L'odore del sangue in
onore
della Vergine Maria |
I riti settennali di
penitenza a Guardia Sanframondi, nel beneventano |
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dell'edizione 2010
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Parte terza |
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di
Giuseppe Moscatelli |
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Il vino e il sangue
Il vicolo in cui mi trovo è molto stretto, umido, deserto; c'è
odore di vecchio. Arrivo quasi di corsa in fondo ed è come una
visione: avanti a me si manifesta, improvvisa e interminabile, la
fila dei battenti.
Non vedo la fine, non vedo l'inizio: solo una
bianca coltre punteggiata di rosso che invade il vicolo e dilaga
nella via. Mi passano accanto, noncuranti: hanno la candida veste
aperta su un lato del petto e su quello si battono incessantemente,
percuotendolo con la mano destra; nella mano sinistra stringono un
crocefisso. Volgono lo sguardo verso il basso e avanzano con moto
ondulante.
Avverto un certo disagio, sono solo, mi sento fuori
luogo. Impugno la mia macchina fotografica, ma non riesco a
scattare neanche una foto: mi sembra di profanare qualcosa di
sacro, la macchina s'inceppa. Dal fondo del vicolo una voce antica
di vecchia eleva litanie alla Madonna. Il tono è cantilenante, come
quello del muezzin che invita i fedeli alla preghiera:
Mater
castissima, Mater intemerata, Virgo fidelis… |
Ad ogni invocazione risponde cupo
il boato della folla dei battenti:
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Ora pro nobis…;
Ianua coeli… Ora pro nobis… Virgo infirmorum… Ora pro nobis…
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Sfilano i battenti |
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L'aria è
impregnata di un odore nauseante che offende le narici e attanaglia
la gola: non è ancora l'odore del sangue, no, la processione dei
battenti è appena iniziata e dal loro petto arrossato stillano le
prime gocce, come dalla corolla di una rosa i cui petali sono
tratteggiati da mille puntini purpurei… I battenti impugnano nella
mano destra una sorta di "spugna" di sughero sulla quale sono
conficcati trentatré piccoli aghi e con quella percuotono
ritmicamente il petto. Dopo aver inferto alcuni colpi porgono la
spugna con gli aghi insanguinati ai coadiuvanti che li seguono e
che vi versano abbondantemente il liquido contenuto in una
bottiglia. Ufficialmente si tratta di vino, ma dall'odore
nauseabondo che si spande e che tampona il naso anche a distanza di
giorni potrebbe trattarsi di un miscuglio di aceto, analgesico e
disinfettante, per lenire il dolore ed evitare infezioni.
Virgo prudens… Salus infirmorum… riecheggia la voce di vecchia
fendendo il silenzio assoluto e propagandosi con inaspettato
vigore.
Ora pro nobis… le fanno sordamente eco i penitenti intenti
all'autoflagellazione.
Ritorno sui miei passi, vorrei anticipare a tutti quello che ho
visto e vissuto… ripercorro velocemente il vicolo per portarmi
nella mia postazione originaria che ora però è stracolma di gente.
Ritrovo, inopinatamente, l'incessante processione dei quadri
mistici e la serie interminabile dei figuranti nella loro estatica
fissità. Ho fatto, in fondo, solo pochi metri, ma i battenti sono
ancora lontani… Il percorso della processione è a tal punto
tortuoso, nel risalire il dedalo dei vicoli, da generare simili
effetti ottici…
Mi ritaglio un piccolo spazio su uno scalino, a ridosso di un
uscio. Ma non riesco a mantenere la posizione e mi allontano di
nuovo. Mi dirigo verso la parte alta del paese, risalendo una lunga
scalinata, e mi ritrovo su un grande spazio aperto: una piazza che
immette in un viale. Qui però la folla è veramente trabocchevole e
piuttosto rumorosa: anche i figuranti sembrano esprimere minore
intensità. Inseguendo le mie sensazioni e guidato dall'odore acre
del vino che si insinua tra i vicoli cerco uno sbocco e lo trovo.
La parte iniziale della via, al solito lunga e stretta, è già
occupata dalla folla: mi metto in coda, ma in una posizione
rialzata.
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Nello
schermo formato dalle pareti delle due costruzioni che delimitano
la strada vedo ora avanzare i battenti. Sono lordi di sangue e si
battono con rinnovata energia. Molti hanno sciolto la tunica
scoprendo interamente il petto, per poterlo flagellare in entrambe
le sue parti. L'andirivieni dei coadiuvanti con le bottiglie di
vino si è fatto ora frenetico: non sanno più chi servire, tante
sono le mani che si protendono verso di loro. Sotto la veste, non
più candida, si intravedono le diverse fisionomie dei penitenti:
uomini per lo più maturi, talvolta anziani, ma anche giovani, se
non proprio ragazzi. Alti, grassi, robusti, magri, bassi o
addirittura gracili. Si intuisce anche la presenza di donne: non si
flagellano il petto con la spugna, ma percuotono le spalle con le
catenelle di lamelle metalliche.
La via è stretta e le due file dei penitenti sono molto
ravvicinate: quasi comprimono i coadiuvanti e a loro volta sono
come compresse dalle due ali di folla. La visione è allucinante: il
sangue cola copioso dalle ferite, appena ostacolato dai peli del
petto che intrisi ne deviano un poco il corso: maggiore è la
peluria più ampio appare il rorido estuario. La parte inferiore
della veste di molti penitenti è ormai inzuppata e sgocciola per
terra. Schizzi di sangue ovunque: sui cappucci, sul proprio corpo,
sui battenti vicini e sui coadiuvanti.
Schizzi di sangue sulla
strada, sui muri e sulla gente assiepata lungo la via.
Istintivamente mi ritraggo: l'impressione è che alcuni battenti
rispondano alla (comprensibile) ritrosia degli spettatori
amplificando il gesto, esasperandone l'energia ed enfatizzandone le
conseguenze. Sembrano voler dire: vade retro… scostati turista
incauto, non turbare la nostra penitenza… |
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Il corteo dei battenti |
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