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CACCIATORI DI CACAO Nella foresta peruviana sulle vie del cacao
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Foto e testi di Steven Busignani |
Questo racconto e'
frutto di fantasia, ogni riferimento a fatti e persone reali e' puramente
casuale". Poco prima dell'alba salgo sulla jeep. Due ore in una strada piú adatta ad un mulo che ad un mezzo su ruote. Saluto le due persone che vengono con me ma non parlo per molto tempo ancora, io la mattina sono di pessimo umore, specialmente se sto andando in foresta accompagnato da uomini d'affari. La jeep ha forti scossoni mentre si arrampica per le montagne. La nebbia avvolge ancora le punte degli alberi. Durerà poco, il sole si sta alzando diritto davanti a noi: le albe sono sempre belle, la nebbia si dissolve poco a poco come il ricordo dei sogni avuti nella notte. Arriviamo al villaggio principale della valle, mi metto d'accordo con un barcarolo per farmi accompagnare piú giú lungo il fiume, lì ho una casa, costruita anni fa. La barca viaggia seguendo la corrente leggera e veloce, il fresco del fiume e' piacevole. Al villaggio saluto le prime persone, prendo in braccio una bimba che conosco: la piccola Marzia, la bacio sulla guancia e sorrido alla madre. Arrivo alla mia capanna, attraversando il torrente a piedi, l'acqua e' trasparente, le rocce ricoperte di muschio, le orchidee non sono in fiore ma le riconosco dalle foglie. Gli amici che ho accompagnato arrivano dall'Italia: come chiunque arrivi in Amazzonia per la prima volta sono spaventati da tutto, intimoriti; non si sentono a loro agio. Questo a me non e' mai successo: la selva e' sempre stata la mia casa, l'ho sempre vista così. Giro in sandali e pantaloncini, il mio corpo e' felice dopo mesi di sofferenza in città, riscopro i muscoli che fieri viaggiano nei sentieri, i vestiti si inzuppano di sudore per l'umidità ed il caldo. Ho pazienza, non parlo molto, solo faccio il mio lavoro: accompagnare i compratori a vedere le piantagioni di cacao, a parlare con i nativi che lo coltivano, ad assicurasi la raccolta nella nuova stagione. Posso entrare nelle case della gente, parlare, chiedere, in qualche modo espormi. Non sono di buon umore, gli uomini d'affari pensano solo agli affari, qui io mi gioco la mia reputazione, ma non tra la mia gente d'origine ma tra le genti che mi hanno ospitato in questi anni. Faccio l'interprete culturale: devo far in modo che i nativi e i compratori arrivino ad un accordo giusto, che i coltivatori si sforzino a consegnare un prodotto di qualità (il mercato europeo e americano e' molto esigente) e che i compratori paghino un prezzo giusto. Anch’io avrò la mia percentuale, ma non l´ho faccio per i soldi, non l´ho mai fatto per quello, a me piace il mio lavoro, rimanere giorni interi in foresta ed essere pagato. L'amicizia con i nativi si e' costruita in anni, mi rispettano, io rispetto loro. Capisco di cosa parlano, facciamo le stesse cose, la foresta e' la nostra casa. Uno che viene da fuori non può subito capire, certe sfumature degli accordi li tengo per me. La campagna per il cacao e' iniziata, si calcolano i volumi dei raccolti futuri, gli acquisti. Si definiscono i trasporti ed i pagamenti. E’ pomeriggio, tardi. Ho visitato due villaggi, i compratori desiderano tornare in città. Camminando mi distacco da loro, vado avanti qualche centinaia di metri: il silenzio, poi il rumore del vento e dei ruscelli. Non sono molto contento, perché dovrei esserlo per una piccola percentuale? Ascolto i commenti dei connazionali civilizzati: qualcuno può giudicare il modo di vivere dei nativi selvaggio, primitivo, inconcepibile. In cuor mio capisco però che vivere semplicemente e' una grande gioia e che la mia gente si crea tanti problemi, troppi. Ripeto sempre che e' una questione mentale. Ho avuto una grande soddisfazione però, quando uno degli uomini d’affari che accompagnavo si presentò come dirigente di una importante azienda conosciuta in cittá. Un capo dei nativi rispose: noi parliamo solo con Esteban (cosi mi chiamano qui). Lui e' un amico di lui ci fidiamo, questa oggi e' stata la mia piú grande ricompensa. Ho il privilegio di vedere il punto di vista di entrambe le parti, non sono felice per questo, mi piacerebbe un mondo piú semplice, piú equo e piú solidale, il resto sono chiacchiere. In fondo non ho grandi meriti, solo quello di riuscire a sedere con la stessa disinvoltura in un ristorante di lusso con uomini d’affari sofisticati e allo stesso modo sedere sulla terra della foresta parlando con la gente della selva. La natura in tutto questo sta a guardare, come sempre indifferente.
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