L'Eros degli Etruschi

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Parte Seconda

di Giuseppe Moscatelli

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Il Sesso: le fonti scritte

Teopompo, chi era costui?

Il nome è talmente curioso, buffo, caricaturale, allusivo, da sembrare inventato.

Invece no. Teopompo è effettivamente esistito: in Grecia nel IV sec. a.C., per la precisione. Storico e retore, allievo di Isocrate, fu alla corte di Filippo il Macedone, di cui divenne l'esegeta. E' una di quelle fonti di seconda mano a cui abbiamo accennato.

Strano destino quello di Teopompo, fortunosamente sottratto all'oblio storico e letterario.

Autore di non meno di settanta libri, di cui non ci restano che pochi frammenti, è ricordato soprattutto per quelle quattro notiziole che ci ha tramandato sui costumi sessuali degli etruschi e che ci sono pervenute, per di più sotto forma di citazione, grazie ad Ateneo, erudito e grammatico greco attivo a Roma a cavallo tra il II e il III sec. d.C.

Ateneo, il cui nome a confronto con "Teopompo" già ispira compostezza e rispettabilità, è autore di un'opera, "I sapienti a banchetto", assolutamente straordinaria. Immaginando infatti di riferire i discorsi avvenuti, sul modello del Simposio platonico, in un banchetto in cui ventuno dotti commensali hanno disputato su ogni ramo dello scibile, Ateneo ha modo di trascrivere e farci conoscere circa 1500 frammenti di opere greche oggi perdute ed altresì di citare 2700 opere e 700 autori! Uno di questi è Teopompo.

Se l'accostamento non sembrasse irrispettoso potremmo anche dire che Teopompo, almeno presso gli antichi, è stato per gli etruschi ciò che Silvio Pellico con "Le mie prigioni" fu per gli austriaci: peggio di una sconfitta militare. E se i Tirreni, come allora venivano chiamati gli etruschi, ebbero presso i greci e i romani pessima fama, buona parte del merito è anche sua.

Oggi, invero, la sua testimonianza non è tenuta in gran conto: si ritiene infatti che il nostro abbia semplicemente raccolto voci, dicerie, maldicenze, chiacchiere, malignità, pettegolezzi che nell'antichità già circolavano sugli etruschi, specialmente presso i greci, conferendo dignità storica e letteraria a vere e proprie "leggende metropolitane". A noi tuttavia un tale giudizio appare troppo ingeneroso: non intendiamo, come si dice oggi, sdoganare Teopompo, né riconoscergli un rigore storico e scientifico che probabilmente non ha e che comunque rimane problematico giudicare, vista la scarsità dei frammenti pervenutici. Più semplicemente riteniamo che molti suoi giudizi possano esser frutto di equivoco e travisamento storico-culturale: in sostanza Teopompo guardava pur sempre le cose etrusche con gli occhi e la cultura di un uomo greco del suo tempo.

Ma veniamo al merito.

Allora, secondo Teopompo presso gli etruschi le donne erano "tenute in comune"… come dire che gli etruschi erano molto in anticipo sui tempi: ciò è infatti quanto duemila anni dopo (e oltre) sarà ipotizzato da Marx ed Engels nel loro "Manifesto del partito comunista": la comunanza delle donne come antidoto all'ipocrisia borghese. Ma questo, per quanto intrigante, non è assolutamente vero! Gli etruschi, come vedremo nel successivo capitolo "L'amore coniugale", avevano in grande considerazione il matrimonio e il rapporto esclusivo con il coniuge; non praticavano la poligamia e la struttura dei loro rapporti familiari non era poi così lontana e dissimile rispetto a quella odierna. Come spiegare allora questa diceria? La verità è che la donna aveva nella società etrusca un ruolo ben più delineato che nella società greca o romana, e godeva di più libertà e più diritti rispetto alle donne greche e romane sue contemporanee. Non è nostra intenzione approfondire questo aspetto: ricorderemo solo che la donna etrusca partecipava con pieno diritto ai banchetti, distesa a fianco del marito, (come nelle raffigurazioni tombali di Tarquinia), con grande scandalo dei greci, che ai banchetti non ammettevano donne, se non le etere, che in buona sostanza erano prostitute. Quindi… se le uniche donne ammesse ai banchetti sono le prostitute, e se gli etruschi accettano di buon grado di farvi partecipare le loro donne… ciò, agli occhi dei greci, (il sillogismo viene da sé), vuol dire che le donne etrusche sono prostitute e che gli uomini ne fanno uso comune. Questo, a nostro giudizio, potrebbe essere il dato culturale di fondo che ha generato tali dicerie ed altre analoghe sulla licenziosità, spregiudicatezza ed estrema lussuria delle nostre antenate.

Teopompo ci dice pure che le donne etrusche avevano molta cura del loro corpo, e ciò è senz'altro vero, e non ci vediamo niente di male, essendo anche in questo molto moderne. Forse presso gli etruschi non troveremo una Cornelia che dice indicando i figli "questi sono i miei gioielli": le donne etrusche i gioielli amavano indossarli; e così pure amavano gli abiti lussuosi, le acconciature importanti e il trucco vistoso. A ben vedere anche oggi quando incontriamo una donna che non vuole passare inosservata e che a tal fine accentua o per meglio dire "carica" le caratteristiche della sua femminilità, talvolta pensiamo: sembra proprio… Ecco, questo è anche quello che pensavano i greci guardando le donne etrusche.

Se Teopompo trovava da ridire per il semplice fatto che le donne etrusche, per piacere ai loro uomini, avevano cura di se stesse, possiamo ben immaginare il resto. Secondo il nostro stavano nude non solo tra altre donne, ma anche in mezzo agli uomini, perché il mostrarsi nude non era ritenuto disonorevole. Qui, Teopompo, decisamente prende un abbaglio: abbiamo visto nel precedente capitolo che ciò è vero, casomai, per gli uomini, e non per le donne che vengono sempre raffigurate accuratamente vestite. Se poi il nostro si riferiva alle danzatrici il discorso cambia: per le ballerine la nudità è come un abito di scena. E comunque anche le danzatrici preferivano indossare abiti succinti o tuniche trasparenti piuttosto che esibire la nudità assoluta.

E veniamo ai banchetti, autentica pietra dello scandalo: secondo Teopompo le donne etrusche non si curavano di stare a tavola vicino al proprio marito (il che è ampiamente smentito dagli affreschi nelle tombe) ma si sistemavano vicino "al primo che capita" (avvertiamo il richiamo di inquietanti echi pubblicitari) e, per di più, brindavano liberamente alla salute, ulteriore dimostrazione del livello di autonomia ed emancipazione raggiunto, essendo tra l'altro esperte bevitrici. Anche quest'ultimo aspetto ci appare assai poco credibile: negli affreschi parietali di Tarquinia qualche donna appare un po’ ebbra, ma si tratta pur sempre di danzatrici, per le quali il bere era forse un modo per darsi la carica, ed a queste probabilmente si riferisce Teopompo. In generale stare a tavola alla pari con gli uomini, anche nel brindare e nel bere, ci appare oggi assolutamente naturale, ma evidentemente i greci avevano una ben diversa sensibilità. Su una cosa possiamo comunque concordare senza riserve con Teopompo e cioè che le donne etrusche erano molto belle a vedersi. Evidentemente i greci abituati a confinare le loro donne in casa, trascurate e dimesse nel ruolo esclusivo di madri e casalinghe, strabuzzavano gli occhi alla vista delle donne etrusche!

Anche nel crescere i figli, a detta di Teopompo, gli etruschi avevano costumi ben poco edificanti: allevavano tutti i bambini senza conoscere chi fosse effettivamente il padre di ciascuno, (insomma, una sorta di "comune" hippy ante litteram), per cui non possiamo meravigliarci se poi i figli crescevano come i padri: ubriacandosi e dandosi alla più sfrenata lussuria fin dalla prima giovinezza. Del resto talis pater… Anche qui Teopompo si fa prendere troppo la mano dal piacere di stupire. In effetti la paternità indistinta è tipica (ancor oggi!) di popoli primitivi che vivono in tribù dai caratteri fortemente centripeti e in condizioni di isolamento ambientale e culturale… Gli etruschi non erano affatto un popolo primitivo (anche se qualche storico ancora lo sostiene) e vivevano in belle città organizzate e aperte a scambi molteplici di tipo culturale e commerciale. Quanto al resto, gli affreschi delle necropoli smentiscono decisamente Teopompo: i soggetti, uomini e donne, raffigurati nell'atto di compiere pratiche sessuali, come vedremo, sono sempre ed esclusivamente persone adulte e mature. I bambini e i ragazzi, spesso nudi, come era per loro naturale (cfr. prima parte), vengono rappresentati in atteggiamenti e mansioni tipici della loro età: per mano ad una persona anziana, mentre si tuffano per fare un bagno, quali servitori o inservienti, o comunque a fianco o sotto la vigilanza di un adulto… altro che "ragazzi selvaggi": Burroughs e i suoi Wild boys erano ancora di là da venire.

Un'altra componente dell'eros etrusco che Teopompo enfatizza è il presunto esibizionismo. A suo dire gli etruschi non trovavano vergognoso praticare, o subire, in pubblico atti sessuali ed erano incuranti del fatto di essere visti, considerando ciò conforme al loro costume. Non solo, se qualcuno chiedeva di vedere il padrone di casa mentre questi era impegnato in tali faccende, gli riferivano con tutta naturalezza ed in modo esplicito la sua effettiva occupazione, senza reticenze e senza perifrasi… Anche in questo ambito siamo decisamente sopra le righe. Un conto è avere del sesso una visione di tipo, per così dire, naturalistico e non vergognosa (come in effetti avveniva presso gli etruschi), un conto è banalizzare l'atto sessuale al punto da praticarlo come una qualsiasi altra attività, al di là di ogni inibizione, al di là di ogni mediazione. Ciò non è mai avvenuto presso le popolazioni antiche, e tantomeno presso gli etruschi. E' invece probabile che esistesse una libertà di linguaggio e di rapporti interpersonali anche più accentuata rispetto a quella odierna, al punto da rendere plausibile l'aneddoto del "padrone di casa"; del resto anche oggi nelle confidenze tra uomini (o tra donne) spesso si parla con grande libertà e non si guarda certo per il sottile.

In questa accattivante rassegna delle variegate pratiche sessuali degli etruschi non poteva certo mancare il sesso di gruppo, lo scambio di coppie e la sodomia. Ed è qui che Teopompo dà il meglio di sé, con un finale pirotecnico e spettacolare. Dunque, a suo dire, i nostri cari etruschi in occasione di incontri conviviali, a sfondo familiare o di carattere sociale, dopo aver abbondantemente mangiato e soprattutto bevuto, al momento di coricarsi, si apprestano a ricevere indistintamente le cortigiane, le mogli o bellissimi giovani. Dopo aver ampiamente goduto di questi e di quelle, presi evidentemente da un moto di grande generosità, lasciano il posto a giovani vigorosi perché possano soddisfarsi, restando, presumiamo, a guardare. Il tutto avviene in modo promiscuo o, più frequentemente, al riparo di semplici paraventi di rami intrecciati sui quali appendono i mantelli. Dopo questo bel quadro edificante Teopompo non può però fare a meno di sottolineare che gli etruschi preferiscono comunque le donne, ma "talvolta" si danno ai piaceri con giovani e ragazzi, che del resto in Etruria sono bellissimi perché sono abituati al lusso e usano depilarsi il corpo.

Il primo commento che verrebbe da fare a queste affermazioni è "da quale pulpito…", in effetti Teopompo attribuisce agli etruschi "vizi" e costumi che sono tipicamente greci, e che i greci hanno, per così dire, "esportato" in Etruria. Il gioco è abbastanza scoperto: ogni volta che il nostro accenna ai ragazzi etruschi non riesce a trattenere la sua ammirazione e si profonde in lodi per la loro prestanza e bellezza. In verità gli etruschi, come vedremo nel prossimo capitolo, non approvavano l'omosessualità, ma non è escluso che essendo sensibili e aperti alle esperienze socio-culturali dei popoli con cui venivano a contatto possano averla accettata e marginalmente praticata. Di certo non entrò mai nel costume.

E veniamo, infine, al capitolo prostituzione. Qui non è solo Teopompo a dire la sua, è un autentico coro di scrittori greci e latini che elevano lamenti ed alti lai per l'asserita immoralità delle donne etrusche, talvolta contrapposta alla virtù e alla castità delle donne greche e romane. Al punto che in epoca tarda la parola "etrusche" era quasi sinonimo di prostitute. Timeo, Platone, Plauto, Livio… per citare i più noti, un vero plotone. Nel richiamare quanto già detto sulle peculiarità della posizione della donna nella società etrusca, vogliamo solo aggiungere che certamente presso gli etruschi la prostituzione è esistita, come presso qualsiasi altro popolo, in qualsiasi altra epoca (non a caso è il mestiere più antico del mondo…). Che il fenomeno avesse le dimensioni paventate è da escludersi, non essendo ciò supportato da alcun dato oggettivo. Sappiamo da fonti storiche, ed in parte anche archeologiche, che in Etruria la prostituzione veniva praticata nella sua forma più "nobile": la prostituzione sacra. Presso il tempio di Pyrgi le ierodule, vale a dire le prostitute sacre, offrivano se stesse ai pellegrini e ai viaggiatori per sostenere le spese del tempio ed incrementarne le ricchezze. Tali ricchezze dovevano essere evidentemente cospicue se suscitarono l'avidità di Dionigi I che nel 384 a.C., alla testa della flotta siracusana, riuscì a impadronirsene, nonostante il soccorso degli abitanti di Caere in difesa del loro porto.

A ben vedere anche le "signore", impegnate nello svolgimento di raffinate pratiche erotiche con una pluralità di partner, raffigurate nella tomba dei Tori e in quella della Fustigazione nella necropoli di Tarquinia (cfr. il prossimo capitolo), dovevano senz'altro essere delle prostitute. Ma dobbiamo fermarci qui, altri dati di particolare rilievo non ne abbiamo. Un po’ poco per fare dell'Etruria il luna park della prostituzione.

 

Parete di fondo della Tomba del Barone. Tarquinia

Danzatore e suonatore di flauto. Tomba dei Leopardi. Tarquinia

Uomo a cavallo. Tomba del Barone. Tarquinia

Uomo con bambino nudo. Tomba dei Giocolieri. Tarquinia
 
 
 
 
 
 
 

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