Alexandrine de Blechamp-Bonaparte
Profilo biografico della seconda moglie di Luciano e suo intervento
nella realizzazione del monumento di Canino.


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Parte Prima

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di Giulia Item

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  Alexandrine de Blechamp-Bonaparte rappresenta un fondamentale punto di riferimento all’interno del quadro storico in cui si pone il complesso scultoreo della cappella di Canino
Questa donna seppe abilmente seguire l’attività culturale a cui si dedicò il principe di Canino nel corso della sua vita: un sostegno morale, che spesso riuscì a trasformarsi in valido aiuto nelle questioni pratiche, come nel caso della esperienza archeologica, avviata anche grazie all’intervento della stessa. Tra le pagine dei Souvenirs di Pierre Napoléon, settimo tra i dieci figli dei principi di Canino, troviamo le seguenti parole: “Le scienze e le belle lettere erano il rifugio costante di mio padre. Mia Madre veritabile Egeria lo assecondava..” [nota1]
  Sebbene risultassero dubbie le sue origini sociali, la futura principessa di Canino riuscì ugualmente ad affascinare Luciano sin dal loro primo incontro, avvenuto nel 1802 a Méréville [nota2]; ben presto, infatti, questa ennesima ‘avventura galante’ del senatore si trasformò in un legame più importante per il quale egli arrivò a rinunciare agli onori dell’Impero che il potente fratello avrebbe voluto tributargli.
Alexandrine, del resto, ricambiò sempre questo sentimento così forte con una grande devozione che la spinse, anche dopo la scomparsa del marito, a difendere strenuamente la sua memoria.
 



Alexandrine de Bleschamp



Alexandrine de Bleschamp
(Carboncino, Museo Napoleonico di Roma)

La prima occasione le si presentò appena quattro anni dopo la morte di Luciano: nel 1844, infatti, venne pubblicata a Parigi l’opera che avrebbe dovuto esaltare il personaggio di Napoleone, la “Storia del Consolato e dell’Impero” di Thiers. In questo lavoro la figura di Luciano ne usciva completamente distorta e descritta in termini offensivi. Per questo motivo la donna, dopo aver tentato senza risultato di avere dalla sua il sostegno delle personalità intellettuali della capitale francese, intraprese da sola una battaglia morale, avvalendosi dei documenti sia ufficiali che personali in suo possesso ed ereditati dallo stesso marito.
  Questo materiale, che secondo Alexandrine non era stato minimamente considerato dallo storico, fu dunque da lei utilizzato per comporre un libretto pubblicato nel 1845 e intitolato “Appello alla giustizia dei contemporanei del defunto Luciano Bonaparte, in refutazione delle asserzioni del sig. Thiers nella sua Storia del Consolato e dell’Impero”.
Sempre per questo stesso desiderio di tenere viva la memoria del defunto marito, ma soprattutto per mantenerla integra dagli attacchi dei tanti detrattori del principe, Alexandrine volle celebrare quest’ultimo attraverso la realizzazione di un monumento.
 
  L’attuazione di tale progetto non le riuscì difficile in quanto ella, sin dal suo arrivo in Italia, era stata abituata a frequenti contatti con l’ambiente artistico. A Roma aveva avuto modo di conoscere i più noti pittori e scultori del tempo, di disquisire d’arte con i più grandi esperti, di arricchire il suo bagaglio culturale direttamente da questi ultimi, di stringere amicizia con i letterati più famosi dell’epoca, acquisendo le nozioni necessarie per arrivare anche a scrivere un componimento in versi, la Batilde [nota3].
Al pittore ‘di famiglia’ Chatillon chiese spesso di farsi ritrarre partecipando poi alla realizzazione del dipinto con i propri suggerimenti; naturalmente questa non fu l’unica occasione di posare per qualcuno in quanto ci sono numerose altre opere, sia dipinte, sia scolpite, che ancora oggi ci consentono di conoscere le sue fattezze [nota4].
  Dunque, ella decise di contattare Pampaloni nel 1840, e chiedergli di ideare un monumento funebre che rendesse giustizia alla figura del principe attraverso la raffigurazione sia delle virtù che in vita lo avevano reso un uomo tanto speciale, sia della devozione che la stessa moglie gli aveva tributato da vivo continuando a farlo una volta trapassato: «La desolata consorte sua Consorte gelosa di questa gloria dal Principe Luciano conseguita ha stabilito mandarne la memoria alle più lontane generazioni per mezzo di un monumento che simbolicamente abbracciasse la vita e la morte del medesimo Principe» .
  Questo, però, rimase l’ultimo atto d’amore nei confronti dell’uomo per cui aveva nutrito tanta stima: la principessa vide, infatti, terminato il monumento nel 1847 e morì qualche anno più tardi in una delle sedi che Luciano aveva prediletto, Senigallia, il 12 luglio 1855 a causa di un’epidemia di colera. Prima di morire la Principessa non dimenticò di creare un luogo dove si potessero riunire le spoglie mortali di Luciano e dei suoi familiari, ella compresa; dal 1854, dunque, il monumento eseguito dal Pampaloni trovò la sua collocazione definitiva.

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Note:
1 Pierre Napoléon Bonaparte, Souvenirs, traditions, et révélations, Bruxelles 1876, pag.111.
2 P. Fleuriot de Langle, Alexandrine Lucien Bonaparte , Paris 1939, pag. 186.
3 Ibid., pag.129
4 La principessa di Canino fu spesso ritratta dagli artisti che gravitarono intorno alla ‘corte’ del consorte: si ricordino, ad esempio, il ritratto su tela di Fabre che fu eseguito nel 1808, durante il periodo del soggiorno fiorentino, in coppia con un ritratto di Luciano (Roma, Museo Napoleonico, inv. n°534 e n° 528), o l’opera del Canova sempre conservata al Museo Napoleonico (inv. n° 53). Altrettanto importanti i numerosi disegni, eseguiti da Chatillon, in cui Alexandrine fu ritratta con i suoi familiari nella quiete casalinga, scene di cui il pittore fu testimone (Roma, Museo Napoleonico, inv. n° 807 e n° 808). Cfr. Laura Capon, (a cura di), Il Museo Napoleonico, itinerario espositivo., 1986, pag.58; cfr.M. Natoli, Luciano Bonaparte, le sue collezioni d’arte, le sue residenze a Roma, nel Lazio, in Italia (1804- 1840), Roma 1995, pag.398.