Siamo stati
facili profeti. Dicevamo, pochi
giorni fa, che bastava una
flatulenza di Giamburrenzi, il
rottam’attore, per buttare giù
dal piedistallo quel pulcino
bagnato di Lettanipote. E invece
è no, è bastato molto meno: un
semplice ruttino del leader
rampante, uno di quelli che si
fanno fare ai bambini appena
mangiato, e Lettanipote non c’è
più! Ma se lo è meritato, così
apprezzerà il dono della
riflessione e della modestia.
Mai visto tanta protervia
istituzionale in un soggetto
così poco dotato: fino a poche
ore prima di recarsi frignando
dal Grande Manovratore al
Quirinale a rassegnare le
proprie dimissioni, esternava su
orizzonti di legislatura,
riforme costituzionali,
azioni
per l’Italia, ripresa della
crescita, riduzione del debito
pubblico... Mostrava i muscoli,
anzi le sue millantate “palle
d’acciaio”: lanciava sfide
parlamentari, rincorreva voti di
sfiducia, sicuro di cavarsela...
Poi non ha avuto neanche la
coerenza di “cadere” sul campo
(ma cosa ci si poteva aspettare
di diverso da un “pulcino
bagnato” come lui?) e ha aperto
l’ennesima crisi
extraparlamentare.
Sono portato a
pensare che un tale repentino
cambiamento di rotta nel giro di
poche ore non sia tutta farina
del suo sacco: un pò il (fuor di
metafora) “togliti subito dalle
palle” del Rottam’attore; un pò
il “torna a casa pulcino” di
Lettazio; un pò i cazziatoni del
gestore pro tempore delle sale
quirinalizie e magari la
promessa di qualche cioccolatino
ancora incartato, tipo un posto
da commissario europeo che non
si è negato neanche a
Montiboccone, lo avranno indotto
ad asciugarsi le lacrimucce e a
guardare senza magone al futuro.
Ma veniamo a
lui, al vincitore, all’attor
giovane che con scaltra
determinazione e un pizzico di
perfidia si è presa tutta la
compagnia teatrale. Prima ha
dato l’assalto al partito,
operazione riuscita col
pennello; poi ha finto di
disinteressarsi al governo,
lasciando per qualche settimana
nell’ambascia il balbettante
premier; poi, mentre diceva di
voler fare solo il sindaco
fiorentino, ha virato l’affondo
finale commentando con un
sprezzante “era ora” la
decisione di Lettanipote di
recarsi a chieder lumi in
Quirinale, anticamera delle
dimissioni.
Certo che
Gianburrenzi rischia,
e lo sa perfettamente. Ha
bruciato i tempi, si è fatto
prendere dalla fregola del
comando. Magari se era un pò più
paziente si faceva eleggere tra
sei mesi con un plebiscito
popolare. E invece no, tutto e
subito. Intanto però deve
spantanarsi dalle paludi romane,
dove gli alfanoidi e gli altri
partitini tascabili lo stanno
trattenendo. Poi dovrà pur
concedere qualcosa ai suoi
elettori che, non
dimentichiamolo, sono di
sinistra. Magari perderà qualche
pezzetto di partito (tal Civati
sta già scalpitando) perché
troppo “moderato”.
Io però,
partendo dal presupposto che
peggio di Montiboccone e
Lettanipote non potrà fare, gli
concedo un briciolo di fiducia e
aspetto che abolisca, come ha
promesso, finanziamento pubblico
ai partiti e senato. Poi ne
riparliamo.
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