La chiesa Collegiata dei SS. Giovanni e Andrea ai tempi del Principato di Luciano Bonaparte


Vai a Parte:  2^

Parte Prima

Stampa

di Giulia Item

Clicca sull'immagine per corrispondere con l'autore


  Quando Luciano Bonaparte acquistò le terre di Canino, trovò nei suoi possedimenti anche la chiesa eretta sulla piazza principale della cittadina, che fino ad allora era stata compresa nei beni camerali dello Stato Pontificio.
La Collegiata fu edificata a partire dal 1783, ma subì alcune modifiche già nel periodo compreso tra 1793 e 1796, anni in cui il cappellano Conti lamentò maggiori disagi a causa delle cattive condizioni strutturali della chiesa [nota2] ; il sito scelto per far sorgere la chiesa cittadina fu quello dove, nel 1460, era sorto il castello Farnese: in luogo delle rovine di quest’ultimo nacque il cantiere della chiesa dei SS.Andrea e Giovanni.
  La chiesa, che ancora oggi è possibile ammirare dalla piazza Bonaparte, piazza che rappresenta il centro della cittadina, fu modificata intorno agli ultimi anni del XVIII sec. [nota3] ; la facciata si compone di un portale centrale di stampo cinquecentesco sormontato da un timpano curvilineo, in opposizione ai timpani triangolari che coronano i due portali minori ai lati di quello principale. Sopra l’intera struttura, resa unita da un’architrave modanata, l’incisione dedicata ai due santi: «IN HONOREM SS. APLORUM JOANNIS ET ANDREAE UNIVERSITATIS AS CANINI ANNO DOMINI MCDCCXIII». L’iscrizione dedicatoria documenta la fine dei lavori veri e propri e la riapertura al culto della chiesa.
 
 

 
La chiesa Collegiata dei
SS. Giovanni e Andrea di Canino

 
 
 


 
 

 
 
  L’interno della chiesa, diviso in tre navate, reca due file di cappelle che si aprono sulle navate laterali; la decorazione delle pareti è divisa da un cornicione emergente, al di sopra del quale partono i costoloni che delimitano volte e finestre. Inserti cromatici sono dati dai costoloni dipinti delle volte e da una croce posta al centro del tamburo.
L’autore dell’edificio fu Giuseppe Camporese (1763-1822), architetto particolarmente attivo nel Lazio a cavallo tra XVIII e XIX sec., quando riuscì ad affermare il suo linguaggio personale prendendo le distanze dall’influenza del padre Pietro il Vecchio [nota4] e dalla tradizione familiare. Camporese risultò, insieme a Valadier, Stern, Simonetti [nota5] , uno dei pochi artisti neoclassici con una maturità tale da poter rielaborare i ‘messaggi’ che riuscì a cogliere, tanto attraverso un attento studio dell’arte del Cinquecento che del linguaggio classicista di modello vitruviano affermatosi in quegli anni. L’architetto, pure se attento all’accostamento razionale delle figure geometriche basilari, non perse mai di vista l’effetto d’insieme che poteva conferire alle sue costruzioni grandiosità e maestà.
I suoi maggiori progetti furono realizzati sia per lo Stato Pontificio che per l’Amministrazione del Governo Francese a Roma.
In Vaticano cominciò ad operare già dal 1786 quando, a soli ventitrè anni, fu nominato architetto pontificio: con questo incarico egli portò a termine il cosiddetto Atrio dei quattro cancelli e la Sala delle Bighe.
All’Accademia di S. Luca ricoprì la carica di docente dal 1798. Durante gli anni di insegnamento Camporese produsse numerosi progetti, oggi conservati alla biblioteca Sarti dell’Accademia di S. Luca, che mostrano in che modo l’architetto, una volta acquisito il lessico di base del neoclassicismo, riuscì perfettamente a mettere in comunicazione le diverse influenze: egli, infatti, utilizzò “un vocabolario minimo, ma altamente suggestivo (...) di cui viene rimodellata la stessa sintassi elementare (...)” [nota6]. Inoltre, parallelamente alla cultura italiana dei secoli precedenti, Camporese inserì nei suoi lavori idee mutuate dalla cultura francese del funzionalismo [nota7] di Ledoux [nota8] e Boullée [nota9] , anche se in maniera meno rigorosa e, ancora una volta, ‘stemperata’ dalla presenza di elementi antichi.

Vai a Parte:  2^

TORNA SU

Note:
2 A.S.R., Camerale III, busta 497. Per le notizie sulla costruzione della Collegiata cfr. anche: G.Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, Venezia 1840-’79; P.E.Visconti, Notizie storiche sulla terra di Canino, Viterbo 1843; L.Lotti, Tuscia e Canino, in «Alma Roma » n°1-2, 1974; M.Sciarra, L’Alto Lazio dalle origini al 1870, Roma 1983.
3 Catalogo dei Beni Culturali del Lazio: scheda n°12/ 00222825 a cura di A. Ratella (1973); revisione di M.C.Oberti (1980).
4 Pietro Camporese, detto il Vecchio (1726-1781). “Padre di Giuseppe e Giulio, è il primo membro noto di una famiglia di architetti, attiva a Roma nei secc. XVIII e XIX. La prima data sicura risale al 1754, quando vinse il secondo premio al concorso Clementino dell’Accademia di S. Luca nella prima classe di architettura. Il progetto non si stacca molto dai modi tardobarocchi che in quel tempo dominavano a Roma. Dal 1775 Camporese fu membro dell’Accademia di S. Luca nella quale fu in seguito insegnante. Prima sotto Clemente XIV e poi sotto Pio IV lavorò con Simonetti alle nuove sale del Museo Vaticano. Tra l’altro, dal 1772 al 1776 eseguì, con il pittore Svorelli, i disegni per le incisioni dei due volumi ‘Le loggie di Raffaello’ nel Vaticano. L’architettura del Camporese è ancora volta ai modelli del tardo barocco romano, sia pure mescolati con forme che soprattutto il Vanvitelli adottava nelle sue opere romane: essa è esemplare della tendenza eclettica degli architetti romani della fine del XVIII sec., prima dell’affermarsi del severo gusto neoclassico.” Cfr. M. F. Fischer, Dizionario biografico degli italiani, Roma 1974.
5 Michelangelo Simonetti (1724-1781), architetto. “Divenne architetto camerale al Vaticano dove lavorò per la trasformazione del Museo Vaticano e Pio Clementino con Pietro Camporese il vecchio. Egli fu membro dell’Accademia di S. Luca dal 1778, e dei ‘Virtuosi del Pantheon’ dal 1769. Cfr. M. Pollack, Macmillan Encyclopedia of Architects, New York 1982.
6 Piero Zanetov, Un album di progetti architettonici di Giuseppe Camporesi, in «Quaderni sul ‘700» a cura di E. Debenedetti, pag.271-279.
7 Giuseppe Camporese, accolto fra gli accademici romani nell’ultimo decennio del XVIII, subì sicuramente l’influenza delle idee che gli architetti francesi portarono a Roma. Infatti, i pensionnaires dell’Accademia di Francia che molto spesso parteciparono ai concorsi indetti dall’insigne scuola romana, introdussero gli elementi dominanti della loro ideologia ‘funzionale’ dell’arte, come ad esempio l’uso della colonna o delle forme geometriche. L’architetto si trovò ad elaborare progetti secondo l’indirizzo stabilito dall’Accademia di S.Luca: un’architettura a metà strada tra le novità che giunsero da oltralpe e le formule, più consuete, dettate dall’osservazione di modelli antichi. Cfr. P.Marconi, A.Cipriani, I disegni di architettura dell’Archivio Storico dell’Accademia di S.Luca, I, Roma 1974, pp.271-322.
8 Claude Nicolas Ledoux (1736-1806), architetto. Per le notizie biografiche, cfr.M. Gallet, Macmillan Encyclopedia..., 1974
9 Etienne Louis Boullée (1728-1799), architetto. Per le notizie biografiche, cfr.R.A.Etlin, Macmillan Encyclopedia, cit., 1974