Prima parte: il
tempio di Portonaccio a Veio e il tempio di Giove Capitolino |
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di Giacomo Mazzuoli |
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A differenza di quello greco il tempio
etrusco non è la dimora del dio, ma un luogo consacrato, di culto,
preghiera e di offerta. Spesso il tempio etrusco si è rivelato un vero
giacimento di reperti, anche preziosi, a dimostrazione del fatto che vi
si praticava la divinazione e il ringraziamento agli déi per le
preghiere esaudite. Tutte le attività religiose e magiche erano gestite
da una potente classe di sacerdoti e indovini (gli arùspici)
L’architettura religiosa etrusca, così come quella civile, ha lasciato
poche tracce a causa del fatto che i templi erano costruiti con
materiali deperibili. Le informazioni che abbiamo su di essi ci
provengono dai testi di Vitruvio, che li classificava sotto un nuovo
ordine, quello tuscanico. La colonna tuscanica, sempre secondo
la definizione vitruviana, aveva un capitello molto simile a quella
dorica, era rastremata ma non scanalata e presentava un basamento.
Questa, in sintesi, è la descrizione vitruviana del tempio etrusco: “
E’ caratterizzato da una pianta di larghezza poco inferiore alla
lunghezza, con la metà anteriore occupata dal portico colonnato e la
metà posteriore costituita da tre celle, per tre diverse divinità, o da
una sola cella fiancheggiata da due alae o ambulacri aperti”. Il
tempio era accessibile non tramite un crepidoma perimetrale, ma
attraverso una scalinata frontale. L'area del tempio è divisa in due
zone: una antecedente o pronao con otto colonne disposte in due file da
quattro, una posteriore costituita da tre celle uguali e coperte,
ognuna dedicata ad una particolare divinità.
Questo schema fu senz’altro il più diffuso in tutta l’Etruria per un
ampio arco temporale ma non mancano esempi più simili nello schema al
tempio greco con pianta rettangolare allungata e colonne in facciata
(prostilo) o addirittura con colonnato continuo su tutti i quattro lati
(periptero): esempi evidenti ne sono il tempio più antico di Pyrgi e
quello dell'Ara della Regina a Tarquinia. Resta comunque, negli edifici
religiosi etruschi, l’originalità nei materiali, nelle proporzioni e
nelle forme dell'alzato e nella decorazione.
Ad eccezione delle fondazioni e dei basamenti, i templi etruschi
dovevano essere costruiti di materiali leggeri, con impiego del legno
per le ossature portanti e per la travatura. Ciò ha comportato
inevitabilmente uno sviluppo relativamente limitato in altezza e un
tetto ampio con notevole sporgenza laterale delle gronde. La travatura
lignea ha richiesto poi una protezione con elementi compatti ma
leggeri: rivestimenti di terracotta policroma rappresentano la
soluzione ideale, ecco allora i vivaci sistemi decorativi geometrici e
figurati con placche di copertura longitudinale o terminale delle
travi, cornici, ornati della estremità dei coppi (antefisse) e delle
sovrastrutture del tetto (acroteri). Il frontone era in origine aperto,
lasciando visibili in facciata le strutture della gabbia del tetto;
solo più tardi si adottò il tipo del frontone chiuso, decorato con una
composizione figurata come nei templi greci.
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Modellino di tempio
etrusco |
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Schema di tempio
etrusco |
Pianta di tempio
etrusco |
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IL TEMPIO DI PORTONACCIO A VEIO
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Il tempio di
Portonaccio a Veio |
Particolare
della simulazione ricostruttiva del tempio (al centro è
visibile la sagoma dell'Apollo) |
Il tempio
visto sul davanti |
Questo santuario, dedicato alla dea
Minerva e probabilmente ad Apollo, era ubicato su un terrazzamento
naturale che su un lato strapiombava sul fosso della Mola e non
distava molto dalla porta sud-occidentale della città. Il tempio
principale (metri 13 x 8 circa), con la sua straordinaria
decorazione acroteriale, costituisce un interessante esempio di
tempio tuscanico. Esso si presentava con una pianta quadrata (circa
diciotto metri di lato) su un basso podio con muri di tufo. Il
pronao doveva essere provvisto di almeno due colonne, per una
questione di statica. Alle spalle del pronao il tempio si divideva,
come di consuetudine nello schema tuscanico, nelle tre celle
dedicate a una triade divina. L’aspetto più spettacolare del tempio
di Portonaccio è dovuto alla decorazione acroteriale del VI secolo
a.C., giunta fortunosamente fino ai nostri tempi e costituita da
alcune statue in terracotta a grandezza naturale le quali
rappresentavano un episodio mitico che vedeva protagonisti Apollo
(il cosiddetto "Apollo di Veio") ed Ercole impegnati nella contesa
per la cerva cerinitide alla presenza di Mercurio e di una dea con
un bambino in braccio (verosimilmente Latona col piccolo Apollo. Le
statue furono rinvenute quasi integre nel 1916, negli scavi di
Giulio Quirino Giglioli (1886-1957) . Il pezzo più pregiato, la
statua di Apollo, è attribuito allo scultore etrusco Vulca ed è
conservato nel Museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma Alto
circa 1,80 m, ornava il colmo del tetto del tempio tuscanico
dedicato a Minerva, a circa 12 m di altezza.
Di notevole importanza sono anche le antefisse in terracotta,
alcune delle quali riportano ancora parte dei colori originali, che
raffigurano Satiri e Menadi. e sono anch’esse conservate al Museo
di Villa Giulia in Roma.
Del tempio originale oggi non resta che il basamento con una
piccola parte dell’alzato. Per far comprendere la struttura
originale è stata messa in opera un’audace opera di ricostruzione
con un reticolato metallico che copre tutta la sagoma del tempio
compreso il tetto e alcuni particolari come parte del frontone,
disegnato e colorato come in origine, le antefisse e persino la
statua di Apollo posta a 12 metri di altezza.
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L'Apollo di
Veio |
Eracle |
Latona |
Antefissa del
tempio di Portonaccio |
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IL TEMPIO DI GIOVE CAPITOLINO A ROMA
Di questo tempio, che sorgeva sul Campidoglio, oggi resta ben poco a
causa del susseguirsi di incendi, distruzioni e ricostruzioni, fino
alla distruzione definitiva in età cristiana e al crollo di una parte
del colle romano. La tradizione vuole che il tempio sia stato costruito
dal re Tarquinio Prisco verso il 575 a.C., con la costruzione di un
enorme terrapieno cinto da un muro, sull'altura meridionale del colle.
I lavori vennero ultimati da Tarquinio il Superbo con l'intervento di
artisti e artigiani etruschi (tra i quali lo scultore Vulca, di Veio,
che realizzò la statua di culto di Giove, vestito con gli abiti e le
insegne della regalità poi indossate dai condottieri nel giorno del
trionfo.
L'edificio era di discrete dimensioni (misurava m 53 per 62 circa) ed
era orientato verso sudest e preceduto da una gradinata posta tra due
avancorpi. Per metà era costituito dal pronao formato da tre file di
sei colonne tuscaniche, di
tufo, e per l'altra metà dalla cella; quest'ultima era fiancheggiata da
sei colonne per parte ed era divisa in tre ambienti: l'ambiente
centrale era dedicato a Giove, l'ambiente di sinistra era dedicato a
Giunone mentre quello di destra a Minerva. Il lato di fondo era chiuso
da un muro continuo contro il
quale si attestavano le file esterne delle colonne e i muri perimetrali
della cella.
All'interno del tempio erano conservati, in una teca di marmo, i Libri
Sibillini.
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Simulazione del colle
del Campidoglio all'epoca in cui era dominato dal tempio di Giove
Capitolino |
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