Il monumento funerario dedicato alla memoria di Luciano Bonaparte nella Chiesa Collegiata di Canino


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Parte Prima

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di Giulia Item

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  Il monumento funerario di Luciano Bonaparte – opera dello scultore fiorentino Luigi Pampaloni - occupa la parte di fondo della cappella gentilizia situata nella Collegiata. Esso si compone di una struttura architettonica formata ai lati da paraste scanalate che sostengono una trabeazione con coronamento mistilineo; all’interno, una cornice ad arco limita il bassorilievo; ai lati, le lesene poggiano direttamente su plinti decorati con lo stemma di famiglia.
  Il bassorilievo raffigura, al centro della composizione, Luciano e Alexandrine: il Principe é disteso sul letto di morte e, con un movimento stentato che esprime la sofferenza fisica, benedice la consorte; quest’ultima, inginocchiata al capezzale con i capelli sciolti, reggendo il braccio allo sposo, accoglie il gesto di lui per sé e per i figli lontani. In una descrizione del progetto scritta dallo stesso Pampaloni e inviata ad Alexandrine si può leggere: «Stà il Principe prostrato sul talamo che vedovo tra poco dovrà lasciare. L’affettuosa sua Consorte genuflessa alla sponda chiede per i figli e per se la solenne estrema benedizione: e quegli viene composto nell’atto di adempiere a quest’ultimo pietoso officio di carità paterna. La Principessa (...) raccomanda al padre i figli che unir non poteano alle sue le loro lacrime perché lontani. Muove il braccio indietro per indicarli assenti.» [nota1]
 
 

La Chiesa Collegiata di Canino
al cui interno si trova il monumento
funerario di Luciano Bonaparte
 
 
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La Cappella Bonaparte
 
 

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Il monumento funerario a Luciano Bonaparte opera dello scultore fiorentino Luigi Pampaloni
 
 
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Luciano morente
(particolare del monumento)
 
 
  Intorno ai principi di Canino si trovano disposte alcune figure allegoriche rappresentanti quei meriti e quelle virtù che contraddistinsero Luciano durante la sua esistenza. All’estrema sinistra sta la figura dell’Opinione, raffigurata per la prima volta in scultura.
Questo soggetto che, secondo le idee dell’artista, avrebbe dovuto rappresentare la fermezza che contraddistinse Luciano nel rapporto con il fratello, dovette creargli non pochi problemi: «Quanto al simbolo di quest’opinione non essendo stato da altri artisti trovato né dagli iconologisti discorso, si é dovuto attendere ai più generali caratteri di essa. Come figlia della ragione, perché si fissa nell’animo in virtù del maturo esame dei fatti sopra dé quali si fonda vien rappresentata con un atteggiamento grave, severa negli abbigliamenti». [nota2]
  Questa “divinità sociale” è scolpita nell’atto di incoronare Luciano con un serto che regge con la mano sinistra, elemento a sua volta riferito all’Opinione stessa; la destra è poggiata sul globo terrestre che, a sua volta, è posto in bilico su un parallelepipedo ornato da una bilancia in bassorilievo: «a mostrare il giudizio scevro di passione che precede all’opinone.» [nota3]
Dunque tale elaborazione fu esclusivamente opera dell’ingegno dell’artista; benché nei più recenti dizionari di iconografia possiamo trovare qualche nota circa le sembianze di questa figura [nota4] , non si conosce l’esistenza di una tradizione allegorica che riprenda una simile interpretazione.
  Dalla parte opposta, all’estrema destra, è seduta un’altra figura femminile che reca gli attributi dell’Ambizione. Ella è seduta sul bordo dello zoccolo centrale e volta le spalle alla scena principale; solo la faccia è rivolta verso l’Opinione «ad esprimere poi la costante avversione che egli ebbe per il trono (...) e nell’atto di alzarsi e dipartirsi ché a quel momento di morte ogni altra cura sarebbe vana a rimuovere l’eroe dal proposito che sempre fermo mantenne in vita. Essa viene coronata dal serto dei Cesari perché tale era colui che avea a disporre delle corone e degli scettri.» [nota5]
  Come si deduce dallo stesso pensiero dell’autore in queste righe, non ci furono difficoltà per questa seconda raffigurazione: la tradizione iconografica, infatti, rappresenta l’Ambizione con uno scettro in mano, oppure quasi schiacciata dal peso di corone scettri e altri attributi regali [nota6] ; nel nostro caso lo scultore rappresenta la figura con una corona imperiale affinché si possa intendere il paragone con colui che fu ‘schiacciato’ dai suoi numerosi attributi regali: Napoleone.
Ciò che pone maggiori interrogativi è la lettura delle altre due figure che sono disposte sul fondo della scena fin qui analizzata.
Dalla parte opposta di Alexandrine si trovano due donne che, oltre ai loro caratteristici attributi, recano in mano un cartiglio. Prima di passare alla descrizione delle allegorie, è opportuno spendere qualche parola su questo particolare: esso rappresenta, infatti, il trascorrere della vita [nota7] ed è per questo motivo che le figure lo rivolgono a Luciano completamente srotolato come a segnalargli che è giunto al termine dei suoi giorni.
  Una delle due figure ha il corpo ed il capo completamente coperti da un velo; nella mano destra reca una croce e nella sinistra il rotulo di cui sopra. L’altra, che si trova alla sinistra della precedente, stringe nella mano destra un secondo cartiglio e regge con il braccio sinistro una cornucopia. Quest’ultima, in particolare, non è menzionata nel carteggio tra Pampaloni e Alexandrine de Blechamp-Bonaparte. Essa, però, è probabile che sia stata inserita come riferimento alla floridezza del ‘regno’ di Luciano Bonaparte: tale deduzione è suggerita, infatti, proprio dagli attributi della figura - in particolar modo la cornucopia - che tradizionalmente vengono associati all’immagine dell’Abbondanza.
 

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Alexandrine inginocchiata
(particolare del monumento)
 

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L'Opinione
(particolare del monumento)
 
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L'Ambizione
(particolare del monumento)
 

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Note:
1 Perugia, Archivio Faina, n° inv. CCCLVII, 21.
2 ”(...) il dado di sostegno al talamo. E’ alto questo dado br.1 sol.3; lungo brac.3 sol. 15V.” :ibidem.
3 Ibidem.
4 ”L’opinione appoggia sul globo terrestre uno scettro e una corona.” Cfr. N. Cecchini, Dizionario sinottico di iconologia, Bologna 1976, pag.141
5 Perugia, Archivio Faina, n° inv. CCCLVII, 21.
6 Cfr. N. Cecchini, op. cit., Bologna 1976, pag 47.
7 J.E.Cirlot, Diccionario de simbolos tradiccionales., Barcellona 1958, pag.335.