Un parlamento
sgangherato, livoroso, rissoso,
in cui tutti sono contro tutti e
perseguono il solo biasimevole
intento di difendere odiosi
privilegi e supportare
anacronistiche immunità ha
trovato un punto d’incontro, un
momento di unità, di unanimità
si direbbe, nel dare il colpo di
grazia a quell’antica e nobile
istituzione che è il matrimonio.
Un premier
parolaio, saltellante,
scravattato, con una forte
inflessione regionalistica,
cattolico dichiarato con tanto
di famigliola al seguito alla
messa domenicale, l’unica cosa
che è riuscito a combinare è
conseguire l’unità parlamentare
su un provvedimento,
l’abbattimento del matrimonio,
dal quale sembrano dipendere le
sorti dell’Italia.
Ma
spieghiamoci meglio. Attualmente
in Italia nella stragrande
maggioranza dei casi per
conseguire il divorzio è
necessaria una separazione dei
coniugi protrattasi per tre anni
e sancita da un provvedimento
giudiziale. Normativa che ci
appare saggia e ragionevole
considerato che il matrimonio
non è un guanto che si possa
infilare e sfilare a piacere. Il
matrimonio è una istituto che
merita rispetto e tutela e che
soprattutto impone delle
responsabilità che non possono
essere aggirate o eluse. Nessuno
ti obbliga
a sposarti e se lo fai
sai a quali limitazioni vai
incontro.
Ora però i
nostri parlamentari, divisi su
tutto, si sono trovati
pienamente d’accordo
nell’accorciare
fino
a sei mesi il periodo di
separazione personale
preliminare al divorzio. Avete
capito bene: se la separazione è
consensuale la neocoppia
potrebbe non vedere il primo
anniversario di nozze.
Non riusciamo
proprio a capire, e certo non
per un nostro limite, quale
straordinario salto di civiltà
rappresenti il fatto di dare
assoluta precarietà ad una
istituzione nata, fin
dall’inizio dei tempi, per
essere stabile e duratura. Ma
allora si abbia il coraggio e la
coerenza di abolire il valore
legale del matrimonio, se questa
istituzione dovesse apparire ai
più obsoleta. L’ultima cosa da
fare è creare il “matrimonio da
una botta e via”. Se una
sinistra di sepolcri imbiancati
avesse il coraggio delle sue
idee non potrebbe consentire una
deriva a tal punto liberalistica
dei rapporti umani. Se una melma
partitica centrista che si
richiama un giorno si e l’altro
pure ai valori tradizionali li
avesse veramente a cuore non
accetterebbe in modo prono di
condividere idee regressive
quando non stravaganti.
Ma tant’è. Non
si riesce a capire perché se
prendiamo un cane dobbiamo
tenercelo per tutta la vita -
non a caso l’abbandono di
animale è punito con sanzioni
penali - mentre invece l’
“abbandono di coniuge” è visto
come un atto altamente
meritevole, tanto da essere
incentivato con leggi ad hoc che
ne restringono i tempi e ne
agevolano le modalità. Scialla,
direbbe qualcuno: è il buonismo,
baby.
|