NEW YORK AL TEMPO DI SANDY

   

Testi di Giuseppe Moscatelli Foto di Paolo Moscatelli 

Questo reportage è stato interamente realizzato nella settimana in cui New York era investita – per la gran parte dei media “devastata” – dall’uragano Sandy. Tutti abbiamo seguito in diretta l’evolversi del minaccioso uragano che sembrava volersi mangiare la Grande Mela; tutti abbiamo ammirato le gesta di impavidi inviati televisivi che, ricoperti da incerate, microfono alla mano si esponevano alla pioggia e al vento.

A giudicare da queste foto tuttavia non sembra che i newyorkesi ne abbiano particolarmente risentito, almeno quelli che abitano nella parte alta di Manhattan. Lo scoiattolino di Central Park era sempre lì, in posa, a rimpinzarsi di noccioline con non meno avidità dei piccioni di Venezia; Time Square di notte riluceva delle sue mille luci, come sempre affollata di turisti e residenti. Qui e là qualche albero abbattuto o qualche grande vaso di arredo urbano rovesciato stavano pur sempre a significare che qualcosa era accaduto, ma fornivano più che altro ai turisti il pretesto per qualche foto ricordo.

Certo più si scendeva verso Lower Manhattan più le cose si complicavano: il micidiale intreccio di avenues e streets, da percorrere a piedi per il blocco dei mezzi pubblici, era tale da sfiancare il turista più volenteroso; anche la Statua della Libertà la potevi ammirare solo dalle banchine di Battery Park, perché il mare era mosso e i traghetti non circolavano.

Nel complesso New York “al tempo di Sandy” appariva come una città schizofrenica: dalla ventinovesima strada in giù tutto chiuso e spento;  oltre la ventinovesima, in su, era la New York di sempre, o quasi. L’autore di queste foto alloggiava proprio sullo spartiacque, in un hotel sulla ventinovesima strada e affacciandosi alla finestra della sua stanza poteva vedere all’insù i semafori funzionare e le auto circolare; mentre lui doveva farsi a piedi, per mancanza di elettricità, i nove piani necessari per raggiungere la sua stanza; doveva lavarsi – se voleva lavarsi – con l’acqua gelida del rubinetto o della vasca e difendersi sotto un piumone dal freddo implacabile della notte newyorkese. E tutto questo non per poche ore, ma per uno, due, tre, quattro, cinque giorni consecutivi! “L’energia elettrica è ritornata il giorno prima della nostra partenza!” ci ha raccontato disilluso e frastornato.    

Ecco, questo è un punto sul quale vorrei ricondurre la vostra attenzione: cosa sarebbe successo se una cosa del genere fosse avvenuta un Italia? Un black out lungo quasi una settimana? Possiamo ben immaginare la pioggia di interrogazioni parlamentari, le dichiarazioni sdegnate dei politici, le interviste accorate ai pensionati al buio, i collegamenti live dei talk show con gli inviati, circondati di gente infreddolita, che proclamano banalità del tipo “Vedi Michele, qui la gente è completamente al buio...”. La magistratura avrebbe aperto un’inchiesta, le tv e i giornali avrebbero rilanciato con enfasi il nome degli indagati, sarebbe stato istruito un processo e dopo qualche anno i responsabili dei danni dell’uragano - perché qualcuno sicuramente avrebbe dovuto prevenire,  avvertire,  evacuare, evitare... - sarebbero stati condannati in primo grado. Sindacalisti ed editorialisti avrebbero espresso la loro soddisfazione; i politici – pur con qualche distinguo – si sarebbero allineati; gli avvocati avrebbero dichiarato di ricorrere in appello “dopo l’attenta lettura delle motivazioni”...

Niente di tutto questo a New York. Gli americani sono al tempo stesso ottimisti e fatalisti. Quel che deve succedere succeda. I newyorchesi hanno visto mille volte al cinema la loro città – ombelico mediatico del mondo – abbattuta da terremoti, affondata da tsunami, assiderata da ere glaciali di ritorno, attaccata da mostri, extraterresti, alieni. Poi c’è stato lo shock autentico dell’undici settembre... figuriamoci se si fanno impressionare da una Sandy qualsiasi. I newyorkesi sono disciplinati e pazienti: prima o poi la luce tornerà, la metro riprenderà a correre, i teatri riapriranno. E Sandy andrà a soffiare da un’altra parte.               

                       

 

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Bronx, interno Ancora un albero disarcionato da Sandy...i giardinieri avranno il loro daffare! Decori Art Deco sulla Plaza del Rockefeller Center Ground Zero, La Freedom Tower è quasi completata I turisti fanno il verso ai 'devastanti' effetti di Sandy
 Il Flatiron Building, uno dei più celebrati grattacieli newyorkesi Il grattacielo in costruzione con la gru disarcionata, l'immagine più  rilanciata dai media internazionali del passaggio di Sandy a New York Il Manhattan Bridge, collega  Lower Manhattan con Brooklyn e affianca il ben più famoso Ponte di Brooklyn Liberty Island, irraggiungibile nei giorni dell'uragano Il rettangolo verde di Central Park nella classica visione dal Rockefeller Center  

                                            Lo scoiattolino di Central Park, sempre in posa per i fotografi a sgranocchiar noccioline                          Panorama di Manhattan, con l'Empire State Building in primo piano                   Piccolo cimitero urbano nel cuore di Manhattan                      Time Square, come sempre affollata, nonostante Sandy

 

Associazione Canino Info Onlus 2013