. Ciascuno  di  essi  corrisponde  ad  una delle regioni principali delle grandi necropoli di età storica, di cui costituisce  a quanto pare  il  nucleo originario. Sulla destra del  Fiora in corrispondenza della necropoli nord, vi è il sepolcreto  dell'Osteria,  scavato nel secolo scorso, poi dal Bendinelli nel 1922, e poi nel dopoguerra. Sulla sinistra del Fiora, a nord-est della città, si trova il  sepolcreto  del  Mandriane di  Cavalupo,  parzialmente esplorato   dallo  Gsell  e poi ancora rovistato nel dopoguerra. Ad est della città nella zona della Cuccumella o di Ponte Rotto, vi è l'omonimo sepolcreto, pure  esplorato  dallo  Gsell. A sud-est infine si trova il sepolcreto della Polledrara, di cui si ha solo una notizia del Helbig. Tombe villanoviane sono segnalate anche a sud del fosso Timone, nella località  Campomorto. In  età   orientalizzante  si  nota  un  progressivo  incremento  delle  aree  di frammenti fittili, che alla fine del VII secolo a.C. sono distribuite  con intensità notevole in tutti i settori. Nel pieno del VI secolo l'intero pianoro  mostra grande  concentrazione  di  materiali spesso  riferibili ad edifici. E' questo il momento del massimo sviluppo della città che si protrae ancora nel secolo V. Nel pieno IV secolo è evidente  una  concentrazione  dell'area  abitata  attestata dalla rarefazione di frammenti fittili; il fenomeno dovette incrementarsi nel III secolo fino a che nel II risulta attuato  l'abbandono di  gran  parte  della  città  che  si  riduce   ad   un  ristretto  nucleo  lungo  il  decumano.  Il  nucleo citato sopravvive senza sostanziali variazioni nella prima età imperiale, in questo momento ad esso si aggiungono alcuni nuclei isolati nella zona  sud  sud - est della  città imperiale ed edifici riccamente  decorati ed  indizi  di  impianti termali  che restano  in uso fino a tutto il III secolo d.C.. al medesimo periodo sembrano databili le strutture murarie lungo l'asse est-ovest. Dalla bibliografia è possibile inoltre attestare fasi di età medievale (A.Carandini, La romanizzazione dell'Etruria, Il territorio di Vulci, Milano , 1985).
Vulci nel periodo precedente la romanizzazione
Considerando che Vulci è il cuore della zona presa in esame appare interessante riportare il quadro della situazione vulcente  nel  periodo  che  precede  la  conquista romana. La carenza di notizie può essere qualche volta compensata dagli abbondanti studi archeologici. Nel  IV  secolo a.C. Vulci, a  seguito  della  sconfitta subita  all'inizio  del  V  a  Cuma  da  parte  dei Siracusani, aveva subito un lento declino dei commerci marittimi ed una conseguente recessione economica, ritrova un nuovo equilibrio grazie ad una aristocrazia terriera che tenta la rivitalizzazione del  territorio  seguendo una politica di ripresa agraria. A tale netta ripresa, che ha piena fioritura nel IV secolo, corrisponde la nascita di nuovi centri (Cellere, Tessennano) e  il  ripopolamento  di  altri  precedentemente  abbandonati  (Sovana, Sorano). Fioriscono nuovi insediamenti agricoli e piccole fattorie popolano il territorio. Nel  centro  urbano  nel  IV  secolo a.C. si assiste alla  realizzazione   di  un  imponente  cinta  muraria  un  opera  quadrata  (Taglieri 1959), limitata ai punti di più facile accesso e strategicamente difendibili (Barroccini 1960), nella quale si aprivano quattro o cinque porte (Massabò 1979) corrispondenti  ad altrettanti assi viari di collegamento con  i  centri  del territorio. Strettamente  connessa  con questo impianto sembra la fitta rete viaria che si dirama su tutto il pianoro.
La città di Vulci e il suo territorio dopo la romanizzazione
Scarsi sono i dati bibliografici dopo la comparsa delle armi romane sul territorio (280 a.C.), anche se molto è stato scritto su  Vulci  nel  suo  complesso. Il  periodo della  romanizzazione,  appena sfiorato nella bibliografia, viene invece considerato  con  maggiore   attenzione   in   occasione   delle  mostre  allestite  nel  1985 nell'ambito  del "Progetto Etruschi". L'esplorazione della città antica ha restituito un gruppo di abitazioni ellenistiche, una domus tardo-repubblicana (la casa del criptoportico), un mitreo annesso ad una delle abitazioni ellenistiche, un tempio ellenistico, un sacello dedicato ad  Ercole di età ellenistica,  tracce di un edificio termale del II secolo d.C., una chiesa altomedievale sorta sui resti romani. Senz'altro a partire dal III secolo a.C.  compaiono  accanto alle  famiglie  aristocratiche  vulcenti (Saties, Tarnas, etc.) gentes romane stanziatesi nel territorio e nelle città come testimoniano dalle iscrizioni e forme latine nelle necropoli.  All'inizio  del I  secolo  a.C.  Vulci  diviene  municipio  romano e,  secondo  la politica augustea di ripristino dei centri etruschi, vede un periodo di rivitalizzazione. Interessanti sono la domus tardo-repubblicana del  Criptoportico  e  l'annesso  santuario  mitraico. Gli  scavi   condotti   nella  zona  della  necropoli  hanno  portato  alla luce tombe di particolare interesse e divenute famose, come la tomba Francois, appartenuta alla famiglia etrusca Satie, con pianta tipica degli ipogei gentilizi del IV secolo a.C., articolata in più ambienti, o ancora la tomba dei Tarna e la tomba dei Tute e quella dei Tetnie. Nel pianoro di Ponte  Rotto (ponte   romano  del  I  secolo  a.C., lungo  circa  80 metri, d'accesso alla città attraverso la porta est) sorge la Cuccumella, tumulo di 65 metri di diametro, costituito da un grande ambiente centrale, oltre che di due piccole  celle e  due camere  sepolcrali, il  complesso  è  circondato da gallerie che proseguono anche al di sotto, creando un complicato intreccio, e rivela inoltre nella parte superiore resti di una torre  da  riferire  al  periodo  medievale. Accanto  all'altro  famoso  ponte  gettato arditamente sul Fiora, il ponte dell'Abbadia (sicuramente etrusco, restaurato in età imperiale e nel medioevo, consolidato nel 1930, con la sua arcata di 20 metri di luce si innalza a più di 30 metri dal letto del fiume; sulla spalletta destra si appoggia il canale di un acquedotto medievale sorto su di un precedente acquedotto romano), sorge il castello dell'Abbadia, di periodo medievale con aggiunte cinquecentesche, che fu anche sede della dogana pontificia presso  il confine  con il  Granducato  di Toscana, è  dal
1975 museo nazionale vulcente

 

Il testo e le immagini di questo servizio sono tratte dalla tesi di laurea dell'arch. Roberto Brunotti. L'opera completa è consultabile all'indirizzo: http://www.robertobrunotti.it/index.php?option=com_content&task=section&id=4&Itemid=34

Carta degli insediamenti nella valle del Fiora al IV secolo a.C.