Il Vaso François di Ergotimos e Kleitias


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di Giacomo Mazzuoli

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  Alessandro François (1796- 1857) fu quello che può definirsi un archeologo fortunato. Oggi portano il suo nome ben due “monumenti” dell’arte antica: la Tomba François di Vulci, il grande ipogeo che narra, nei suoi affreschi, una pagina importante della storia etrusca ed il Vaso François, un enorme cratere attico a figure nere, firmato dal vasaio Ergotimos e dal pittore Kleitias, che riporta una serie impressionante di racconti della mitologia greca.
  Gli scavi che interessarono il vaso, iniziati nell’ottobre 1844, in un’area posta nei pressi di due tumuli etruschi in rovina, a Fonte Rotella, circa tre Km a nord di Chiusi, portarono al ritrovamento dei primi frammenti già il 3 novembre successivo e proseguirono con alterna fortuna nelle settimane seguenti. L’area dei due tumuli menzionata era stata saccheggiata in antico degli oggetti in metallo prezioso, mentre il vaso era stato spezzato e disperso: i frammenti ne risultarono sparsi, nel 1844, fra dodici stanze e due corridoi tombali, scoperti appunto in tale area funeraria. I pezzi furono affidati ad un restauratore chiusino (Vincenzo Monni) che, nel montaggio del vaso, ne constatò la mancanza di più di un terzo.
  Nella primavera successiva Alessandro François riprese dunque lo scavo, trovando cinque nuovi frammenti il 21 aprile 1845. Il vaso rientra nell’ambito delle importazioni di vasi attici, che diventarono via via più copiose nel corso del VI sec. a.C.: molto probabilmente Vulci costituì il centro dell’Etruria costiera che riceveva, per smistare nell'entroterra, questo genere di manufatti ateniesi.
 



Il vaso François (lato A)
(Firenze Museo Archeologico Nazionale)

  Il vaso François è un cratere, cioè un vaso aperto che veniva usato per vino, attinto con brocche e versato nelle kylikes. E’ una forma particolare di cratere, denominata cratere a volute, così chiamato per la forma delle anse. E’ il più antico cratere a volute attico pervenutoci (570-560 a.C.) ed è particolarmente notevole per l’armonia delle proporzioni, la solidità della struttura e le enormi dimensioni (h. cm 66, diametro cm 57). Forse la nuova forma fu sviluppata proprio da Ergòtimos e, magari, appunto in occasione della fabbricazione del vaso François. Il ceramista legò il suo nome al cratere insieme al pittore: sappiamo così che il vaso è opera di Ergòtimos e che fu dipinto da Kleitìas; i nomi dei due artefici sono ripetuti due volte sul lato principale del cratere: una volta, sulla fascia centrale del vaso, nel senso dell’altezza (dinanzi ai cavalli, prima delle tre dee e di Diòniso) si trova l’iscrizione “Ergòtimos m’epòiesen” ; e, all’estremità destra della stessa scena (davanti a Pèleo) e sempre nel senso dell’altezza, “Kleitìas m’ègrafsen”. L’iscrizione era ripetuta sulla parte alta del collo (sopra e sotto la raffigurazione di una nave), sul quale appare solo parzialmente conservata. Di Kleitìas ci restano pochissimi altri frammenti: si può dunque affermare che, senza il vaso François, a stento ci risulterebbe nota questa grande personalità di ceramografo, uno dei maggiori della grecità antica.
 

Descrizione
Il vaso è decorato su tutta la superficie con la tecnica delle figure nere con una serie di fasce orizzontali, dense di piccole figure, precise, angolose, quasi tutte identificate da iscrizioni. Vi vengono trattati molti temi mitologici.
 

Le nozze di Teti e Peleo
La fascia principale è sulla zona della massima espansione del vaso e ne occupa tutta la circonferenza: essa concerne la rappresentazione di uno dei matrimoni più famosi del mito greco, le Nozze di Teti e Peleo, i futuri genitori di Achille. Fu proprio durante questa festa nuziale che sorse la disputa tra le dee che condusse al giudizio di Paride e quindi all’amore di Elena, da cui ebbero effetto la guerra di Troia e la morte di Achille.

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Le nozze di Teti e Peleo - particolare -
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L'agguato di Achille a Troilo
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L'agguato di Achille a Troilo
Sotto alla fascia principale, sul lato A del cratere, è rappresentato un altro motivo connesso con la guerra di Troia, cioè L’agguato di Achille a Tròilo, il più giovane dei figli di Prìamo, re di Troia. Si tratta di un passaggio importante della guerra narrata nell'Iliade poichè un oracolo aveva predetto che Troia non sarebbe più stata presa dai Greci se Troilo fosse giunto a vent’anni.
 

Il ritorno nell'Olimpo di Efesto
Sul lato secondario (B) del vaso, in corrispondenza alla scena dell'agguato di Achille a Troilo , è Il ritorno nell’Olimpo di Efesto. Tale storia dovette essere narrata in un poema perduto, su cui abbiamo notizie da alcune allusioni di scrittori antichi e sopratutto da questo stesso vaso, che ci dà una rappresentazione molto completa di tale episodio mitologico.

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Il ritorno nell'Olimpo di Efesto
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Fregio animalistico sopra il piede del vaso
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Fregio animalistico sopra il piede del vaso
Nell’ultima zona figurata sopra il piede compaiono animali ripartiti in sei gruppi, con al centro un gruppo derivato dalla tradizione del vicino Oriente (le sfingi ai lati dell’ "albero sacro"). Nell’arte greca arcaica, sia sui frontoni dei templi che sui vasi, erano frequentemente rappresentati gruppi di fiere rese nell'atto di azzannare cerbiatti o tori. Nell’arte attica c’è uno sviluppo estremamente coerente per questi animali, che ora non sono più i protagonisti e, avendo ceduto il posto all’uomo e ai suoi miti, restano in una parte secondaria del vaso. In basso è dipinta una fila di raggi ed, oltre al mondo animale, compare una ricca esemplificazione del mondo vegetale: palmette, fiori di loto, uniti fra di essi o stilizzati a sé.
 

La caccia del cinghiale Calidònio
Il collo del cratere è decorato anche sull’orlo, che ha un leggero risalto plastico. Sul lato A è rappresentata La caccia del cinghiale calidònio.
 

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La caccia del cinghiale Calidònio
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