L’economia,
lo si insegna nelle scuole, non
è una scienza esatta ma solo
“tendenziale”. Anzi
probabilmente non è neanche una
scienza (come non lo sono tante
altre discipline in grand’auge
dal secolo scorso: dalla
psicologia, alla sociologia,
all’antropologia, alla
pedagogia...). Ma non è questo
il punto: ci può stare che uno
studioso si faccia la sua bella
teoria da chiudere in un
cassetto. Le cose si complicano
quando con quella teoria si
pretende di governare uno stato,
decidere sul destino di milioni
di persone.
Veniamo da
decenni di “monetarismo” la
teoria elaborata dall’economista
(sempre tendenziale) americano
Milton Friedman che, in soldoni,
vede l’inflazione come il
problema dei problemi, il Moloch
a cui sacrificare risorse,
occupazione, benessere dei
cittadini. Tenuta sotto
controllo l’inflazione il resto
è a prescindere: povertà,
emarginazione, bassi redditi,
venir meno dello stato sociale
non sono condizioni che possano
sviare l’attenzione
dell’economista e del politico
dalla sua missione storica:
contrastare l’inflazione!
C’erano tempi
in cui l’aumento di un mezzo
punto percentuale del livello
generale dei prezzi veniva
annunciato con toni cupi da
tragedia
shakespeariana:
allarmanti titoli sui giornali,
preoccupati commenti di
opinionisti, tafferugli nei talk
show. Quando, a ben vedere,
l’incidenza del paventato
aumento sul consumatore, sul
quisque de populo, era
praticamente nulla. Nessuno se
ne accorgeva!
Vorrei
ricordare in proposito, sempre
con riferimento alla fatuità e
autoreferenzialità delle teorie
economiche, che nei testi
d’esame al tempo dei miei studi
universitari si diceva che
un’inflazione al 5% era quanto
necessario per dare dinamismo
all’economia! Cose che
avrebbero provocato una
sincope ad un economista
monetaristicamente corretto.
Cambiano i
tempi e cambiano le teorie. Oggi
i titoli ansiogeni sui giornali,
le allarmate esternazioni
ufficiali delle autorità
monetarie, l’assillo seminato a
piene mani dal circuito
mediatico riguarda un fenomeno
“nuovo” e non meno
“angustiante”: la deflazione!
Che poi non è che il contrario
dell’inflazione, ovvero la
diminuzione dei prezzi.
Ma come,
vorrei gridare in faccia a tanti
“politicanti” e “economicanti”,
ci avete fatto per
decenni
‘na capa tanta con la paura
dell’aumento dei prezzi e ora ci
venite a dire che il problema
no, non è quello, ma è il suo
esatto contrario, vale a dire la
diminuzione dei prezzi? Ecco un
bel “vaffa” se lo meriterebbero
in pieno. E poi voglio essere
facile profeta: volete
scommettere che non appena
l’inflazione comincerà a
rialzare la testa ri-inizierà il
belato preoccupato e
preoccupante della spirale dei
prezzi? Ma vaffa! Appunto.
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