Diciamolo. A
vederlo il soggetto non lascia
granché traccia: segaligno,
spelacchiato, occhialuto, sembra
il compagno di classe sgobbone e
un pò sfigato che tutti prendono
in giro e che a stento raggiunge
la sufficienza. E invece eccolo
lì, sullo scranno più alto del
governo, con la sua cresta
eretta e rubiconda a pontificare
sulle sorti del paese, della
politica, dell’economia... E
poco importa che nessuno se lo
fili, perché basterebbe una
flatulenza di Gianburrascarenzi
per farlo tornare solo soletto
nell’angoletto da cui, piccolo e
bagnato, è stato prelevato da
Lettazio e Nonnonapolitano. Poco
importa dicevo, perché l’ossuta
creatura generata dai novelli
dottorfrankenstein che si
dilettano in filtri e pozioni
costituzionali
ha elevata stima di sé,
che dico elevatissima! Roba da
fare il botto. Intanto parla
sempre in prima persona: io...
io... io... ripete
ossessivamente in un tripudio di
egocentrismo, incurante del
fatto che è a capo di una
squadra, per quando
raccogliticcia e di dilettanti
allo sbaraglio, e quindi il
plurale maiestatis ci starebbe
bene, se non altro per una
salutare chiamata in
corresponsabilità per i disastri
di un governo che sta affossando
l’Italia.
La
disoccupazione aumenta a ritmi
da terzo mondo; famiglie e
imprese sono strangolate da un
regime fiscale oppressivo e
iniquo; i giovani e i vecchi
migrano al contrario, nel senso
che i primi cercano un lavoro e
un futuro all’estero come fecero
i loro bisnonni e i secondi si
trasferiscono in Tunisia per
vivere decorosamente con
pensioni che in Italia li
condannerebbero alla fame; i
consumi sono precipitati a
livelli postbellici; il
patrimonio immobiliare –
autentica ricchezza degli
italiani che vi hanno investito
i risparmi di generazioni – si è
svalutato oltremisura e molti
sono costretti a vendere
sottocosto le loro case perché
non riescono più a pagare le
tasse che la Casta, con il
braccio armato di dis-equitalia,
autoritariamente esige per
foraggiare le sue clientele,
enfiare la propria ricchezza e
consolidare scellerati
privilegi... e Lettanipote cosa
fa? si compiace che la crisi è
ormai superata, che l’anno che
verrà vedrà la ripresa, che
l’Italia accresce la sua
considerazione internazionale...
Poi si guarda allo specchio e si
dice “Quanto sono bello, quanto
sono bravo, se non ci fossi io
come farebbe l’Italia?”. Poi va
da Lettazio e Nonnonapolitano e,
metaforicamente scodinzolando,
chiede: “ Me lo merito vero uno
zuccherino? Zio, nonno, non sono
sempre io il più bravo?”.
Gianni
Agnelli, da tutti conosciuto
come l’Avvocato, dichiarò una
volta, increspando
aristocraticamente il suo labbro
superiore, che un suo giocatore
di calcio un pò scoppiato gli
sembrava un “pulcino bagnato”.
Metafora davvero
splendida che noi facciamo
nostra, e che idealmente
rivolgiamo a chi, da pulcino, si
fa gallo cedrone.
|