L'odore del sangue in onore
della Vergine Maria

I riti settennali di penitenza a Guardia Sanframondi, nel beneventano


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Parte terza

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di Giuseppe Moscatelli

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Il vino e il sangue

  Il vicolo in cui mi trovo è molto stretto, umido, deserto; c'è odore di vecchio. Arrivo quasi di corsa in fondo ed è come una visione: avanti a me si manifesta, improvvisa e interminabile, la fila dei battenti.
Non vedo la fine, non vedo l'inizio: solo una bianca coltre punteggiata di rosso che invade il vicolo e dilaga nella via. Mi passano accanto, noncuranti: hanno la candida veste aperta su un lato del petto e su quello si battono incessantemente, percuotendolo con la mano destra; nella mano sinistra stringono un crocefisso. Volgono lo sguardo verso il basso e avanzano con moto ondulante.
Avverto un certo disagio, sono solo, mi sento fuori luogo. Impugno la mia macchina fotografica, ma non riesco a scattare neanche una foto: mi sembra di profanare qualcosa di sacro, la macchina s'inceppa. Dal fondo del vicolo una voce antica di vecchia eleva litanie alla Madonna. Il tono è cantilenante, come quello del muezzin che invita i fedeli alla preghiera:
 

Mater castissima, Mater intemerata, Virgo fidelis…


Ad ogni invocazione risponde cupo il boato della folla dei battenti:
 

Ora pro nobis…; Ianua coeli… Ora pro nobis… Virgo infirmorum… Ora pro nobis…
 

 

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Rito di penitenza
 
 
 
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Sfilano i battenti
 
 
 
 

  L'aria è impregnata di un odore nauseante che offende le narici e attanaglia la gola: non è ancora l'odore del sangue, no, la processione dei battenti è appena iniziata e dal loro petto arrossato stillano le prime gocce, come dalla corolla di una rosa i cui petali sono tratteggiati da mille puntini purpurei… I battenti impugnano nella mano destra una sorta di "spugna" di sughero sulla quale sono conficcati trentatré piccoli aghi e con quella percuotono ritmicamente il petto. Dopo aver inferto alcuni colpi porgono la spugna con gli aghi insanguinati ai coadiuvanti che li seguono e che vi versano abbondantemente il liquido contenuto in una bottiglia. Ufficialmente si tratta di vino, ma dall'odore nauseabondo che si spande e che tampona il naso anche a distanza di giorni potrebbe trattarsi di un miscuglio di aceto, analgesico e disinfettante, per lenire il dolore ed evitare infezioni.
Virgo prudens… Salus infirmorum… riecheggia la voce di vecchia fendendo il silenzio assoluto e propagandosi con inaspettato vigore.
Ora pro nobis… le fanno sordamente eco i penitenti intenti all'autoflagellazione.
  Ritorno sui miei passi, vorrei anticipare a tutti quello che ho visto e vissuto… ripercorro velocemente il vicolo per portarmi nella mia postazione originaria che ora però è stracolma di gente. Ritrovo, inopinatamente, l'incessante processione dei quadri mistici e la serie interminabile dei figuranti nella loro estatica fissità. Ho fatto, in fondo, solo pochi metri, ma i battenti sono ancora lontani… Il percorso della processione è a tal punto tortuoso, nel risalire il dedalo dei vicoli, da generare simili effetti ottici…
  Mi ritaglio un piccolo spazio su uno scalino, a ridosso di un uscio. Ma non riesco a mantenere la posizione e mi allontano di nuovo. Mi dirigo verso la parte alta del paese, risalendo una lunga scalinata, e mi ritrovo su un grande spazio aperto: una piazza che immette in un viale. Qui però la folla è veramente trabocchevole e piuttosto rumorosa: anche i figuranti sembrano esprimere minore intensità. Inseguendo le mie sensazioni e guidato dall'odore acre del vino che si insinua tra i vicoli cerco uno sbocco e lo trovo. La parte iniziale della via, al solito lunga e stretta, è già occupata dalla folla: mi metto in coda, ma in una posizione rialzata.

 

  Nello schermo formato dalle pareti delle due costruzioni che delimitano la strada vedo ora avanzare i battenti. Sono lordi di sangue e si battono con rinnovata energia. Molti hanno sciolto la tunica scoprendo interamente il petto, per poterlo flagellare in entrambe le sue parti. L'andirivieni dei coadiuvanti con le bottiglie di vino si è fatto ora frenetico: non sanno più chi servire, tante sono le mani che si protendono verso di loro. Sotto la veste, non più candida, si intravedono le diverse fisionomie dei penitenti: uomini per lo più maturi, talvolta anziani, ma anche giovani, se non proprio ragazzi. Alti, grassi, robusti, magri, bassi o addirittura gracili. Si intuisce anche la presenza di donne: non si flagellano il petto con la spugna, ma percuotono le spalle con le catenelle di lamelle metalliche.
  La via è stretta e le due file dei penitenti sono molto ravvicinate: quasi comprimono i coadiuvanti e a loro volta sono come compresse dalle due ali di folla. La visione è allucinante: il sangue cola copioso dalle ferite, appena ostacolato dai peli del petto che intrisi ne deviano un poco il corso: maggiore è la peluria più ampio appare il rorido estuario. La parte inferiore della veste di molti penitenti è ormai inzuppata e sgocciola per terra. Schizzi di sangue ovunque: sui cappucci, sul proprio corpo, sui battenti vicini e sui coadiuvanti.
  Schizzi di sangue sulla strada, sui muri e sulla gente assiepata lungo la via. Istintivamente mi ritraggo: l'impressione è che alcuni battenti rispondano alla (comprensibile) ritrosia degli spettatori amplificando il gesto, esasperandone l'energia ed enfatizzandone le conseguenze. Sembrano voler dire: vade retro… scostati turista incauto, non turbare la nostra penitenza…

 
 
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Il corteo dei battenti
 

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