Solo una povera macchina

 

Solo una povera macchina

di Rosalba De Francesco

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L'aveva già incontrata. Al centro addestramento navigatori dello spazio. Lei era Ogina Nagasari, la più avvenente allieva cosmonauta ammessa a frequentare il corso. Aveva capelli cortissimi e biondissimi, occhi incredibilmente verdi, carnagione straordinariamente pallida. 
E le mani, mani incomparabili. Dita lunghe, affusolate, tenere e compatte. Esili ma energiche. Questo lui lo sapeva.
Si muoveva con dimestichezza in ogni ambiente informatico: qui recuperava un bit, lì decrittava un file, creava e collaudava elaboratissimi software. Sarebbe stata lei, ormai era chiaro per tutti, ad accompagnarlo in quella insolita missione. 
Non era la prima volta che una donna navigava oltre i limiti dello spazio. E non era per lui la prima volta. Era però la prima volta per lui con una donna. E questa donna era Ogina Nagasari, l' allieva più avvenente del corso cosmonauti.
Ancora qualche mese, e sarebbero partiti. Fine anno. Fine secolo. Fine millennio. Tremila. E oltre.
Da tre giorni, ormai, avevano lasciato l'orbita terrestre. Erano soli. Nello spazio. Ogina svolgeva il suo lavoro con precisione e meticolosità. Da prima della classe. Lui ne era un po’ contrariato, in fin dei conti su di lui ricadevano le responsabilità maggiori di quella missione. Lui era costantemente in contatto con la base, lui riceveva gli ordini e pianificava il lavoro. Lei, evidentemente, questo lo sapeva. Ma non sembrava concedergli soddisfazione.
Una nave spaziale non è tanto piccola da non consentire una qualche personale intimità. Ma non è tanto grande da non far percepire, in qualsiasi momento, la presenza fisica di una persona. Lui sentiva il suo respiro anche quando lei non gli era vicina, indovinava i suoi movimenti, avvertiva il suo odore anche quando lei si allontanava.
Non si può dire che fosse una compagna loquace. Non parlava molto, e quando lo faceva sembrava che pensasse ad altro. Nei loro rapporti persisteva qualche rigidità, anche se lei spesso volgeva a lui i suoi occhi verdissimi, nei quali talvolta intravedeva qualche inquietudine. Altre volte appariva distesa e serena e con fare civettuolo gli passava un dischetto o una scheda. 
Come la trovava sensuale! di una sensualità estrema, che si trasmette al semplice contatto delle dita. 
Lui ne era perdutamente innamorato. Ma cosa poteva fare? cosa poteva sperare? Lei era Ogina Nagasari, la più avvenente cosmonauta del corso-addestramento navigatori dello spazio. Lui era XHZ 223, l'esemplare più evoluto di una nuova generazione di computers tattilo-riflessivi.
Lui, in fondo, cos'era?
Solo una povera macchina!

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