I media, la
stampa in particolare, vomitano
ogni giorno decine di orribili
neologismi sul nostro povero
lessico indifeso.
Il più delle
volte, fortunatamente, tali
parole sopravvivono lo spazio di
un mattino, ovvero la durata di
default di un articolo di
giornale. Altre volte invece
reggono, si impongono nel
linguaggio per qualche mese o
per un’intera stagione,
reclamano rispettabilità
sintattica, colorano il
linguaggio socio-politico fino a
rivendicare dignità
istituzionale.
E’ a questo punto
che i governi, che non riescono
mai a resistere a ben
orchestrate campagne di stampa,
entrano nel coro e ci fanno
sopra una legge.
E’ quanto
accaduto per il termine “femminicidio”,
lessicalmente sgradevole alle
orecchie di quanti hanno a cuore
la dignità e il ruolo delle
donne che non possono, dopo
decenni di lotte di
emancipazione, essere
ricondotte a “femmine” cioè ad
un “genus”, comune in natura a
piante e animali. L’imporsi del
termine “femminicidio” riporta
quindi indietro di quarant’anni
l’orologio della storia, quando
la donna era, appunto, solo una
femmina: desiderabile e
desiderata, oggetto di
ammirazione e concupiscenza, ma
pur sempre relegata in un ruolo
circoscritto e asfittico.
Proprio in questi
giorni la stampa ci ha edotti
che “il 30% degli omicidi ha per
vittime le donne”. Qualche
commentatore televisivo ha
chiosato, con un plus d’
indignazione, che “un omicidio
su tre riguarda una donna”. Ma
allora, direbbe il bambino che
gridava “il re è nudo!”, questo
significa che gli uomini sono
vittime del 70% degli omicidi e
che due morti ammazzati su tre
sono uomini! E non rileva certo,
di fronte all’evidenza di un
cadavere, che sia stato ucciso
da una donna o da altri uomini,
per motivi passionali o di altra
natura. Sempre morti ammazzati
sono.
Ma allora, di
fronte a questa abbagliante
evidenza, perché a nessuno è
venuto in mente di coniare il
termine “maschicidio” e di
chiedere apposite leggi a tutela
dei maschi? Ve lo dico io
perché: perché ammazzar femmine
fa più audience; perché si
preferisce considerare la donna
un esserino soggetto alla tutela
del maschio, non solo nei
tradizionali ruoli di
padre-fratello-fidanzato-marito-amante
ma anche bardato dei gonfi panni
del legislatore.
Quando, Dio mio,
saremo solo uomini e donne,
rivestiti della sola identica
dignità di essere umani e non
più e non solo maschi e femmine?
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