Il Fiume Fiora
(Seconda Parte)
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Eccoci a riprendere il discorso sul Fiume
Fiora, interrotto qualche mese fa. Eravamo giunti alla
brusca deviazione verso Ovest, presente all’incirca
all’altezza di Pitigliano. Se ricordate, ci chiedevamo:
“Perché il Fiume non ha proseguito il suo percorso da
Nord a Sud, quasi in linea retta, così come ha
praticamente fatto dalle sorgenti sino a qui? Perché ha
invece deviato decisamente verso Ovest?”
Con molta probabilità ciò è dovuto ad un controllo di tipo strutturale,
ovvero alla presenza di una linea di faglia, orientata
all’incirca WSW-ENE, lungo la quale il corso d’acqua ha
avuto strada più facile per crearsi il suo alveo. A
conferma di ciò si consideri che tutti gli altri fossi
affluenti del Fiora, parliamo del Lente, de La Nova,
dell’Arsa, dell’Olpeta e del Timone, presentano un
andamento pressoché parallelo a quello di detta
deviazione: anche questi potrebbero quindi essersi
impostati lungo linee di faglia, legate al recente
vulcanismo di Latera.
Da questa deviazione in poi, il Fiora inizia a ricevere apporti ingenti
di acqua dai suddetti tributari, che drenano gran parte
dell’acquifero vulcanico: in effetti tutta la sponda
occidentale corre lungo il margine delle vulcaniti (in
marrone nella Fig.1), rocce
dotate di buona permeabilità, tanto da essere in grado
di ospitare importanti falde freatiche, alimentate dagli
estesi espandimenti ignimbritici e lavici che affiorano
sin fino al Lago di Bolsena ed alla Caldera di Latera.
In termini quantitativi si tratta di apporti ingenti,
che contribuiscono ad incrementare di molto la portata
del Fiume: a puro titolo esemplificativo, si consideri
che misure di portata eseguite durante il 1997,
nell’ambito del Piano Regolatore Generale degli
Acquedotti del Lazio Settentrionale, hanno fornito una
portata complessiva degli affluenti che drenano
l’acquifero vulcanico, pari a circa 2140 l/s, a fronte
di una portata del Fiora, a valle degli stessi e quindi
dopo che ha recepito tutti i loro apporti, di appena
2863 l/s: questo significa che se non vi fosse la
continua alimentazione di questi corsi d’acqua minori,
il Fiora non mostrerebbe sostanziali incrementi del
regime idrometrico, probabilmente senza divenire un
elemento così importante per la geografia locale.
I valori di portata su indicati sono chiaramente riferiti ad un preciso
momento e non sono affatto rappresentativi delle
condizioni idrauliche medie. Per avere invece un’idea
del reale regime idrometrico del Fiume, possiamo far
riferimento alle portate registrate dal Servizio
Idrografico alla stazione di misura posta all’altezza di
Montalto di Castro (stazione situata praticamente al
livello del mare): tenendo conto dei valori medi
registrati tra gli anni ‘60 e ’70, si verifica una
portata media di ben 7800 l/s; essa è soggetta però a
notevoli oscillazioni nell’arco dell’anno: si passa dai
14000-15000 l/s di Gennaio e Febbraio, sino ai minimi
estivi (tra Luglio e Agosto) di poco più di 3000 l/s.
Tale variabilità è legata al fatto che il Fiora viene
alimentato solo in parte dalle falde sotterranee, le
quali garantiscono anche nei periodi di siccità un
deflusso costante; al contrario, le sue acque derivano
principalmente dal ruscellamento superficiale, di
notevole entità sui terreni flyschiodi poco permeabili,
affioranti sulla parte alta del bacino imbrifero e su
gran parte della sua porzione occidentale.
Per avere un’idea in termini di quantità, si è calcolato
che gli apporti sotterranei (che i geologi definiscono
come “flusso di base”), possono oscillare tra i
2800 ed i 4810 l/s, assumendo quindi un peso
relativamente modesto nel bilancio idrometrico generale.
Ma riprendiamo il tragitto del Fiume, dopo la suddetta deviazione;
l’alveo si ridispone secondo l’orientamento originario,
ovvero Nord-Sud, passando lungo il limite tra le rocce
vulcaniche di Latera (ad Est e quindi in sponda
sinistra) e quelle conglomeratici-argillose (ad Ovest,
in sponda destra). E’ evidente che lungo questo tratto
gli apporti saranno differenti a seconda che provengano
dall’una o dall’altra sponda: prevalentemente di falda,
quindi più pure e pregiate, da Est, e di scorrimento
superficiale, decisamente più torbide, da Ovest.
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Ponte Etrusco dell’Abbadia (Foto 1)
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Foce del Fiora (Foto 2)
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Poco dopo l’immissione del Torrente La Nova, alimentato dalle omonime
sorgenti, si verifica un’ulteriore deviazione, in
tutto e per tutto simile a quella descritta in
precedenza; anche in questo caso è molto probabile
che essa sia stata favorita da una faglia, alla
quale possiamo ricondurre anche una passata attività
idrotermale (come quella di Musignano, trattata
nella puntata del Maggio scorso), la quale ha dato
luogo alla deposizione di depositi travertinosi.
Questi ultimi poi si fanno più frequenti verso
valle, dapprima all’altezza di Ponte San Pietro e
poi, in maniera ancora più vistosa, in
corrispondenza dell’ampia Piana del Riminino. I
travertini, al pari delle vulcaniti, sono
caratterizzati da permeabilità medio-alta, per cui
ospitano altre falde freatiche, a chimismo però
differente, più solfato-calcico.
Alle faglie sono connessi anche importanti fenomeni vulcanici, come la
risalita del suggestivo cono di scorie di Monte
Calvo, subito dopo la confluenza del Fosso Olpeta, o
come la fuoriuscita di vasti espandimenti lavici
che, da Torre Crognola e sino alla Cartiera di Ponte
Sodo, caratterizzano le sponde del Fiora. Begli
affioramenti sono visibili dal Ponte Etrusco
dell’Abbadia (Foto 1)
e lungo le pareti del laghetto del Pelicone; si
tratta di tefriti di colore grigio scuro, emesse
circa 320 mila anni fa, delle quali parlammo nel
corso del nostro itinerario geologico (puntata del
Maggio 2004).
Vale la pena sottolineare che, all’incirca lungo il
tratto compreso fra il Ponte San Pietro e M. Calvo,
il Fiora lambisce, in sponda destra, terreni molto
antichi, di età Triassica (parliamo di qualcosa come
210-230 milioni di anni fa !): sono le Filladi
metamorfiche che costituiscono l’ossatura dei Monti
Romani (M. Bellino e Montauto).
Man mano che scendiamo verso il mare, il Fiora si trova ad incidere
terreni sempre più giovani, per cui si passa dalle
Argille Plioceniche alle Ignimbriti Pleistoceniche,
per passare poi ai Travertini ed ai Depositi
vulcano-sedimentari: abbracciamo pertanto un vasto
arco temporale, da circa 2 milioni a poco meno di
100 mila anni fa. Subito dopo Vulci poi, il fiume
inizia a depositare con più forza quei materiali
alluvionali che hanno contribuito alla formazione
delle valli più svasate ed ampie che iniziano a
caratterizzare il paesaggio fluviale: dapprima
invece il corso d’acqua correva lungo un alveo più
inciso e contenuto. Sicuramente, in quest’ultimo
tratto, il Fiora ha risentito delle oscillazioni
marine collegate alle glaciazioni, descritte al
termine del nostro itinerario geologico (puntate di
Ottobre e Dicembre 2004), per cui può essersi
trovato, nei periodi più caldi, anche sotto il
livello marino; all’estremo opposto, in concomitanza
della massima regressione marina nei periodi
glaciali, la foce doveva trovarsi molto più al largo
rispetto alla posizione attuale (Foto
2). |
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