Metaldetector

 

“Non calpestare la storia, scoprila con un cercametalli”

Patrick delle Macchie

E’ questo il motto dei cercatori armati di metaldetector. Li vediamo sulle spiagge ed in acqua a fine stagione, nelle campagne o sui valichi montani con il loro cercametalli in cerca di un bip.

Riprendiamo così il servizio apparso sui cercatori di metaldetector in azione sulle nostre spiagge sparsi un po’ ovunque lungo la penisola.

Chi di noi non si è mai imbattuto in uno di questi strani personaggi, avrà sicuramente visto in televisione o sui giornali, le forze dell’ordine usare un cercametalli per trovare gli indizi necessari come bossoli o armi del delitto nelle indagini preliminari. E’ da qui che vogliamo partire per analizzare l’uso del metaldetector nei vari campi in cui si propone il suo utilizzo.

Per questo siamo andati ad incontrare Rosella Bartolini giornalista e direttrice della rivista “Metaldetector” che arriva in abbonamento a c.a. 10mila cercatori sparsi nelle nostre regioni. Oltre alla rivista chi raccoglie tutti questi ricercatori è l’associazione onlus A.r.e.a. con sede centrale a Cervia ma che è presente con le sedi regionali al cui presidente Alessio Bartolini  porgeremo alcune domande che riguardano questo hobby.

Alessio spiegaci un po’ quando si può parlare nel nostro paese di ricerche con metaldetector?

“Questo hobby ha preso piede soprattutto negli ultimi 10 anni, grazie all’evoluzione tecnologica degli strumenti ed in particolar modo negli ultimi 6 anni da quando l’A.r.e.a (Associazione Ricercatori, per l'Ecologia e L'Archeologia con metal detector) come associazione si è impegnata, non senza incontrare notevoli ostruzionismi e scetticismi, a far conoscere alle Soprintendenze Archeologiche dapprima qui in Romagna, ma poi nel resto della Penisola, il lavoro e la collaborazione che i cercatori potevano dare al loro lavoro di scavo.”

Ed i risultati di queste collaborazioni li abbiamo visti di persona nella Biblioteca “Classense” curata dall’ispettore onorario Vanda Budini e nel vicino museo di San Pietro in Campiano (FO). Frutto di ricerche pazienti nel quadrilatero fra Ravenna, Cervia, Forlì e Cesena, i cercatori con il metal detector hanno consentito di dar luce a reperti testimonianti una Romagna antica, il tutto sotto la guida di Maria Grazia Maioli direttore della Soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna, centro operativo di Ravenna .

“Questo è in definitiva il sogno di tutti i cercatori”, continua Alessio Bartolini. “Poter vedere il frutto di ricerche sui campi esposti alla visione di tutti, tesori piccoli o grandi che siano, non per il loro valore venale, ma in quanto appartenenti ad una memoria che noi tutti non potremmo godere se non venissero riportati alla luce. E proprio noi come associazione stiamo cercando di sensibilizzare le istituzioni a promuovere la nascita  di musei locali gestiti autonomamente dai piccoli comuni, dove i cercatori possono contribuire sensibilmente, potendo così creare un indotto per il comune stesso.”

 

Sfogliando la rivista Metaldetector vedo in un precedente numero un articolo sul Rally Scientifico a Tolentino (MC).

Allora Alessio spostiamoci nelle Marche, quali iniziative avete con i vostri associati?

“Ti ringrazio per questa domanda che mi sta molto a cuore. Il Rally Scientifico nasce c.a. 4 anni fa,  si svolge nel mese di luglio in concomitanza con una prova del Grande Slam, ossia il Campionato Nazionale di Metaldetector che richiama cercatori da tutta Italia. Nasce sotto l’egida della Soprintendenza Archeologica per le Marche e la Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici per le Marche ed è coordinata dalla sede regionale A.r.e.a Marche. Anche qui collaboriamo a braccetto con gli esperti dell’Università di Camerino ed in particolar modo nella persona del professor Franco Ugo Rollo e dell’Associazione Tolentino 815 capitanata da Daniele Diotallevi, della Soprintendenza delle Marche ed esperto d’armi, oltre ai comuni di Pollenza e Tolentino. Grazie agli studiosi è emersa la possibilità di scoprire in modo scientifico come andò la battaglia nel 1815 tra napoletani nei cui ranghi erano presenti molti ufficiali francesi e gli  austriaci nelle cui file vi era Gioacchino Murat che si mantiene  alleato di questi ultimi,  ma con il  segreto proposito di creare uno stato italiano unitario. Verrà in seguito scoperto e  fucilato. In particolar modo i proiettili rinvenuti hanno permesso di mappare l’ampio scenario della battaglia capire il tipo di tiro e la concentrazione degli scontri. Tutte teorie che avevano bisogno di essere suffragate dai ritrovamenti, ma oltre ai proiettili da obice e palle da fucili ad avancarica sono stati recuperati monete di varie epoche medagliette religiose o delle uniformi nonché pezzi di fucili e di uso quotidiano dei soldati nonché frammenti di palle da cannone mai ritrovati prima. Ogni cercatore durante la prospezione porta con se alcune bandierine e piccoli sacchetti trasparenti. A ritrovamento effettuato l’oggetto viene depositato nel sacchetto e la bandierina viene conficcata nel punto preciso dello scavo. Così gli esperti si aggirano da una bandierina all’altra esaminando i reperti portati alla luce dai cercametalli”

Nella sede di A.R.E.A. sono appese numerose foto di ricerca con vari cercatori, ma una mi colpisce in particolare per la sua bellezza e perché riconosco il posto: è il lago di Bolsena.

Subito il presidente dell’A.r.e.a  mi spiega come a Bolsena sia in piedi un importante progetto coordinato da Alessandro Fioravanti che individuò nel 1977 una strada che dall’isola di Martana la collegava con la terraferma. La c.d. strada di Amalasunta (il nome viene dalla figlia di Teodorico uccisa nel 534 dal suo secondo marito proprio nell’isola di Martana). Circa 5000-3000 anni fa il livello del lago era più basso e l’isola e la terraferma erano in collegamento. A questo tipo di prospezione hanno partecipato decine di appassionati ed ha visto alcune testate giornalistiche come il Corriere di Viterbo presenti oltre al sindaco di Marta, Fausto Furetti venuto a fare gli onori di casa all’equipe di cercatori. Nel  caso specifico i ricercatori dotati di metaldetector subacquei dovevano individuare la roccia che lastricava questa strada. Infatti nel corso dei millenni la roccia si arricchisce di minerali ferromagnetici cosicché il cercametalli può individuare questi grossi massi coperti dai sedimenti vegetali sul fondale melmoso e sabbioso.

E proprio l’importanza di seguire le regole classiche dei recuperi archeologici è fondamentale per ricostruire accuratamente il sito interessato. Ecco perché l’A.r.e.a organizza per i propri associati incontri con esperti archeologi per meglio capire l’approccio alla ricerca usando si questi strumenti tecnologici, ma rispettando il lavoro di scavo classico.“Tutti i nostri associati hanno con loro delle schede per il recupero di materiale archeologico (schede che sono state progettate e concordate con la Soprindenza ai Beni Culturali di Ravenna) su cui riportare i dati più salienti dell’oggetto recuperato: devono disegnare un mappa precisa con le indicazioni geodetiche del luogo in cui è stato rinvenuto l’oggetto. Tutte queste schede assieme al materiale verranno poi consegnate al responsabile di zona, come il Sindaco oppure il Soprintendente Archeologico competente” 
Continuiamo il nostro incontro con Alessio Bartolini chiedendogli quali sono le altre attività in cui sono coinvolti i cercatori assieme all’A.r.e.a.“Siamo impegnati in prima linea con il discorso ecologico e di bonifica di zone verdi inquinate da rifiuti di ogni tipo lasciati dai turisti maleducati. Inoltre stiamo per dare corso alla terza fase della bonifica del parco Macchia Grande a Manziana vicino al lago di Bracciano, richiesto dallo stesso Sindaco del Comune di Manziana.. Già i nostri associati hanno recuperato quintali di rifiuti, ma soprattutto di ordigni bellici quali proiettili di carabine per la contraerea fucili e grossi calibri da mortaio, la maggior parte inesplosi e quindi potenzialmente pericolosi a quanti potevano rinvenirli fortuitamente, dato che spesso sono stati recuperati a solo un paio di cm nel sottosuolo. L’intervento è stato seguito dai Carabinieri di Manziana, a cui è stato consegnato il la grande quantità di materiale recuperato. Ed è proprio grazie a loro che adesso daremo il via alla terza parte estendendo l’area di ricerca ad altre zone interessate dai cruenti scontri della Seconda Guerra Mondiale. Non solo nel centro Italia, ma anche al nord grazie alla sede regionale Veneto e in particolar modo al suo presidente Francesco Zanconato si sono bonificate alcune cime bellissime meta di turisti che però non lasciano il posto così come la natura lo ha creato”.

 

Da qualche anno l’A.r.e.a soprattutto nella zona della Romagna si è impegnata a recuperare numerosi velivoli, che, precipitati al suolo a seguito di combattimenti o avarie, hanno fatto perdere le tracce durante la Seconda Guerra. Mondiale. Fino ad ora spiega Rosella Bartolini (Direttore Responsabile della rivista “Metal Detector”) sono venuti alla luce i resti di due Messerchmitt BF109 (caccia tedesco) due Spitfire (caccia inglese costruito dalla Supermarine), un Loocked P38 (caccia bombardiere leggero americano) e due Macchi 205 Veltro (caccia italiano). Tutti individuati dagli associati A.r.e.a grazie ai metaldetector di profondità che hanno permesso di rilevare le carlinghe a profondità di 3-7 metri di profondità.

Spiega Rosella Bartolini: “Talvolta il ritrovamento dell’aereo era accompagnato anche dal cadavere del pilota che non si è potuto eiettare dalla cabina. Così è capitato al giovane pilota tedesco Hans Joachin Fischer precipitato nel 1944 vicino a Lugo di romagna e ritrovato nel 1988, per un ten. Scozzese di 26 anni abbattuto a Conselice nel 1945, per il sergente maggiore Rolando Garavaldi, morto a Molinella e per il tenente Vittorio Satta caduto nei pressi di Parma. Adesso le spoglie riposano in un cimitero ed i loro cari hanno potuto sapere che fine avessero fatto. Aggiungo poi un’altra importante iniziativa di A.R,E.A., che stiamo ampiamente documentando sulla rivista “Metal Detector” e cioè la collaborazione con BCM (Bonifica Campi Minati) e A.N.G.E.T. (Associazione Nazionale Genieri e Trasmettitori) e con il valido aiuto del Generale Anrtonio Torregrossa di Bologna,  per preparare gli associati ad intervenire per la rilevazione di mine e bombe. L’idea è quella di unire le competenze dei cercatori con metal detector ai problemi dello sminamento. ”.

(Qui aggiungiamo una  domanda a Rosella sulle attività all’estero)

Le attività di A.R.E.A. si fermano al confine italiano o vanno oltre?

“Già in passato, più precisamente nel 1999, un gruppo di associati è stato inviato in Polonia per effettuare ricerche a fini storici nella regione che è stata triste teatro dell’eccidio nazista. Oggi si stanno organizzando altri interventi, di carattere archeologico, in collaborazione con il Muzeum National di Istorie a Transilvaniei. Il Direttore Dott. Mihai Rotea ha espressamente richiesto l’aiuto degli associati A.R.E.A., della loro strumentazione ed esperienza.”

Siamo così giunti alla fine dell’incontro con Alessio Bartolini presidente dell’associazione onlus A.r.e.a (www.areait.org telefono 0544-965640) la cui  sede centrale è a Cervia (Ravenna) e di Rosella Bartolini direttrice della rivista Metaldetector (www.metaldetector.it  telefono 0544-965696).

Il metaldetector si impone dunque come strumento indispensabile per scoprire passi di storia e ricostruire eventi. Non rimane che augurarsi che le soprintendenze ma ancor più i comuni, specie quelli che hanno interessi archeologici ed ecologici da tutelare possano richiedere la collaborazione all’A.r.e.a per riportare alla luce le testimonianze che riguardano tutti noi assieme agli archeologi ed alle autorità preposte per il controllo del patrimonio culturale italiano.