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di Giacomo
Mazzuoli |
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Orvieto |
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Come si arriva
Orvieto si trova in prossimità dell'omonima uscita sull'Autostrada A1.
La Necropoli del Crocefisso del Tufo è sul lato Nord della rupe. Il
Museo Faina si trova nella centrale Piazza del Duomo, così come il Museo
Archeologico Nazionale. Per raggiungere Porano seguire le indicazioni per Viterbo e Montefiascone e girare al
bivio a sinistra dopo pochi chilometri.
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La rupe di Orvieto, su cui oggi spicca lo splendido Duomo
gotico, fu abitata già a partire dall'VIII secolo a.C. e divenne la
fiorente Velzna etrusca raggiungendo il suo massimo splendore
nel IV secolo a.C. Questa floridezza economica era principalmente
basata sulla produzione delle ceramiche (bucchero) e sulla
lavorazione del bronzo. Il masso orvietano è uno dei candidati più
accreditati ad aver ospitato il famoso "Fanum Voltumnae", il
santuario etrusco simbolo dell'unità religiosa ed in qualche modo
politica dei popoli dell'Etruria, mèta ogni anno degli abitanti
dell’Etruria che vi confluivano per celebrare riti religiosi, giochi
e manifestazioni. Prima di arrendersi definitivamente allo
strapotere di Roma, seguendo la stessa sorte delle altre città
etrusche, Velzna conobbe, nel 270 a.C. una rivolta degli
schiavi che rimase nella storia: i rivoltosi presero possesso delle
terre coltivate, dei boschi e delle industrie del bronzo.
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Particolare della necropoli del
Crocefisso del Tufo
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Anfora in bronzo
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La necropoli del
Crocefisso del Tufo |
Interno della
Tomba degli
Hescanas a Porano
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Figura femminile
affrescata nella Tomba degli Hescanas
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Si attribuirono cariche pubbliche, sostituendo tutti i
funzionari in carica. Il governo della città-stato emanò nuove
leggi: i latifondisti dovettero lasciare le terre in eredità ai
liberti e queste furono redistribuite fra gli schiavi che le
lavoravano, furono legalizzati i matrimoni tra persone di classe
sociale diversa, concessa maggiore libertà (anche sessuale) alle
donne, amnistiati i reati contro il pudore. Gli aristocratici di
Velzna rifiutarono ovviamente la rivolta e inviarono propri
ambasciatori segreti a Roma per un incontro notturno col
Senato e chiesero l'intervento militare di Roma. Nella primavera del
265 a.C. un grande esercito, guidato dal console Quinto Fabio
Massimo, risalì la valle del Tevere da Roma al corso del fiume
Paglia, accingendosi a liberare Velzna dai rivoltosi. Gli scontri
furono durissimi: i romani riuscirono a distruggere l'armata di
Velzna, ma il console Fabio fu ucciso in battaglia.
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I sopravvissuti si rinchiusero nella città, che venne
assediata per molti mesi. Privata di viveri, di acqua, sconvolta
dalle epidemie, dagli incendi, dalle distruzioni causate dalle
macchine da guerra romane, la città si arrese nel 264 a.C. Il nuovo
console Marco Fulvio Flacco fece trucidare tutti i capi
rivoluzionari e rase al suolo la città. I superstiti furono
deportati nella Nuova Velzna (Volsinii Novi, l'antica Bolsena).
La rupe di Orvieto era cinta a valle da un intero anello di
necropoli; oggi sono fruibili soltanto le necropoli del
Crocefisso del Tufo, posta sul lato settentrionale della rupe,
quella della Cannicella, sul lato sud, e la Tomba
affrescata degli Hescanas presso Porano, uno dei rari
esempi di tombe etrusche affrescate se si eccettuano quelle di
Tarquinia. L'ambiente a pianta quadrata, con soffitto a doppio
spiovente, riproduce la struttura di un tetto ligneo. Gli affreschi,
in parte restaurati, mostrano il defunto che si dirige verso
l'oltretomba, su una biga, seguito da un corteo di personaggi. La
figura femminile, che indossa un abito giallo bordato in rosso, è la
meglio conservata.
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I resti del
Tempio del Belvedere
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Architrave di una
tomba con iscrizione
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Soffitto di una
tomba
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Vaso da filtro in
bucchero
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La necropoli del Crocefisso del Tufo
Sorge sul lato nord-ovest della città e deve il suo nome ad una croce
incisa nel tufo all'interno di una cappella rupestre. E' databile
intorno al VI sec. a.C., periodo di grande prosperità per l'antica
Velzna. I primi scavi, ad opera di L. Gualtiero, risalgono
all'inizio dell'800; in questa prima fase gran parte dei corredi
tombali furono asportati e trasferiti nei più importanti musei
europei.
Da allora gli interventi sono continuati, ma solo negli anni '60
sono stati realizzati gli scavi più significativi che hanno portato
alla luce le tombe più antiche. Il risultato di tutte queste
ricerche è stata la scoperta di un'area cimiteriale pianificata
secondo un impianto ben preciso che sembra ricalcare gli schemi
regolari attuati nella fondazione delle città: le tombe, allineate
lungo stradine dritte, parallele e perpendicolari tra loro,
ricordano infatti i quartieri residenziali urbani. Si tratta di una
"città dei morti" all'insegna dell'uniformità edilizia con tombe
piccole, a una camera, con pianta rettangolare, una lunghezza di 3m.
e una larghezza di 2, monofamiliari, secondo il "modello
orvietano".
Le pareti sono costituite da conci di tufo squadrati e sovrapposti a
secco, senza l'uso di malte; per la copertura non sono stati
utilizzati blocchi radiali (come nell'arco), ma di taglio normale
sporgenti sempre più dal basso in alto, fino a formare un tetto a
spioventi inclinati che attua il principio della pseudo-volta.
L'architrave, inserito nella fronte del "dado", presenta sempre
un'epigrafe che riporta il nome del defunto.
La necropoli della Cannicella
Sul lato opposto della necropoli del Crocefisso del Tufo nel secolo XIX
sono state trovate alcune delle tombe più antiche risalenti al VII
sec. a C. (molti reperti si trovano al Museo Archeologico di
Firenze), unitamente a sepolcri più recenti del periodo
immediatamente precedente la distruzione della città da parte dei
Romani. Nel 1884 si scoprì un grosso muro costruito in blocchi di
tufo sovrapposti della lunghezza di circa 50 m. che delimitava tutto
un complesso di strutture e una serie di canalette di adduzione e
deflusso delle acque.
La Venere di Cannicella
Presso un altare circolare fu fatta la scoperta più importante: una
statuetta alta circa 80 cm., una donna nuda, in piedi, con il
braccio destro piegato in avanti, con la mano (mancante ) appoggiata
sul ventre e il sinistro (anch'esso mancante) forse disteso lungo il
fianco. La statuetta, con i capelli a boccoli leggeri piegati
all'indietro sulla nuca e spioventi sulle spalle, è di marmo greco
proveniente dall'isola di Paro, lo stile della lavorazione consente
di datarla intorno agli ultimi anni del VI sec. a.C. La scultura è
nota con il nome di "Venere di Cannicella" e probabilmente
doveva rappresentare una dea.
Molti dei reperti recuperati presso le necropoli di Orvieto si trovano
custoditi presso il Museo "Claudio Faina" in Piazza del
Duomo, ed il Museo Archeologico Nazionale che attualmente ha
sede presso il primo Palazzo Papale, addossato al transetto di
destra del Duomo.
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