L’evento potrebbe ben figurare in un racconto di Charles
Dickens, o di Oscar Wilde, e a raccontarlo viene in mente,
con una certa ilarità, una di quelle storie ideate da Max
Aub. Qui però, al contrario di Aub, nulla è inventato, e il
fine, se sia lieto o meno, lo stabilirà il lettore.
Il Dr. Franklin D. Utterson, ginecologo statunitense di larga fama e
grandi capacità economiche, negli anni che vanno dal 1991
alla fine del secondo millennio divideva i suoi viaggi
annuali in Europa tra l’alta Tuscia laziale e i vigneti
della ricca Borgogna, lungo la striscia di terra che parte
dal villaggio di Cheilly-les Maranges e arriva poco a sud di
Digione, quella che i ‘sommeliers’ di professione
identificano immediatamente come la ‘Côte d’or’. Va
premesso che il Dr. Utterson è sempre stato un uomo dal
palato fine e un conviviale gaudente e raffinato.
Nella Tuscia, il Dr. Utterson aveva apprezzato in modo particolare un
vino ricavato con un vitigno di media qualità, la Malvasia,
e ne aveva bevuto in notevole quantità, (apprezzandolo fino
a quello stato di leggiadra follia chiamato sbronza), un
tipo realizzato da un agricoltore nel territorio di Canino
(Viterbo). Il Dr Utterson, uomo di ampi orizzonti e
impregnato del tipico pragmatismo statunitense, progettò
immediatamente un’impresa commerciale finemente audace. A
Beaune, forte dei cordiali rapporti con i più importanti ‘négociants’
della Côte d’Or, ottenne che una discreta quantità di viti
del pregiatissimo ‘Chardonnay’ della zona fosse esportato
nella Francia occidentale, ossia nel bordolese, impiantando
circa quindici ettari di terreno del ‘Médoc’ con le preziose
viti, ed importando poi, da un amico del celebre Jaques
Latour, una discreta quantità di ‘barriques’ fabbricate con
il rovere della foresta di Allier.
Gli intendimenti di Utterson erano altri, come verrà esposto
in sintesi qui appresso.
In effetti, una volta giunto colà, lo chardonnay venne presto
‘imparentato’ con la già nominata Malvasia caninese, di cui Utterson
aveva acquistato una partita di uva di circa 16 tonnellate
proveniente da Canino, villaggio del viterbese noto per la
produzione di un olio extravergine d’oliva di qualità superba.
Il signor Vincent Renoir, di Bordeaux, enologo, vinificò dapprima la
malvasia, poi mescolò il ‘cockail’ malvasia-chardonnay e terminò la
vinificazione in acciaio, dopodiché passò il vino in barrique
lasciandolo ivi per otto mesi. La prima vendemmia della nuova
creazione enologica portava la data 1994, e negli anni successivi ad
essa non furono attribuite al vino particolari qualità. Il nuovo
nato era un vino molto fruttato, da gustare fresco e in giovane età;
purtroppo non adatto all’invecchiamento e infine di scarsa
complessità gustativa-olfattiva. Non un flop, ma nulla per cui
sembrava che valesse la pena continuare l’esperimento.
Nel novembre del 1995 venni contattato da Utterson: mi aveva conosciuto
tramite alcuni négociants borgognoni che svolgevano scambi
commerciali tra la ‘Cote d’Or’ e il territorio di Ribera del Duero
(Spagna), in cui, a onor del vero, mi vanto di aver costruito un
vino rosso che ha riscosso enorme successo in tutto il mondo.
Trasferitomi nel Médoc, studiai dapprima il nuovo vino realizzato da
Renoir. Egli era partito con un misto di 90% di chardonnay e 10%
malvasia.
Nel settembre ’96, alla vigilia della vendemmia, ero pronto per una
sfida dall’esito incerto, che avevo già progettato in uno di quegli
impeti di curiosità creativa che animano la mano dell’artista.
Infatti nulla aggiunsi al procedimento di vinificazione di Renoir,
ma utilizzai il 60% di chardonnay e il 40% di malvasia. Oltre ciò,
allungai il tempo della raccolta dei grappoli di 30 giorni,
favorendo la maggiore essiccazione delle uve con aumento della
percentuale zuccherina. Dopo una breve fermentazione ed un
altrettanto breve passaggio in acciaio, feci invecchiare il vino
dodici mesi in barrique, e ordinai di commercializzarlo non prima di
aver trascorso due ulteriori anni di affinamento in bottiglia.
Nel 2000, in una degustazione in cieco svoltasi a New-York, sotto il
controllo attento e severo di alcuni membri della rivista ‘Wine e
spectator’, il vino nato dalla vendemmia ’96, che io avevo
realizzato, ottenne un successo clamoroso. Riporto la
definizione di James W. Anderson, presidente del comitato di
analisi. “Il vino ha la complessità e la struttura di un ‘Corton
Charlemagne’, o di un ‘Montrachet’, ma più di essi ha una
freschezza, una fragranza e un fruttato che sono assenti nei grandi
bianchi borgognoni”. Con un accordo raggiunto attraverso
italiani, francesi della Borgogna e del bordolese, battezzammo il
nuovo nato “Demi-Agnon”.
Il ‘Demi-Agnon’, nei pochi anni seguenti, invase un mercato
d’élite straordinario. Le maggiori enoteche francesi e italiane
fecero a gara per ottenerne rarissimi esemplari, e nessuno ‘chef’ di
grido, neppure il sommo Paul Bocuse, riuscì ad inserirlo nella lista
dei vini del proprio ristorante. La quotazione per bottiglia aumentò
in maniera iperbolica tra il ’2001 e il 2003, anche se i privati che
riuscirono ad appropriarsi di un esemplare si contarono, e si
contano tuttora, con le dita di una mano. Citerò un facoltoso
petroliere texano, E.J.Olmos, che nell’ottobre 2003, all’asta di
“Landsbury e Cole”, a Southampton, prenotò un esemplare della
vendemmia ’96 al prezzo record di 5000 dollari. La cifra appare
senz’altro esagerata, ma leggete le dichiarazioni di Olmos,
intervistato da un giornale statunitense: “Investire 5000 dollari
per un ‘Demi-Agnon’ del ‘99 è stato un evento che ha scosso il mio
senso del bello. Oggi mi contento di osservare la bottiglia e
rimango senza la capacità di esprimere nulla: è come il religioso
silenzio di un amante dell’arte di fronte alla volta della Cappella
Sistina”.
Al sito internet Canino Info, con il quale mantengo rapporti di
affettuosa amicizia, ho voluto donare un esemplare di quello che è
diventato in poco tempo il vino più ricercato del mondo; tanto più
che lo ritengo una mia creazione. L’etichetta riportata è tratta
dalla vendemmia ’99, a mio avviso una delle migliori degli ultimi
trenta anni. Chiunque volesse maggiori informazioni può contattarmi
attraverso il sito.