Gran Tour degli Autori

Sei grandi viaggi alla scoperta dei luoghi della Tuscia, una terra che non cessa di stupire


Gran Tour del viterbese 1994

Gran Tour degli Etruschi 1995

Gran Tour degli Etruschi 1996 Gran Tour delle periferie romane 1997 Gran Tour dell'Appia Antica 1998

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di Giacomo Mazzuoli e Giuseppe Moscatelli

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Grand Tour del viterbese A.D. 1993: Caprarola, Sutri, Castel S. Elia, Valle del Treja e Calcata
  Castel S. Elia, chiesa di S. Elia   Mazzano Romano,Valle del Treja   Valle del Treja, le cascate di Monte Gelato    La rupe tufacea di Calcata sullo sfondo   Calcata
Castel S. Elia, chiesa di S. Elia Mazzano Romano,Valle del Treja Valle del Treja, le cascate di Monte Gelato  La rupe tufacea di Calcata sullo sfondo Calcata

L’idea del “Gran Tour” è stata mia e rispondeva a un’esigenza a lungo avvertita e sempre rinviata: conoscere, anzi “vedere” luoghi, edifici, monumenti del nostro territorio più o meno noti ma poco visitati e ancor meno valorizzati.

Mi venivano in mente certi poster, stampe, riproduzioni appesi alle pareti di ristoranti, alberghi, uffici pubblici o scuole raffiguranti monumenti, palazzi, chiese cento volte sfiorati, di passaggio, con lo sguardo ma mai visitati. Certo, fin da piccolo mi avevano portato ai “mostri” di Bomarzo e, da ragazzo, una pasquetta a Vulci o Civita di Bagnoregio non mi era mancata; ma erano mete occasionali o sfondi di altre attività: insomma il turista, in giro per il viterbese, non lo avevo mai fatto.

In fondo cosa ci voleva: un pò di tempo, mettersi in macchina e via.

Non è stato difficile coinvolgere G. in questa trovata. Anche perché la cosa aveva un sapore più che ironico: il “grand tour” era il viaggio iniziatico che i rampolli della nobiltà europea facevano in Italia per completare la loro formazione, non solo culturale. E con loro una falange di artisti, poeti, scrittori, aristocratici, appassionati di storia e archeologia che scendevano in Italia alla ricerca del sole, dell’antico, del bello...in tutte le sue declinazioni.

Immaginare un “gran tour” in un territorio, in fondo, così ristretto poteva sembrare una cosa da ridere, tanto per passare una giornata estiva. Le cose, evidentemente, non stavano così: tant’è che il nostro “gran tour” non solo non si è esaurito in quella giornata d’agosto ma si è protratto negli anni a venire al punto che... non si è ancora concluso.  Certo, a qualcuno può bastare uno sguardo frettoloso; ma se solo ti fermi a osservare da vicino quell’affresco, a riflettere su quella iscrizione, a considerare quel particolare architettonico potrebbe prenderti una voglia non contenibile di saperne di più, di vedere di più...

Il territorio viterbese si presta, in questo senso, a molti gran tour tematici: il gran tour delle necropoli etrusche, delle chiese romaniche, dei borghi medievali, dei palazzi rinascimentali... tanto per citare gli itinerari più celebrati e per non parlare delle bellezze ambientali e paesaggistiche: i colli, i lidi marini, i laghi, le macchie.

Tutto questo lo sapevamo, quel giorno d’agosto del 1993, quando siamo saliti in macchina per il nostro primo gran tour, ma non ne eravamo pienamente consapevoli.  Siamo andati un pò a caso, senza seguire un filo preciso, che non fosse quello di visitare luoghi non troppo distanti tra di loro. Non ci siamo portati appresso guide o pubblicazioni: cercavamo un  impatto emozionale non mediato da riflessioni altrui. L’approfondimento è venuto dopo, nei tempi dovuti, a casa.

Ricordo quella mattina, alla partenza, ci veniva un pò da ridere, perché neanche a noi poteva sembrare una cosa seria quella di girare con macchina fotografica al seguito per i nostri paesini alla ricerca di scorci, monumenti, vedute. Male che vada, ho pensato, è comunque prevista una sosta per il pranzo in un buon ristorante, e quindi la giornata non può considerarsi sprecata.

La macchina l’ha presa G., perché aveva l’aria condizionata; la benzina divisa in due. La prima tappa del nostro viaggio è stata Caprarola con il suo possente e al tempo stesso elegantissimo Palazzo Farnese. La prima cosa che ti viene in mente, quando sei di fronte a tanta magnificenza, è a chi poteva venire in mente di costruire proprio a Caprarola  un Palazzo così. L’onore va al card. Alessandro Farnese, nipote di Paolo III, che trasformò la rocca iniziata dal nonno in uno splendido palazzo rinascimentale: il più bello del mondo, verrebbe voglia di dire. Non è un caso se Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, nel visitarlo abbia esclamato attonito:“Ma allora come sarà il Paradiso?”. Irrinunciabile anche una visita ai bellissimi giardini. Partiamo quindi per Sutri, a soli dodici chilometri di distanza. Qui si è inevitabilmente rapiti dai resti dello straordinario anfiteatro romano, interamente scavato nel tufo. Trascuriamo la pur vasta necropoli perché è nostra intenzione visitare la chiesa rupestre della Madonna del Parto, con i suoi suggestivi affreschi votivi.  La grotta, perché di ciò si tratta, è chiusa. Fortunatamente troviamo in zona il custode che ci consente la visita. In epoca romana era forse un mitreo, ma l’ambiente ha tutto l’aspetto di una grande tomba etrusca, come forse era in origine.

Altri quattordici km. e siamo a Castel S. Elia: qui visitiamo luoghi tanto poco conosciuti quanto ricchi di fascino: il Santuario di S. Maria ad Rupes con la Grotta di S. Anastasio; scendiamo quindi a valle per vedere la chiesa romanica di S. Elia, purtroppo chiusa ma con gli interni “a vista” grazie a feritoie nella porta. Pausa per il pranzo, meno brillante di quanto previsto, ma i tempi incalzano. Ripartiamo per la Valle del Treja, a venti chilometri da Castel S. Elia. Una salutare escursione all'ombra dei boschi del parco regionale è quanto ci voleva per sconfiggere l’afa e ancor più una sosta sulle rive del fiume Treja, dove le cascate di Montegelato, con il loro fresco fragore, ti riconciliano con il caldo opprimente, in un ambiente mai visitato prima ma che ti sembra familiare, avendo fatto da sfondo ad una quantità di spot televisivi.  Ultima tappa del viaggio, sempre nell'ambito del parco regionale del Treja, il paese di Calcata, abbarbicato su una spettacolare rupe tufacea. Pressoché abbandonato in anni passati, sta rinascendo a nuova vita grazie al richiamo turistico del borgo antico e alla bellezza paesaggistica in cui è inserito. Quando arriviamo non c’è nessuno. Giriamo per le vie e i vicoli; su una piazzetta ci sediamo in grandi troni di tufo, messi lì, chissà, proprio per offrir riposo ai viandanti...

Il nostro primo Gran Tour finisce qui. Sono passati sedici anni... e forse sono pochi per intitolare queste note “la Tuscia com’era”, ma sicuramente sufficienti per renderci consapevoli che molto c’è ancora da lavorare per valorizzare come merita il nostro grande patrimonio storico, artistico, ambientale e archeologico.

Giuseppe Moscatelli

 

 

 

  Il Palazzo Farnese di Caprarola   La chiesa di S. Teresa a Caprarola
Caprarola, Palazzo Farnese Caprarola, sullo sfondo la chiesa di S. Teresa  
Sutri, Anfiteatro Castel S. ELia, santuario di S. Maria ad Rupes  
Sutri, anfiteatro romano Castel S. Elia, santuario di S. Maria ad Rupes