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Rubrica di Geologia a cura di Antonio Menghini

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Il Fiume Fiora (Seconda Parte)

  Eccoci a riprendere il discorso sul Fiume Fiora, interrotto qualche mese fa. Eravamo giunti alla brusca deviazione verso Ovest, presente all’incirca all’altezza di Pitigliano. Se ricordate, ci chiedevamo: “Perché il Fiume non ha proseguito il suo percorso da Nord a Sud, quasi in linea retta, così come ha praticamente fatto dalle sorgenti sino a qui? Perché ha invece deviato decisamente verso Ovest?
  Con molta probabilità ciò è dovuto ad un controllo di tipo strutturale, ovvero alla presenza di una linea di faglia, orientata all’incirca WSW-ENE, lungo la quale il corso d’acqua ha avuto strada più facile per crearsi il suo alveo. A conferma di ciò si consideri che tutti gli altri fossi affluenti del Fiora, parliamo del Lente, de La Nova, dell’Arsa, dell’Olpeta e del Timone, presentano un andamento pressoché parallelo a quello di detta deviazione: anche questi potrebbero quindi essersi impostati lungo linee di faglia, legate al recente vulcanismo di Latera.
  Da questa deviazione in poi, il Fiora inizia a ricevere apporti ingenti di acqua dai suddetti tributari, che drenano gran parte dell’acquifero vulcanico: in effetti tutta la sponda occidentale corre lungo il margine delle vulcaniti (in marrone nella Fig.1), rocce dotate di buona permeabilità, tanto da essere in grado di ospitare importanti falde freatiche, alimentate dagli estesi espandimenti ignimbritici e lavici che affiorano sin fino al Lago di Bolsena ed alla Caldera di Latera.
In termini quantitativi si tratta di apporti ingenti, che contribuiscono ad incrementare di molto la portata del Fiume: a puro titolo esemplificativo, si consideri che misure di portata eseguite durante il 1997, nell’ambito del Piano Regolatore Generale degli Acquedotti del Lazio Settentrionale, hanno fornito una portata complessiva degli affluenti che drenano l’acquifero vulcanico, pari a circa 2140 l/s, a fronte di una portata del Fiora, a valle degli stessi e quindi dopo che ha recepito tutti i loro apporti, di appena 2863 l/s: questo significa che se non vi fosse la continua alimentazione di questi corsi d’acqua minori, il Fiora non mostrerebbe sostanziali incrementi del regime idrometrico, probabilmente senza divenire un elemento così importante per la geografia locale.
  I valori di portata su indicati sono chiaramente riferiti ad un preciso momento e non sono affatto rappresentativi delle condizioni idrauliche medie. Per avere invece un’idea del reale regime idrometrico del Fiume, possiamo far riferimento alle portate registrate dal Servizio Idrografico alla stazione di misura posta all’altezza di Montalto di Castro (stazione situata praticamente al livello del mare): tenendo conto dei valori medi registrati tra gli anni ‘60 e ’70, si verifica una portata media di ben 7800 l/s; essa è soggetta però a notevoli oscillazioni nell’arco dell’anno: si passa dai 14000-15000 l/s di Gennaio e Febbraio, sino ai minimi estivi (tra Luglio e Agosto) di poco più di 3000 l/s. Tale variabilità è legata al fatto che il Fiora viene alimentato solo in parte dalle falde sotterranee, le quali garantiscono anche nei periodi di siccità un deflusso costante; al contrario, le sue acque derivano principalmente dal ruscellamento superficiale, di notevole entità sui terreni flyschiodi poco permeabili, affioranti sulla parte alta del bacino imbrifero e su gran parte della sua porzione occidentale.
Per avere un’idea in termini di quantità, si è calcolato che gli apporti sotterranei (che i geologi definiscono come “flusso di base”), possono oscillare tra i 2800 ed i 4810 l/s, assumendo quindi un peso relativamente modesto nel bilancio idrometrico generale.
  Ma riprendiamo il tragitto del Fiume, dopo la suddetta deviazione; l’alveo si ridispone secondo l’orientamento originario, ovvero Nord-Sud, passando lungo il limite tra le rocce vulcaniche di Latera (ad Est e quindi in sponda sinistra) e quelle conglomeratici-argillose (ad Ovest, in sponda destra). E’ evidente che lungo questo tratto gli apporti saranno differenti a seconda che provengano dall’una o dall’altra sponda: prevalentemente di falda, quindi più pure e pregiate, da Est, e di scorrimento superficiale, decisamente più torbide, da Ovest.
 
 


 


Ponte Etrusco dell’Abbadia (Foto 1)
 

Foce del Fiora (Foto 2)
 
  Poco dopo l’immissione del Torrente La Nova, alimentato dalle omonime sorgenti, si verifica un’ulteriore deviazione, in tutto e per tutto simile a quella descritta in precedenza; anche in questo caso è molto probabile che essa sia stata favorita da una faglia, alla quale possiamo ricondurre anche una passata attività idrotermale (come quella di Musignano, trattata nella puntata del Maggio scorso), la quale ha dato luogo alla deposizione di depositi travertinosi.
Questi ultimi poi si fanno più frequenti verso valle, dapprima all’altezza di Ponte San Pietro e poi, in maniera ancora più vistosa, in corrispondenza dell’ampia Piana del Riminino. I travertini, al pari delle vulcaniti, sono caratterizzati da permeabilità medio-alta, per cui ospitano altre falde freatiche, a chimismo però differente, più solfato-calcico.
  Alle faglie sono connessi anche importanti fenomeni vulcanici, come la risalita del suggestivo cono di scorie di Monte Calvo, subito dopo la confluenza del Fosso Olpeta, o come la fuoriuscita di vasti espandimenti lavici che, da Torre Crognola e sino alla Cartiera di Ponte Sodo, caratterizzano le sponde del Fiora. Begli affioramenti sono visibili dal Ponte Etrusco dell’Abbadia (
Foto 1) e lungo le pareti del laghetto del Pelicone; si tratta di tefriti di colore grigio scuro, emesse circa 320 mila anni fa, delle quali parlammo nel corso del nostro itinerario geologico (puntata del Maggio 2004).
Vale la pena sottolineare che, all’incirca lungo il tratto compreso fra il Ponte San Pietro e M. Calvo, il Fiora lambisce, in sponda destra, terreni molto antichi, di età Triassica (parliamo di qualcosa come 210-230 milioni di anni fa !): sono le Filladi metamorfiche che costituiscono l’ossatura dei Monti Romani (M. Bellino e Montauto).
  Man mano che scendiamo verso il mare, il Fiora si trova ad incidere terreni sempre più giovani, per cui si passa dalle Argille Plioceniche alle Ignimbriti Pleistoceniche, per passare poi ai Travertini ed ai Depositi vulcano-sedimentari: abbracciamo pertanto un vasto arco temporale, da circa 2 milioni a poco meno di 100 mila anni fa. Subito dopo Vulci poi, il fiume inizia a depositare con più forza quei materiali alluvionali che hanno contribuito alla formazione delle valli più svasate ed ampie che iniziano a caratterizzare il paesaggio fluviale: dapprima invece il corso d’acqua correva lungo un alveo più inciso e contenuto. Sicuramente, in quest’ultimo tratto, il Fiora ha risentito delle oscillazioni marine collegate alle glaciazioni, descritte al termine del nostro itinerario geologico (puntate di Ottobre e Dicembre 2004), per cui può essersi trovato, nei periodi più caldi, anche sotto il livello marino; all’estremo opposto, in concomitanza della massima regressione marina nei periodi glaciali, la foce doveva trovarsi molto più al largo rispetto alla posizione attuale (
Foto 2).

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