La festa della Madonna del Monte

A Marta, sul lago di Bolsena, la festa dei maschi in onore della Vergine


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Parte Prima

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Testo e foto di Giuseppe Moscatelli

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Tamburi nella notte

Non sono mai andato a Marta il 14 maggio alle quattro del mattino. No, non ci sono mai andato. Ma prima o poi lo farò, perché è lì che inizia la festa.

A quell’ora, il buio è ancora fitto, torme di uomini e ragazzi, vecchi, giovani e bambini escono vocianti da garage, rimesse, cantine e magazzini; quindi, disordinatamente, si avviano verso il suono dei tamburi e si accodano ai suonatori, gridando in coro a squarciagola le quattro tradizionali invocazioni alla Madonna Santissima del Monte, al Santissimo Sacramento, a Gesù e Maria. Intanto anche la campane della Collegiata dei SS. Marta e Biagio hanno preso a suonare e si ode ovunque lo scoppio di bombe e mortaretti.

Tamburi che rombano nel cuore della notte? Campane che suonano a distesa? Grida di giubilo tra le vecchie case del centro? Evidentemente nessuno si preoccupa di disturbare il sonno dei paesani che dormono, anzi l’obiettivo è proprio quello di svegliarli, tutti, ma proprio tutti, perché la festa è iniziata e tutti lo devono sapere.

Poco a poco, al tocco dei tamburi e all’eco delle grida, le finestre si illuminano, i balconi si schiudono, le porte si aprono e sui davanzali, sui terrazzi e sugli usci si intravedono donne sorridenti, seppur insonnolite, e non ancora in ordine; ragazze in pigiama che sporgono la testa per distinguere nel buio e tra la folla un volto amico; anche qualche bimbetta che si stropiccia gli occhi e tira alla mamma la vestaglia per farsi prender su. Tutte donne, solo donne, perché i loro uomini, tutti gli uomini, padri, mariti, figli, amici, fidanzati, sono giù in strada dietro all’urlo dei tamburi a gridare la loro fede incomparabile nella Madonna Santissima del Monte.

Dopo aver fatto il giro delle vie del centro il corteo si scioglie ma si non torna a casa: una moltitudine di uomini di ogni età si avvia verso il santuario della Madonna del Monte, appena fuori il paese, su una collinetta da cui si domina lo specchio azzurro del lago. Si sale senza solennità, quasi alla rinfusa, in modo allegro e vociante. Si va a messa. Eh si, anche il vescovo deve farsi una levataccia per celebrare l’Eucarestia alle sei del mattino. Ma è meglio celebrarla ora la messa, quando gli animi sono ancora relativamente pacati e i corpi non ancora agitati, dopo non sarebbe possibile. E poi è meglio che al sant’uomo (perché è chiaro che un vescovo, specie se anziano, è sempre un sant’uomo) venga risparmiato lo scempio che di quel tempio, di quell’altare, di quelle suppellettili sacre verrà fatto di lì a poche ore, quando l’onda montante e ingovernabile delle falangi dei devoti martani con al seguito i carri, le “fontane” e i doni rituali tracimerà nella chiesa per effettuare le tradizionali “Passate”.

La Madonna del Monte, affrescata sulla parete di fondo del santuario, proprio sopra l’altare, con i suoi tratti quasi naif e con il Bambino in grembo, guarda benevola e comprensiva i suoi indocili figli: da secoli è abituata alle loro intemperanze, alle urla, agli schiamazzi, ai gesti sconvenienti, alla calca e al sudore. Anche quest’anno riceverà sorridente il loro esagitato omaggio; perché – è chiaro – loro la amano, fanno tutto questo per lei, ogni anno, da centinaia di anni. Scelgono la frutta e i fiori più belli, i pesci più grossi e pregiati, ogni prodotto che madre terra in ogni stagione può dare e costruiscono carri, supporti, fontane; replicano la sua immagine infinite volte, su tele, lenzuoli, cartoni, compensati; la disegnano a mosaico con semi, primizie e boccioli e la portano in trionfo invocando incessantemente il suo nome.

Per intere settimane i fedeli martani passano le loro serate a preparare i carri, lontani dalle mogli, dalle figlie, dalle fidanzate. Chiusi in garage e magazzini, talvolta freddi, umidi e maleodoranti. Tirano fino a tardi a intrecciare rami, arbusti e canne per realizzare basi, supporti, paratoie; ad elaborare complesse composizioni vegetali da mettere a punto l’ultima notte con i fiori appena recisi e la frutta più fresca e ricercata. Tutto questo al lume fioco di una vecchia lampadina e con le porte socchiuse, perché il loro carro deve essere il più bello, il più colorato, il più originale e nessuno lo deve vedere, nessuno lo deve imitare.

Certo nelle lunghe ore di veglia ci scappa anche la parola grossa, il discorso faceto e pure qualche bestemmia. Ma che vuol dire? Chi potrebbe mettere in dubbio la loro fede atavica per la loro Madonna? I martani ci nascono, ce l’hanno nel sangue: è una fede che li accompagna per tutta la vita, fino all’estrema vecchiezza, quando i più sensibili di loro continuano a scrivere poesie e sonetti a lei dedicati, da diffondere, distribuire, affiggere nel giorno della sua festa. E’ sempre stato così. Così hanno fatto i loro padri, i loro nonni, i loro avi. Così faranno i loro figli e i loro nipoti e pronipoti. Lei, la cui immagine li guarda da ogni casa, da ogni locale pubblico o privato e anche dalla cantina o dal magazzino in cui sono intenti a lavorare per onorarla, sorride benevola ai suoi figli tanto più amati quanto più indocili: non è lei da sempre il “refugium peccatorum”?

 

La festa dei maschi

Anni fa Elvira Banotti, fondatrice dello storico gruppo femminista “Rivolta femminile”, se ne uscì, a proposito della barabbata – nome con cui da tutti è conosciuta la festa della Madonna del Monte – con la sorprendente definizione che trattasi di “festa omosessuale”. Dicendo questo, si immagina, non con l’animo leggero di chi partecipa ad un talk show, dove devi sempre spararla più grossa per garantirti il diritto ad esserci e a restarci, ma con la convinzione - se non la pretesa – di chi ha effettuato una analisi socio-antropologica.

Naturalmente sbagliava. Come sempre sbaglia chi pretende di giudicare i fenomeni sociali non dico senza conoscerli, ma senza viverli. Senza immergercisi. Per questo dicevo che voglio andare a Marta alle quattro del mattino (e prima o poi lo farò). Quello che aveva colpito la fantasia della nota studiosa al punto da sviare il suo giudizio è il fatto, peraltro non contestabile, che la barabbata è una festa di maschi, solo di maschi. Le donne non vi hanno alcuna parte. Non esistono.

Mi raccontava una mia amica di Marta che una volta anche le donne, prese dalla suggestione del momento e dal rullo dei tamburi, si accodarono al corteo volendo parteciparvi, ma furono bruscamente allontanate. Si trattò non certo di una reazione di prepotenza o sessista ma, per quanto forse inconsapevolmente, di un atto filologicamente corretto di preservazione della purezza antropologica della manifestazione. E’ stato sempre così, inutile starsi a chiedere il perché, e così deve continuare.

Le donne in effetti un ruolo ce l’hanno, anche se il solo ricordarlo potrebbe mandare in bestia qualche residua femminista anastaticamente corretta, ed è quello di omaggiare i loro uomini che sfilano. Già, i maschi martani si fanno belli come pavoni agli occhi delle loro donne: fanno metaforicamente la ruota con i loro carri coloratissimi e traboccanti di ogni delizia e soprattutto elevando altissimo il loro “canto”, come i galli sul far dell’alba. Le donne, vezzose, gettano su di loro da balconi e finestre una pioggia profumata di fiori di maggio, gialli e radiosi come raggi di sole. Loro si beano, offrendosi  generosi: a piedi, a cavallo, mentre guidano buoi aggiogati o trasportano a mano o a spalla e trascinano o spingono i loro carri, le loro fontane e quanto altro hanno costruito o assemblato in onore dell’unica donna che oggi occupa i loro cuori e le loro menti: la Madonna Santissima del Monte.

Però la vezzosità femminile non arretra neanche di fronte ad una tale genuina e ancestrale manifestazione di religiosità popolare e allora, se un ragazzo ti piace, quale occasione migliore per darglielo a intendere che insistere su di lui con il lancio del maggio, ripagando magari con un sorriso – che è poi una conferma – il suo sguardo che si volge verso l’alto?

 



 

  Il borgo di Marta
Il borgo di Marta
  Si addobba la facciata del Santuario
Si addobba la facciata del Santuario
  L'addobbo del santuario è quasi completo
L'addobbo del santuario è quasi completo
  L'affresco della Madonna S.S. del Monte
L'affresco della Madonna S.S. del Monte
  Ai balconi sono appese immagini della Madonna S.S. del Monte
Ai balconi sono appese immagini della Madonna S.S. del Monte
  Le donne lanciano petali dalle finestre e dai balconi
Le donne lanciano petali dalle finestre e dai balconi
  Tutti i balconi sono addobbati
Tutti i balconi sono addobbati
  Giovani villani portano a spalla il loro carro
Giovani villani portano a spalla il loro carro
  Piccoli villani
Piccoli villani
  I devoti si tolgono il cappello per gridare le lodi
I devoti si tolgono il cappello per gridare le lodi
  Piccoli bifolchi
Piccoli bifolchi
  Una 'fontana' traboccante di delizie
Una 'fontana' traboccante di delizie
 

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