E’ questo il
motto dei cercatori armati di metaldetector. Li vediamo sulle
spiagge ed in acqua a fine stagione, nelle campagne o sui valichi
montani con il loro cercametalli in cerca di un bip.
Riprendiamo così
il servizio apparso sui cercatori di metaldetector in azione sulle
nostre spiagge sparsi un po’ ovunque lungo la penisola.
Chi di noi non
si è mai imbattuto in uno di questi strani personaggi, avrà
sicuramente visto in televisione o sui giornali, le forze
dell’ordine usare un cercametalli per trovare gli indizi
necessari come bossoli o armi del delitto nelle indagini
preliminari. E’ da qui che vogliamo partire per analizzare
l’uso del metaldetector nei vari campi in cui si propone il suo
utilizzo.
Per questo
siamo andati ad incontrare Rosella Bartolini giornalista e
direttrice della rivista “Metaldetector” che arriva in
abbonamento a c.a. 10mila cercatori sparsi nelle nostre regioni.
Oltre alla rivista chi raccoglie tutti questi ricercatori è
l’associazione onlus A.r.e.a. con sede centrale a Cervia
ma che è presente con le sedi regionali al cui presidente Alessio
Bartolini porgeremo
alcune domande che riguardano questo hobby.
Alessio
spiegaci un po’ quando si può parlare nel nostro paese di
ricerche con metaldetector?
“Questo
hobby ha preso piede soprattutto negli ultimi 10 anni, grazie
all’evoluzione tecnologica degli strumenti ed in particolar modo
negli ultimi 6 anni da quando l’A.r.e.a (Associazione
Ricercatori, per l'Ecologia e L'Archeologia con metal detector)
come associazione si è impegnata, non senza incontrare notevoli
ostruzionismi e scetticismi, a far conoscere alle Soprintendenze
Archeologiche dapprima qui in Romagna, ma poi nel resto della
Penisola, il lavoro e la collaborazione che i cercatori potevano
dare al loro lavoro di scavo.”
Ed i risultati
di queste collaborazioni li abbiamo visti di persona nella
Biblioteca “Classense” curata dall’ispettore onorario Vanda
Budini e nel vicino museo di San Pietro in Campiano (FO). Frutto
di ricerche pazienti nel quadrilatero fra Ravenna, Cervia, Forlì
e Cesena, i cercatori con il metal detector hanno consentito di
dar luce a reperti testimonianti una Romagna antica, il tutto
sotto la guida di Maria Grazia Maioli direttore della
Soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna, centro
operativo di Ravenna .
“Questo
è in definitiva il sogno di tutti i cercatori”, continua
Alessio Bartolini. “Poter vedere il frutto
di ricerche sui campi esposti alla visione di tutti, tesori
piccoli o grandi che siano, non per il loro valore venale, ma in
quanto appartenenti ad una memoria che noi tutti non potremmo
godere se non venissero riportati alla luce. E proprio noi come
associazione stiamo cercando di sensibilizzare le istituzioni a
promuovere la nascita di
musei locali gestiti autonomamente dai piccoli comuni, dove i
cercatori possono contribuire sensibilmente, potendo così creare
un indotto per il comune stesso.”
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Sfogliando la
rivista Metaldetector vedo in un precedente numero un articolo sul
Rally Scientifico a Tolentino (MC).
Allora Alessio
spostiamoci nelle Marche, quali iniziative avete con i vostri
associati?
“Ti
ringrazio per questa domanda che mi sta molto a cuore. Il Rally
Scientifico nasce c.a. 4 anni fa,
si svolge nel mese di luglio in concomitanza con una prova
del Grande Slam, ossia il Campionato Nazionale di Metaldetector
che richiama cercatori da tutta Italia. Nasce sotto l’egida
della Soprintendenza Archeologica per le Marche e la
Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici per le Marche ed è
coordinata dalla sede regionale A.r.e.a Marche.
Anche
qui collaboriamo a braccetto con gli esperti dell’Università di
Camerino ed in particolar modo nella persona del professor Franco
Ugo Rollo e dell’Associazione Tolentino 815 capitanata da
Daniele Diotallevi, della Soprintendenza delle Marche ed esperto
d’armi, oltre ai comuni di Pollenza e Tolentino. Grazie agli
studiosi è emersa la possibilità di scoprire in modo scientifico
come andò la battaglia nel 1815 tra napoletani nei cui ranghi
erano presenti molti ufficiali francesi e gli
austriaci nelle cui file vi era Gioacchino Murat che si
mantiene alleato di
questi ultimi, ma con
il segreto proposito
di creare uno stato italiano unitario. Verrà in seguito scoperto
e fucilato. In
particolar modo i proiettili rinvenuti hanno permesso di mappare
l’ampio scenario della battaglia capire il tipo di tiro e la
concentrazione degli scontri. Tutte teorie che avevano bisogno di
essere suffragate dai ritrovamenti, ma oltre ai proiettili da
obice e palle da fucili ad avancarica sono stati recuperati monete
di varie epoche medagliette religiose o delle uniformi nonché
pezzi di fucili e di uso quotidiano dei soldati nonché frammenti
di palle da cannone mai ritrovati prima. Ogni cercatore durante la
prospezione porta con se alcune bandierine e piccoli sacchetti
trasparenti. A ritrovamento effettuato l’oggetto viene
depositato nel sacchetto e la bandierina viene conficcata nel
punto preciso dello scavo. Così gli esperti si aggirano da una
bandierina all’altra esaminando i reperti portati alla luce dai
cercametalli”
Nella sede di
A.R.E.A. sono appese numerose foto di ricerca con vari cercatori,
ma una mi colpisce in particolare per la sua bellezza e perché
riconosco il posto: è il lago di Bolsena.
Subito il
presidente dell’A.r.e.a mi spiega come a Bolsena sia in piedi un importante progetto
coordinato da Alessandro Fioravanti che individuò nel 1977 una
strada che dall’isola di Martana la collegava con la
terraferma. La c.d. strada di Amalasunta (il nome viene
dalla figlia di Teodorico uccisa nel 534 dal suo secondo marito
proprio nell’isola di Martana). Circa 5000-3000 anni fa il
livello del lago era più basso e l’isola e la terraferma erano
in collegamento. A questo tipo di prospezione hanno partecipato
decine di appassionati ed ha visto alcune testate giornalistiche
come il Corriere di Viterbo presenti oltre al sindaco di Marta,
Fausto Furetti venuto a fare gli onori di casa all’equipe di
cercatori. Nel caso
specifico i ricercatori dotati di metaldetector subacquei dovevano
individuare la roccia che lastricava questa strada. Infatti nel
corso dei millenni la roccia si arricchisce di minerali
ferromagnetici cosicché il cercametalli può individuare questi
grossi massi coperti dai sedimenti vegetali sul fondale melmoso e
sabbioso.
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E proprio l’importanza di seguire le regole classiche dei recuperi archeologici è fondamentale per ricostruire accuratamente il sito interessato. Ecco perché l’A.r.e.a organizza per i propri associati incontri con esperti archeologi per meglio capire l’approccio alla ricerca usando si questi strumenti tecnologici, ma rispettando il lavoro di scavo
classico.“Tutti i nostri associati hanno con loro delle schede per il recupero di materiale archeologico (schede che sono state progettate e concordate con la Soprindenza ai Beni Culturali di Ravenna) su cui riportare i dati più salienti dell’oggetto recuperato: devono disegnare un mappa precisa con le indicazioni geodetiche del luogo in cui è stato rinvenuto l’oggetto. Tutte queste schede assieme al materiale verranno poi consegnate al responsabile di zona, come il Sindaco oppure il Soprintendente Archeologico competente”
Continuiamo il nostro incontro con Alessio Bartolini chiedendogli quali sono le altre attività in cui sono coinvolti i cercatori assieme all’A.r.e.a.“Siamo impegnati in prima linea con il discorso ecologico e di bonifica di zone verdi inquinate da rifiuti di ogni tipo lasciati dai turisti maleducati. Inoltre stiamo per dare corso alla terza fase della bonifica del parco Macchia Grande a Manziana vicino al lago di Bracciano, richiesto dallo stesso Sindaco del Comune di Manziana.. Già i nostri associati hanno recuperato quintali di rifiuti, ma soprattutto di ordigni bellici quali proiettili di carabine per la contraerea fucili e grossi calibri da mortaio, la maggior parte inesplosi e quindi potenzialmente pericolosi a quanti potevano rinvenirli fortuitamente, dato che spesso sono stati recuperati a solo un paio di cm nel sottosuolo. L’intervento è stato seguito dai Carabinieri di Manziana, a cui è stato consegnato il la grande quantità di materiale recuperato. Ed è proprio grazie a loro che adesso daremo il via alla terza parte estendendo l’area di ricerca ad altre zone interessate dai cruenti scontri della Seconda Guerra Mondiale. Non solo nel centro Italia, ma anche al nord grazie alla sede regionale Veneto e in particolar modo al suo presidente Francesco Zanconato si sono bonificate alcune cime bellissime meta di turisti che però non lasciano il posto così come la natura lo ha creato”.
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Da
qualche anno l’A.r.e.a soprattutto nella zona della
Romagna si è impegnata a recuperare numerosi velivoli,
che, precipitati al suolo a seguito di combattimenti o
avarie, hanno fatto perdere le tracce durante la Seconda
Guerra. Mondiale. Fino ad ora spiega Rosella Bartolini
(Direttore Responsabile della rivista “Metal
Detector”) sono venuti alla luce i resti di due
Messerchmitt BF109 (caccia tedesco) due Spitfire (caccia
inglese costruito dalla Supermarine), un Loocked P38
(caccia bombardiere leggero americano) e due Macchi 205
Veltro (caccia italiano). Tutti individuati dagli
associati A.r.e.a grazie ai metaldetector di profondità
che hanno permesso di rilevare le carlinghe a profondità
di 3-7 metri di profondità.
Spiega
Rosella Bartolini: “Talvolta il
ritrovamento dell’aereo era accompagnato anche dal
cadavere del pilota che non si è potuto eiettare dalla
cabina. Così è capitato al giovane pilota tedesco Hans
Joachin Fischer precipitato nel 1944 vicino a Lugo di
romagna e ritrovato nel 1988, per un ten. Scozzese di 26
anni abbattuto a Conselice nel 1945, per il sergente
maggiore Rolando Garavaldi, morto a Molinella e per il
tenente Vittorio Satta caduto nei pressi di Parma. Adesso
le spoglie riposano in un cimitero ed i loro cari hanno
potuto sapere che fine avessero fatto. Aggiungo poi
un’altra importante iniziativa di A.R,E.A., che stiamo
ampiamente documentando sulla rivista “Metal Detector”
e cioè la collaborazione con BCM (Bonifica Campi Minati)
e A.N.G.E.T. (Associazione Nazionale Genieri e
Trasmettitori) e con il valido aiuto del Generale Anrtonio
Torregrossa di Bologna,
per preparare gli associati ad intervenire per la
rilevazione di mine e bombe. L’idea è quella di unire
le competenze dei cercatori con metal detector ai problemi
dello sminamento. ”.
(Qui
aggiungiamo una domanda
a Rosella sulle attività all’estero)
Le
attività di A.R.E.A. si fermano al confine italiano o vanno
oltre?
“Già
in passato, più precisamente nel 1999, un gruppo di
associati è stato inviato in Polonia per effettuare
ricerche a fini storici nella regione che è stata triste
teatro dell’eccidio nazista. Oggi si stanno organizzando
altri interventi, di carattere archeologico, in
collaborazione con il Muzeum National di Istorie a
Transilvaniei. Il Direttore Dott. Mihai Rotea ha
espressamente richiesto l’aiuto degli associati A.R.E.A.,
della loro strumentazione ed esperienza.”
Siamo così
giunti alla fine dell’incontro con Alessio Bartolini
presidente dell’associazione onlus A.r.e.a (www.areait.org
telefono 0544-965640) la cui
sede centrale è a Cervia (Ravenna) e di Rosella
Bartolini direttrice della rivista Metaldetector
(www.metaldetector.it telefono
0544-965696).
Il
metaldetector si impone dunque come strumento indispensabile
per scoprire passi di storia e ricostruire eventi. Non
rimane che augurarsi che le soprintendenze ma ancor più i
comuni, specie quelli che hanno interessi archeologici ed
ecologici da tutelare possano richiedere la collaborazione
all’A.r.e.a per riportare alla luce le testimonianze che
riguardano tutti noi assieme agli archeologi ed alle autorità
preposte per il controllo del patrimonio culturale italiano.
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